All'alba del nuovo millennio, il sodalizio tra Rossano Polidoro, Emiliano Romanelli e Andrea Gabriele prese forma nel progetto Tu M', in omaggio all'omonimo dipinto di Marcel Duchamp, un titolo che è traducibile con un "tu … me" sospeso, privo del verbo. Se nel quadro il compito di completare il senso ricade sull'osservatore, nella musica dei Tu M' la stessa responsabilità grava sull'ascoltatore. Dopotutto, è in questo punto cieco che spesso si muove l'ambient: un'arte incorporea, dove inquietudine e pace possono convivere nello stesso sussurro, a discrezione di ciò che il fruitore percepisce.
Spinto dall'intenzione di stabilire una connessione tra ambient, glitch e drone-music, e ridotto a duo dopo l'uscita di Gabriele nel 2002, il progetto distilla un concept delineato da fiochi contorni: un altrove mai localizzato, un divenire sfocato. È un sentiero sì definito nel sound design, ma anche nel rapporto con il visivo: quello dei Tu M', infatti, è anche un progetto video-installativo, nonché fotografico, il cui materiale (dall'estetica asciutta, squadrata, iper-riduzionista tipica degli anni Zero) è rintracciabile nel loro sito web.
Il terzo volume di "Monochromes" giunge due anni dopo il secondo, ma soprattutto a sedici dal capostipite. Poco lasciava presagire questi lasciti postumi: il duo si era ufficialmente sciolto nel 2012 e da allora le sue emissioni, un diario mentale di visioni appartate, si erano lentamente dissolte nel reticolo sotterraneo del web, quello stesso che li aveva nutriti a colpi di netlabel e distro indipendenti. Per chi è solito perdersi nell'ambient più rarefatto, "Monochromes Vol. 1" rimane un diario interiore tra i più evocativi e penetranti del decennio. Come un Celer che suona sui fondali di un oceano, il duo esplorava il cosmo tra carezze droniche e increspature crepuscolari, tracciando una delle forme più eteree e contemplative del genere; una sorta di Stars Of The Lid trasformati in computer-music minimalista, privati di ogni ancoraggio materico.
Torniamo però al compendio, al principio del trittico. "Monochromes" raccoglie registrazioni dal vivo, create per un'installazione A/V tenutasi a Città Sant'Angelo, in provincia di Pescara, nell'estate del 2008. A parlare è il respiro di onde sintetiche, come un Brian Eno dilatato tra due mondi, in una quiete che disintegra l'io per dissolverlo nell'eterno. Basato su due laptop, due mixer, due casse e un videoproiettore, l'excursus installativo si articolava come uno studio sulla fragilità, che tramite dissolvenze audio-video e sospensioni sonore unidimensionali delimita i confini sensoriali su cui un sibilo continuo fa da perno a loop infiniti.
"Vol. 3" prosegue l'incanto dei suoi predecessori e lo amplia con ulteriori immersioni emotive, dove la fuga dalla frenesia quotidiana si compie in un rifugio silenzioso e rigenerante. È una sospensione abissale, nonché la mistificazione del less-is-more: per l'ora in cui l'album accompagna, tutto ciò che affatica sembra sciogliersi; non c'è dolore, e l'io è annullato. Il teorema ambient-drone, qui, trova parallelismo con il concetto buddhista di goccia nell'oceano: una diluizione armonica dell'identità, dove l'individuo si smaterializza in un respiro più ampio.
In certi momenti affiora il ricordo del miglior William Basinski, e i Tu M', senza mai alzare la voce, sfiorano cime altrettanto profonde. Se il primo capitolo ha aperto un varco e il secondo lo ha consolidato, questo terzo ne intensifica il vertice, suggellando la forza ipnotica di un trittico privo di centro, gravitante solo attorno al proprio respiro. È un'arte meditativa che scivola nel dormiveglia, dove la paralisi del sonno non spaventa ma consola, e si fa traccia di un'appartenenza cosmica.
01/05/2025