Dieci Piccoli Italiani

N.148 - Dicembre 2023

di AA.VV.

01_turangal_01TURANGALILA - LAZARUS TAXA (Private Room, 2023)
post-grunge

A due anni dal debutto lungo “Cargo Cult” (2021) i Turangalila riprendono il filo con “Lazarus Taxa”, stavolta alzando di quel tanto la posta. Apre l’abbinamento tutto Justin Broadrick-iano di eruzione lavica e canto etereo di “Wow! Signal!”. Il ripieno dell’album possiede però una ricercatezza per loro abbastanza inedita. Intrecci più fitti e complessi di filamenti tonali distorti e percussivi irrorano i salterelli epici di “Antonio, ragazzo delfino” e “Neopsy”, un procedimento creativo che più avanti li conduce a “Reverie”, piccola finezza di folk trascendentale di marca Fahey, e a “A Pilot With No Eyes”, piccola finezza di post-rock grandguignolesco alla Slint. La loro potenza risuona ancora nella fantasia impetuosa che via via dissipa energia di “To The Boy Who Sought Freedom, Goodbye”. Baricentro e ventre emotivo dell’opera stanno però nella canzone eponima, raccolta tra il languore psichico dei Bark Psychosis e una serenata spaziale dei Pink Floyd (e idealmente proseguita nella chiusa “Jisei”). A formazione invariata (oltre ai sax di Gianluca Di Fonzo e al cello di Michele Murgolo) il quartetto barese plasma e scandaglia nella giusta confidenza un suono di squisita tonicità, fatto di granito e metallo come pure di astrattezze e libere dissertazioni. Solo qualche limite, non difetti gravi, in incroci tra Tool soffusi e Motorpsycho pesanti (“Ugo”, “P38”) malagevoli da buttar giù: il godimento non ne risente. Marco Fischetti quinto uomo alla produzione (Michele Saran6,5/10)


02_doDOR - IN CIRCLE (Drown Within, 2023)
alt-folk

Francesco Fioretti, appassionato chitarrista di folk decadente del teramano, trasforma ed espande il suo pseudonimo Dor che aveva fruttato i dispersi “Dor” (2019) e “The Dream In Which I Die” (2020), a progetto aperto. Una schiera che ora comprende Mario Di Battista (seconda voce e basso), Alessandro Vagnoni (seconda chitarra e synth), Gabriele Uccello (batteria e fisarmonica), Paolo Ranieri (tromba), Bruno Germano (wurlitzer) e Sergio Pomante (sax e produzione), comincia a scolpire “Horowitz” (contrappunto classico, fraseggio slavo, elementi post-rock, armonie vocali diafane, frenesia freak) e “Black Maps” (cantilena grave, andatura zombie, danse macabre alla Black Heart Procession), tanto rocambolesche quanto confuse, e una “The Grave” sicuramente frenetica ma anche scarsa di fantasia. I vertici dell’album fanno a meno di questa complessità un po’ avventata e pretenziosa e ripartono nel segno dell’incisività puramente (dis)armonica. “Gomelez” espande “Black Maps” per farsi sconsolata, impeccabile chanson di strada, laddove un’altra centrata melodia triste, “Resting Ground”, si esalta di lentezza e gravosità persino da trance mistica. Riferimenti dotti trapelano poi in chiusa, da “Acabondo”, con qualche brivido di raccapriccio hitchcockiano, al suggello strumentale di “El Fin”, dissonante e rattrappito da far incuriosire Henry Partch (purtroppo di soli due minuti). Ispirato dal “Manuscript Found In Saragoza” di J. Potocki, mixato tra Abruzzo e Spagna, è un concept lugubre non facile, di carbonaro fascino, quasi mai elettrificato, con la pudicizia di non calcar la mano in estetismi spettacolari e la furbizia di procedere per impressioni: dal funerale alla fossa, ma con sardonico sentire. Musicisti amalgamati da una produzione scrupolosa. Artwork a cura di Vagnoni (Michele Saran6,5/10)


