Un buon modo per ascoltare, descrivere e capire “Moonlight Concessions”, l’undicesimo album in studio dei Throwing Muses, è pensare all’“Unplugged In New York” dei Nirvana. Il nuovo progetto della storica band alternative americana, infatti, richiama quelle atmosfere: mancano solo le candele accese tutto intorno per ricostruire quella scena tipicamente grunge che, del resto, emerge nello spirito – oltre che nei suoni – dell’album.
Forse non pensava a questo Kristin Hersh quando ha scritto l’album da sola in varie location nel Sud degli Stati Uniti, dando un seguito all’ultimo disco del trio – “Sun Racket”, 2020 – e al suo stesso recente album da solista – “Clear Pond Road”, 2023 – ma l’effetto di questa breve tracklist di nove canzoni per neanche mezz’ora di musica è di certo quello di proiettarci negli anni 90. Senza chiaramente, farci mancare la caratteristica cifra stilistica dei Throwing Muses.
Gli arrangiamenti dell’album associano chitarre acustiche e gli usuali ritmi audaci e cambi di accordi imprevedibili ad arricchimenti orchestrali e afflati rock sempre malinconici e mai rabbiosi, creando spesso un wall of sound ombroso e nebbioso. Su tutto si stende la voce graffiante di Kristin Hersh, che recita le sue poesie proprio come su un palco in presenza di pubblico, e non in uno studio di registrazione, con raccoglimento e sentimento.
A emergere particolarmente sono la delicata ed eterea “Theremini”, con arrangiamenti di archi trasognanti e la voce persa in echi ultraterreni; l’incisivo alternative acustico di “Libretto”, molto grunge, che suona come qualcosa che gli Alice In Chains avrebbero potuto inserire nell’Ep “Jar Of Flies”; e il lento rock contemplativo della title track in chiusura, chiosa di una raccolta musicale profonda e intimista.
Il contribuito degli altri due membri della band, David Narcizo (batteria) e Bernard Georges (basso), è minimo e funzionale alla visione della Hersh, che struttura il progetto come un’altra avventura musicale personale, facendo ancora una volta dei Throwing Muses il suo canale d’espressione preferenziale. Ma l’insieme è tanto omogeneo e le componenti sonore sono tanto ben amalgamate che non ce ne accorgiamo nemmeno.
Questo nuovo album dei Throwing Muses conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, la statura del trio in quanto realtà inossidabile ed eterna della scena alternativa; quelli da cercare e a cui guardare quando si ha voglia di qualcosa “di diverso”, pure se non si sa bene cosa. Quel “diverso” è (sempre) qui, in versione acustica e con tanta poesia e (ancora) tante sfumature imprevedibili.
28/06/2025