“God’s Country” (The Flenser, 2022), il disco che introduceva i Chat Pile (formatisi nei dintorni di Oklahoma City solo tre anni prima), si presentava come il mugugno psicotico di una band che osservava il mondo circostante deteriorarsi, ben rifugiata e isolata però in un antro angusto. Una sensazione opprimente e malata che si traduceva in un sound a metà tra sludge metal e noise-rock claustrofobico e implosivo.
Questo nuovo “Cool World” invece, sound a parte, è un disco di segno assai differente. Sembra che la band sia uscita da quell’antro e abbia cominciato ad aggirarsi per questo mondo ridotto a cumuli di rifiuti tossici e vecchi simboli di una società sull’orlo del collasso. Ovviamente, l’atteggiamento della creatura che ha lasciato la caverna non è dei più amichevoli e concilianti.
Non è un caso che prima di venire schiacciati dal riff della traccia d’apertura “I Am A Dog Now”, la cavalcata funesta venga aperta da abbaglianti fioriture di synth. Proprio come se qualcosa stesse sgusciando dalla bocca di una grotta per incontrare la luce dopo tanto tempo.
La massa sonora forgiata dai Chat Pile in “Cool World” si presenta più accessibile che in “God’s Country”, organizzata com’è in direzione della forma canzone, in un certo modo finanche più orecchiabile, ma quindi anche più diretta e contundente. Dopo l’assalto sonoro della succitata “I Am A Dog Now” è infatti la volta di “Shame”, un brano che mette in stand-by growl e scream e vede Raygun Busch abbaiare un ritornello lamentoso ma coinvolgente.
Il passo marziale della chitarra e la ritmica ferrosa e schioccante di “Frowland” mimano macchinosamente il groove metal dei Sepultura, così come “Funny Man” potrebbe appartenere al repertorio dei Korn, se intossicati da scorie nucleari. “Tape” aggiunge alle nuove (o perlomeno in questa occasione più marcate) influenze della band il grunge pesante dei Soundgarden e il noise stridente degli immancabili Jesus Lizard.
Nella sua seconda parte il disco continua, spietato, a non concedere tregua: il riff bombardiero sul finale di “The New World”, le vangate sulle corde del basso di “Masc” e via discorrendo. Solo “Milk Of Human Kindness”, con il suo andamento più tipicamente sludge, vede il ritmo decelerare e la potenza di fuoco calare – in termini di irruenza, non di certo di veleno.
Intervallati dalla colonna sonora di “Tenkiller” e da uno split-album con i Nerver, i primi due Lp dei Chat Pile sono due dischi speculari ma complementari. Due facce della stessa, feroce e ributtante medaglia. Che fanno della formazione il nome di punta (ora che i patron Have A Nice Life sono nuovamente in pausa) di The Flenser e, va da sé, delle scene noise e metal più estreme. Dato anche che questo “Cool World” sembra aver l’attitudine giusta per far guadagnare alla formazione numerosi nuovi proseliti e la presenza in numerosi cartelloni di grido nella prossima stagione dei festival.
22/10/2024