03_liviobartolo_600.LIVIO BARTOLO - OTIUM (Angapp Music, 2023)
instrumental

Oltre al Variable Unit, suo principale progetto di gruppo dedito al jazz, il chitarrista tarantino Livio Bartolo sviluppa anche una parallela discografia solista spostata invece sul versante classicheggiante e acustico, con dischi per solo strumento come “Altre storie” (2017) e “Homesongs” (2021). Per l’ultimo arrivato “Unit” ritrova comunque un’impostazione di ensemble con tromba (Pietro Corbascio), flauti in do e sol (Aldo Davide Di Caterino, Mariasole De Pascali) e clarinetto basso (Andrea Campanella), di cui si fa compositore e direttore. Le prime sono così piccole e statiche concertazioni contrappuntistiche post-barocche, specie “I”, la più lunga ma comunque spezzettata in tre branetti, “II”, dal tempo più mosso. Quindi vengono altrettante “Ricomposizioni” dove si fa largo l’improvvisazione collettiva, dagli sfiati dissonanti della prima, fosca e lenta, ai vortici e ai capricci alla Korsakov della seconda, alle sfumature spagnoleggianti della terza. Infine ci sono epigrammi, gli “Otium”, uno per ciascun componente (compreso Bartolo stesso), in cui il tessuto primario si sfalda ulteriormente in episodi austeramente solistici, contribuendo ad aumentare la sensazione già serpeggiante d’isolamento solipsistico, quasi attonito. In questo spicca senz’altro la chiusa nudamente flautistica, “Otium per Mariasole De Pascali”, di toni discreti, palpiti e accordi sforzati (e qualche accensione dinamica) che appaiono e scompaiono dal buio. Più che sull’accostamento e la compenetrazione di classica e jazz, questo è un trattatello brevilineo e ossuto, ma d’una certa ambizione di fondo, sulla dissoluzione armonico-timbrica, sull’enigma e la fobia, e la necessità, del silenzio in musica. Metafora, specchietto dei primi anni 20. Dedicato alla memoria di G. Lenoci, pianista e compositore, maestro di Bartolo (Michele Saran6,5/10)


04_piersimonec_600PIER SIMONE CINELLI - SLOWJOB (Senza Di Noise, 2023)
instrumental

Il chitarrista Pier Simone Cinelli rivitalizza la gloriosa scena jazzcore capitolina dei primi anni 2000 con i suoi progetti a due, Crumb, a tre, Stickball, e a quattro, Naked Boys, in cui comunque infila anche qualcosa di maggiormente aggiornato e sperimentale che poi esplora a fondo nel suo primo disco per sola chitarra, “Slowjob”. I 14 minuti di “Prelude To A War” suonano però inconcludenti se non autoindulgenti, un crescendo troppo diluito di colpi lenti e glissandi allucinati. Gli 8 minuti del pezzo eponimo sono giocati con ancor meno variabili (suoni di miniera e tocchi riverberati) ma più sfruttate (contorsioni e deformazioni), più interrelate (un dialogo nel vuoto) e dunque più effettive nella suspense. Ancora il riverbero spadroneggia nei 9 minuti di “I Don’t Believe In Yesterday”, sonata psichedelica per tintinnanti ideogrammi sonori e microrganismi fonici. La sceneggiata espressionista di “War” è uno dei momenti insieme più avventurosi e più sinistri (quinte gravi e scie di feedback, sguazzante free-jazz). Concept antibellico mimetico e para-didascalico, estremo erede dell’Hendrix di “Star-Spangled Banner”, di medio interesse - cervellotico e arruffato, forse un tantino vanesio -, ma imbevuto di una certa corrosiva carica post-elettrica che fa rilievo. Co-prodotto con Eclectic Polpo (Michele Saran6/10)


05_blackblBLACK BLACK ISTANBUL - DRIVING FULL THROTTLE (autoprod., 2023)
hard-rock

I cagliaritani Black Black Istanbul finalmente riaffiorano con “Driving Full Throttle”. Dal riscaldamento, la Sabbath-iana “I’m A Superstar”, il duo sprinta con “Anyone Go Fast”, un Joe Strummer (al megafono) alla testa dei Led Zeppelin, con l’anthem Deep Purple “I Want Believe To Be Know”, di un soffio inferiore, e con un misto più ardito di nu-garage, nu-metal Rage e spezie psichedeliche, “Lightning Strike From My Room”. Vedi copertina: il primo album lungo della coppia Claudio Fara-Martino Pala a un lustro dall’Ep omonimo (2018) va più che mai sul rockaccio polverulento da rimettere a nuovo e scagliare a bomba, col solito canto distorto a metterci le spezie e con qualche capacità di progressioni e cavalcate. Attutiscono la botta - a tratti la sofisticano, a tratti la contraddicono, a tratti la svendono - influenze post-punk con i relativi synth a fare il loro debutto: “I’m Not Ready For The Guns”, “Future Sorrow”, e una hit di Nelly Furtado riletta come dei New Order dopati, “Maneater” (Michele Saran6/10)


