Ty Segall

Three Bells

2024 (Drag City)
psych-rock, garage-rock

A solo un anno e mezzo di distanza dai vezzi acoustic di “Hello, Hi”, il prolifico Ty Segall è tornato in pista con il suo progetto solista, sfornando la sua quindicesima e lunga fatica “Three Bells”. L’opera riparte dalle sonorità di ispirazione psych-folk sperimentate precedentemente, qui con uno sguardo rivolto all’operato dei Neutral Milk Hotel, mescolandovi a piacimento una moltitudine di influenze di stampo rock progressivo, post-punk, jazz-rock, hard-rock e le immancabili sferzate garage-rock. Per quanto concerne le poche collaborazioni presenti, squadra che vince non si cambia: il polistrumentista californiano suona gran parte degli strumenti su disco, avvalendosi del supporto di Cooper Crain alla produzione e in alcune tracce del contributo dei fedelissimi Emmett Kelly (basso e chitarre), Mikal Cronin (basso), Charles Moothart (batteria), Ben Boye (tastiere) e Denée Segall.

Il golden boy di Laguna Beach cala immediatamente l’asso in prima mano: la sezione ritmica che scandisce l’intro folkeggiante dell’articolata “The Bell” prende forza poco a poco, si increspa contro i riff meccanici di chitarra e incorpora dettagli tipici del prog-rock armonico dei Genesis degli esordi e picchi garage in chiusura, attestandosi come uno dei migliori pezzi del lotto. Il prosieguo avviene su una scia concettuale affine, tra i crescendo psichedelici spinti dalle tastiere, dai fraseggi di chitarra e dai cori rétro di “Void”.
Ingranano gradualmente i guizzi elettrici sghembi di “I Hear”, che sfocia in rimandi stoner che fanno eco ai Queens Of The Stone Age, continuando sulla linea hard-rock con l’incedere ripetitivo e il basso prepotente di “Hi Dee Dee”, che scivola tra passaggi in direzione Cream e Beck, Bogert & Appice verso un finale che ha per protagonista un guitar-riff whitiano.

Cambia leggermente passo “My Best Friend”, che punta sull’accoppiata basso-batteria, adottando sonorità post-punk, mentre le progressioni malinconiche di “Reflections” aprono alla magnetica “Move”, dove a prendere la parola tra rullate e poliritmi è Denée, scontrandosi con una chiusura brusca.
La bizzarra “Eggman” ondeggia su riff e versi sbilenchi, dissolvendosi in una nuvola di rumore e cedendo il passo a “My Room”, trainata da toni fuzz e un acido assolo di chitarra in coda; ad essa fa seguito la pesante “Watcher”, che riprende il mix folk-progressive-garage. Alle prime avvisaglie di “Repetition” si potrebbe dire nomen omen, poiché da qui in avanti l’ultima manciata di brani (di natura più sperimentale) appare superflua e non sembra aggiungere notevoli colpi di scena all’opera, finendo solo per diluirla.
Si susseguono i soliti incastri ripetitivi all’interno di “To You”, che viaggia su chitarre acustiche e barlumi sintetici, i vezzi di memoria prog di “Wait”, conditi da nuvole elettriche e altre strizzatine d’occhio a Jack White in coda; gli esercizi di stile sulla vacua “Denée” e la chiusura acustica a due voci di rimando a “Hello, Hi”, “What Can We Do”.

Il percorso di un’ora e cinque minuti compiuto da Ty Segall all’interno di “Three Bells” effettua la sua partenza da un livello alto con momenti validi e ottime idee, sia in materia di sound sia di temi trattati, come l’amore, l’amicizia e la natura dell’io, perdendosi tuttavia in qualche pedanteria di troppo, soprattutto nell’ultima fase.

27/02/2024

Tracklist

  1. The Bell
  2. Void
  3. I Hear
  4. Hi Dee Dee
  5. My Best Friend
  6. Reflections
  7. Move
  8. Eggman
  9. My Room
  10. Watcher
  11. Repetition
  12. To You
  13. Wait
  14. Denée
  15. What Can We Do








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