In un'intervista del 2022 per New Noise, Colin Dawson (fondatore degli Haunted Horses insieme al batterista Myke Pelly) sottolineava così l'entità delle motivazioni che aveva guidato la band nel processo creativo del precedente "The Worst Has Finally Happened": "Continuiamo a osservare miliardari e corporation distruggere il mondo intorno a noi senza alcuna conseguenza, viviamo la frustrazione di essere alla mercé di leader e istituzioni che esercitano il potere interessati al solo profitto capitalistico e assistiamo ad atrocità quotidiane che ci fanno sentire sempre più isolati e impotenti". Il titolo, in particolare, sembrava essere nato dopo aver vissuto personalmente le conseguenze di una serie di decisioni infelici prese da alcuni dirigenti aziendali, ma non era solo la lamentela a tenere banco nelle dichiarazioni di Colin. "Siamo sperimentatori implacabili, ed è per questo che abbiamo sempre mantenuto il controllo del nostro setup, delle registrazioni, delle uscite e dei tour. Ci piace avere controllo sulla traiettoria dei nostri progetti e fatichiamo a fidarci di entità che vedono tutto solo come un prodotto".
È da presupposti quindi prettamente DIY che nasce anche "Dweller", quarto episodio sulla lunga distanza del trio di Seattle, il secondo dopo l'entrata in formazione del bassista Brian McClelland. Gli Haunted Horses si sono costruiti la reputazione di quelli che non fanno sconti a nessuno quando si tratta di trasformare in onda d'urto la rabbia sociale e la disillusione che caratterizzano la nostra epoca, ma resta sempre inconsueto sentire una tale veemenza originare da una formazione basso, batteria e tastiere, tra l'altro sorprendentemente perfetta per le coordinate
goth, noise e industrial del progetto.
Basta calarsi nella claustrofobica
intro dell'opener "Dweller On The Threshold" e sentirla esplodere in un muro di angoscia
à-la Swans (dei primordi) per avere un'idea di dove si andrà a parare nella mezz'ora successiva. A tenere banco è un oscuro, implacabile e caotico sgomento, sul quale si distendono il rauco vociare - in pieno stile
Birthday Party - di Dawson e una sezione ritmica che indugia con naturalezza nella martellante ossessività dei
Godflesh ("Grey Eminence", "Dweller In The Abyss") e dei
Killing Joke ("The Spell", "Destroy Each Other").
Il terzetto sembra ricordarci che non è un caso se da tempo Seattle è associata alle forme più convincenti di disagio generazionale, come spiegato già a partire dal titolo da un episodio come "Fucking Hell" (una sorta di figlio
industrial-goth di "Radio Friendly Unit Shifter" dei
Nirvana) e si premura di sottolinearlo mantenendo una rigida etica DIY di matrice
punk rintracciabile anche nella durata media dei brani, raramente oltre i tre minuti e mezzo.
Se si esclude l'unico momento in grado di concedere un po' di respiro (il singolo "Temple Of Bone", sorretto da un tribalismo percussivo che riecheggia "The Hanging Garden" dei
Cure), "Dweller" non è un disco da mezze misure. Nel suo vortice abrasivo trovano spazio dettagli che possono risultare ostici a un primo ascolto, ma il disegno complessivo è quello di un'opera che restituisce senza compromessi la paura e l’ansia legate all’annientamento del sé o dell’identità, e l’incertezza legata alle conseguenze di questa dissoluzione.
11/02/2025