06_michaeli_600.MICHAEL IT’Z - AMBIVALENCE (Labile, 2023)
ambient-techno

Nuove creazioni digitali da parte di Michael It’z compaiono in “Ambivalence”. “Same Pattern Over And Over” è un downtempo tribale sincopato che ere fa si chiamava world-beat e “Ashesm We’ll Be” è una scenografia melanconica che ere fa si chiamava trip-hop, entrambe ripiene di spifferi di droni gelidi e caos babelico di campioni parlati, laddove invece “1960” rapprende il processo attorno alla ballata soul (non distante da Andy Stott nel procedimento). “Zebra” riconfigura una melodia synth-pop su un battito trap. “Between People And Machines” e “Before We Leave” sono questioni diverse, la prima un (de)collage di spezzoni di musica cosmica e post-jazz (il sax di Guido Tabone) resa triviale dall’entrata del beat, la seconda un acquarello modale new age (il piano di Alex Kozobolis) reso triviale da parlati stavolta in eccesso. Secondo disco in un anno per il sardo-britannico - successore di “Chromatic Nostalgia” (2023) - e uno dei meno riusciti del suo vasto carnet: sempre nutrito con sentimento (meditativo-nostalgico, soprattutto) ma un tantino proclive al generico, e di qua e di là dissestato tra incongruenze e ridondanze (Michele Saran5,5/10)


07_doriDORIAH - CANZONI SECSI (Giungla Dischi, 2023)
songwriter

Federico Doria ri-debutta come Doriah, il moniker finora più personale dopo l’esperienza come El Señor Pablo e in duo come Gente Vergine con Luca Minelli, con “Canzoni Secsi”. I suoi punti forti sul piano lirico: la ballata nostalgica di rimpianti, quasi un inno, di “Trenitalia”, e quella di rinunce e sconfitte, un po’ alla Drupi con un certo pathos, di “L’universo”, oltre a “Domenica simpatica”. Sul piano stilistico se la cavicchiano il casual-pop all’italiana “Bologna è piccola” e l’eurodance corriva di “Gesù”. Al di fuori di questa perimetrazione di piccolo canzoniere pop agrodolce di corpo e struttura si sbanda spesso in degenerazioni. Siculo ma ultimamente più bolognese - d’adozione e di fede -, Doria deve fare i conti con un ecclettismo un po’ sospetto, che sa quasi anche di delirio, e arrangiamenti sovraccarichi di tastiere. Meriti e demeriti della regia di Stefano Maggiore di Freak & Chic alla co-produzione. Saccheggio di “Annarella” (Cccp) per allungare il minutaggio (Michele Saran5/10)


08_edle_600EDLESS - EDITING A DREAM (Caicedo, 2023)
alt-pop

Nati e poco dopo scomparsi nel crogiuolo del revival post-punk d’inizio anni 10, i quattro milanesi Edless resuscitano dandosi al mellifluo melodico dream-pop gender-fluid per “Editing A Dream”, il debutto lungo in più di una decade di esistenza. Poca ciccia, però, e tanti riempitivi. “Youth” non va granché oltre un’amatoriale cantilena synth-pop, le serenate “The Guest” e “At Last” suonano se possibile anche più fiacche e retrò, “Zero” non riesce a elevarsi nemmeno nella coda quasi-psichedelica, e pure il numero spedito d’ascendenza dark-punk “Groundhog Day” a lungo andare perde nerbo. Alla fine il numero funzionante è il più ossequioso verso lo shoegaze storico, “Staring At The Sky”, e pure il più connesso coi predecessori mini “Aconite” (2014) e “Belotus” (2016). Non vanno male i dettagli e le competenze, l’ordinato taglio e cucito degli arrangiamenti, le armonie vocali muliebri sullo sfondo, il basso parecchio versatile di Marco Bonvini e le tastiere di Giorgio Pasculli e dell’aggiunto Leonardo Musumeci. Nonostante il frankenstein tra Fleet Foxes e Radiohead, “Blank” dà poi la prova vocale più sentita del frontman Fabio Bonvini: patetismo a gogò, ma almeno niente cantilene stentate. Co-missato con Taketo Gohara (Michele Saran5/10)


