Il processo di trasformazione. Un tema che negli ultimi anni è stato trattato in maniera diffusa da numerosi artisti internazionali, anche di grosso calibro. Penso a “Motomami” di Rosalia, all'ancor più ambizioso “Paranoia, Angels, True Love” di Christine And The Queens, oppure al "pop non binario" espresso da Arca nel monumentale "Kick", coraggiosi trattati sull'emancipazione, sul desiderio di evolversi, di trasmutarsi in qualcosa di diverso. Affrontare questi argomenti dentro un formato canzone facilmente fruibile ha senz’altro aiutato molte persone che non si trovano a loro agio con il proprio corpo a vincere (e a condividere) il senso di inadeguatezza, a trovare un posto nel mondo. Lo grida forte Giada Sagnelli in “Veleno”, la title track del primo album pubblicato da Le Cose Importanti: “Questo non è il mio corpo!”, affermato con la veemenza di chi vuol consegnare al mondo il personale contributo all'abbattimento di qualsiasi barriera e pregiudizio.
“Veleno” è un disco che serba al suo interno un vistoso spessore di drammaticità, un lavoro che vuol essere liberatorio, ma al contempo intende scavare a mani nude nel profondo dell'animo. Pur presentandosi con un'evidente attitudine alt-rock, resta immerso in un'introversione figlia della disforia, della depressione, di un’eterna battaglia fatta di sconfitte (tante) e rivincite (mai abbastanza), dove spesso ad avere il sopravvento è la solitudine.
La sezione ritmica è solidissima: Massimiliano e Umberto imbastiscono con forza e millimetrica precisione una tela resistente sulla quale si adagiano le frasi dolenti pronunciate da Giada, che incidono come un bisturi, raccontando i traumi e le fragilità di chiunque stia affrontando un percorso di transizione. E poi quelle chitarre. Il lavoro svolto da Ylenia Procaccioli sulle chitarre è stupefacente, una delle migliori chitarriste dall’approccio nu-gaze che abbiamo oggi in Italia, trame di "gentile" shoegazing, che a tratti ricordano Daughter e Postcards. Di recente Ylenia ha accompagnato dal vivo la cantautrice Valentina Lupi, suonando live le parti che su disco erano state incise da Adriano Viterbini. Ho detto tutto.
Il quartetto laziale giunge così al traguardo del primo album, ma il progetto diffonde singoli già dal 2018 e ha scelto di crescere con gradualità e perizia artigianale, attendendo il momento giusto prima di palesarsi a una platea più ampia. Poi l'incontro con Giulio “Ragno” Favero, che ha supervisionato il processo di realizzazione di "Veleno", applicandovi il proprio bollino blu, ulteriore garanzia di qualità. Una delle tracce chiave è “Bacheche”, forte di una narrazione racchiusa in due sole frasi ripetute fino ad impazzire: "Che bella che sei, Marina/ Ti guardano tutti/ Continuerò a guardarti/ Dalle bacheche degli altri". La contemporaneità dei social spiegata con poche ed efficaci parole, perché uno slogan può valere ben più di tante chiacchiere.
Giada attraverso questi flash di vita iper-reale ritrova un equilibrio, palesando un mondo complesso, i demoni interiori, le sofferenze, scegliendo di condividere tutto, senza filtri, mostrando le cicatrici. La speranza è quella di donare un po' di conforto a chi vive gli stessi malesseri: quel logorio che parte da lontano e può arrivare fino a ucciderti, lentamente.
30/11/2024