Neanche il tempo di elaborare la notizia dell'archiviazione del progetto Black Midi, ed ecco giungere il primo tomo da difendere a spada tratta, se sei stato un fan della band, o da distruggere con scientifica nonchalance, se hai avuto almeno un motivo per odiarli: l'album solista di Geordie Greep è una realtà.
Eccentrico, geniale, divisivo, iconoclasta, l'ex cantante e chitarrista della disciolta band londinese procede senza rispettare ruoli e convenzioni, "The New Sound" non offre alcuna risposta alle domande che ci siamo posti durante la breve ma intensa storia dei Black Midi.
Sperimentare, ribaltare l'approccio creativo, affidarsi a una dialettica situazionista, questo ha spinto Geordie Greep alla realizzazione di un disco polimorfo. Non ha apparentemente senso metter in fila noise, prog-rock, salsa, samba, jazz, pop, funk, blues e stridori new wave, ma al di là della bizzarra alchimia, "The New Sound" svela passioni finora sopite, la sensazione è quella di un album degli Steely Dan immerso nell'acido, un grottesco, febbrile e sinuoso jazz-rock che tiene insieme la grandeur dei Pere Ubu ("Blues") e l'anima più freak di Peter Hammill ("Motorbike").
"The New Sound" resta comunque un album pop audace, che si diletta con samba e jazz da big band nella estroversa "Terra" e altera con drammaturgia noise e groove sbilenchi le fattezze yacht-rock di "Walk Up", due brani che godono della scelta di Geordie di registrare l'album in Brasile.
I testi sono una fiera dell'assurdo, dell'orrido, nel brano pubblicato come singolo "Holy, Holy", il musicista inserisce senza timore la frase "Scommetto che anche la tua figa è sacra", mentre citazioni e divagazioni melodiche tra sacro e profano provano a distrarne la grazia pop-jazz alla Steely Dan.
Donne che partoriscono capre, feti ormai orfani, malattie incurabili fanno da sfondo a "Through A War", mentre scorrono tempi ritmici di bossa nova, flamenco e samba, una semplificazione astuta e sagace dell'euforia di musica e testi che anima "The New Sound".
Lo sberleffo fusion della title track è la definitiva presa di posizione del musicista nei confronti di chi ha spesso accusato i Black Midi di eccessiva laboriosità tecnica. "Bongo Season" e "As If Waltz" sono altri due ottimi esemplari di musica da ascoltare e non da godere solo a livello intellettuale: in questo senso, l'album di Geordie Greep è una scommessa vinta. Alle strategie passate, il giovane artista avvicenda un'ingannevole bellezza, restando comunque un autore scomodo: l'album è un continuo aprirsi di sliding doors, che vede alternare ben venti musicisti alla sua corte.
Queste canzoni sono la ragione principale dello scioglimento dei Black Midi: Geordie le custodiva già da tempo nel cassetto, consapevole delle difficoltà che avrebbe dovuto affrontare nel tentativo di realizzarle con la vecchia band.
I dodici minuti e venti secondi di "The Magician" sono in questo senso illuminanti, il brano era infatti già noto ai fan della band, ma la versione messa in scena qui è notevole: un brano caratterizzato da una potente narrativa e una perfetta caratterizzazione dei personaggi che spezza l'atmosfera d'insana tropicalia che regge l'album; la teatralità quasi hollywoodiana degli arrangiamenti e le continue cacofonie che ne alimentano la lenta e incandescente dissolvenza emotiva, sono un raro esempio di canzone che diventa performance, una delle pagine dove l'anima prog riemerge (ancora Hammill) e sbilancia nuovamente la figura di Greep, che sorprende ulteriormente con una versione di un brano di Frank Sinatra, "If You Are But A Dream", che confonde ulteriormente le acque.
27/10/2024