09_friFRIZ - FALAFEL NOSTALGIA (Vulcano, 2023)
hip-hop

Nato in Veneto ma trasferito a Bologna, il rapper Friz riapre il proprio diario di vita nel primo album “lungo” (25 minuti) “Falafel Nostalgia” sui toni opalescenti di “Scipola”. A parte la reboante, ginnica e orecchiabile con accompagnamento drum’n’bass “Cosa dovrei dirty” e una “Bira bira” che svende la sue già flebili competenze rap al volgare revival italo-disco di “Italodisco” dei Kolors, per il resto si accontenta di dilettarsi con filastrocche urban: “Che aria tira”, “Tutte droghe” (punteggiata di campioni enfatici retrò), la più rabbuiata “Niente”, ma anche una “Passacuore” fondata su un piano elettrico - che in realtà spadroneggia nell’album -, qui grave e nobile, senza beat e con chitarra noise-pop sullo sfondo. Seguito del primissimo “Rose Selavy” (2016) e dell’Ep “Ballate dasporto” (2020) e primo con produzione moltiplicata per quattro, ossia il già fido Federico “Fed Nance” Cavallini, più lo scafato His Majesty Andre, Natty Dub e Raz-One, di lusso e senza particolare impatto. Argomenti oltre il ripetitivo: storie con le tipe, alcol e droghe, lavoro precario, notti fino all’alba, il panino dal kebabbaro del titolo. A forza di cantarli e ricantarli in ogni singola canzone quantomeno si appura la sua caratteristica migliore, la scioltezza confessionale (Michele Saran4,5/10)


10_miseredelMISÈRE DE LA PHILOSOPHIE - VERA E IL DIAVOLO (Seahorse, 2023)
psych-rock

Nonostante annoveri due multistrumentisti di discreto valore, la seconda incarnazione dei Misère De La Philosophie (Piombino) voluti dal cantante e chitarrista Sebastiano Taccola continua a riproporre anche in “Vera e il diavolo” un incrocio malriuscito di canzone pop all’italiana e revival psichedelico. Incamerati due camuffamenti, la ballata alla Galaxie 500 di “Correnti bianche” e il boogie Lou Reed/Velvet Underground di “Vera’s Dream I”, qualcosa di già più personale, movimentato e sentito affiora in un paio di rock’n’roll lisergici, “Lascia che vengano” e “Il diavolo alle porte”, e in una giostrina ballabile con drum machine, “Sono fuori”. “Vera’s Dream II” e “Solo un ricordo”, le più ambiziose, si rivelano litanie piuttosto smorte (perché risapute). Siamo lontani, purtroppo, dai fasti dei Jennifer Gentle, qua e là citati velatamente. Queste oneste riproposizioni dello stile glorioso non bucano, i motivi e i testi non acchiappano (un quasi-concept femminino-satanico), soprattutto risentono di carenze di scrittura e un canto al solito impacciato, dimesso, ombelicale (anche a due con Sofia Papa). Paolo Messere tenta di sorreggere dietro le quinte (Michele Saran4,5/10)

Discografia

TURANGALILA - LAZARUS TAXA(Private Room, 2023)
DOR - IN CIRCLE(Drown Within, 2023)
LIVIO BARTOLO - OTIUM(Angapp Music, 2023)
PIER SIMONE CINELLI - SLOWJOB(Senza Di Noise, 2023)
BLACK BLACK ISTANBUL - DRIVING FULL THROTTLE(autoprod., 2023)
MICHAEL IT’Z - AMBIVALENCE(Labile, 2023)
DORIAH - CANZONI SECSI(Giungla Dischi, 2023)
EDLESS - EDITING A DREAM(Caicedo, 2023)
FRIZ - FALAFEL NOSTALGIA(Vulcano, 2023)
MISÈRE DE LA PHILOSOPHIE - VERA E IL DIAVOLO(Seahorse, 2023)
Pietra miliare
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