I’M NOT A BLONDE – 01 Ep (2014, autoprodotto)
electro-pop
Primo Ep in assoluto per questo due electro-pop femminile milanese, ne seguiranno altri due a stretto giro di posta. Le due riescono, in queste tre canzoni, a trovare subito tre caratteristiche importanti: melodie di qualità e capaci di catturare immediatamente l’ascoltatore, un suono con la giusta freschezza e con un gran tiro, una buona varietà tra una canzone e le altre. “Bad Buke Good Gaze” è decisa e trascinante, “Peter Parker” è compassata ma non perde mai il groove, “Stop Tempo” punta a un suono sinuoso e avvolgente con un bel tocco sognante. Una parte ritmica ricca di elementi diversi, una bona capacità di aggiungere suoni di chitarra e una parte vocale che si muove su un registro espressivo perfettamente funzionale alla resa dei brani sono i punti di forza di questi brani. Brave davvero, da seguire assolutamente (Stefano Bartolotta 7/10)FRANK SINUTRE - Musique pour les poissons (2014, autoprodotto)
electro-dub
Il progetto Frank Sinutre nasce a Sermide, estremo lembo orientale della provincia di Mantova, per iniziativa di Isi Pavanelli e Michele K. Menghinez. La particolarità del duo consiste principalmente nell'utilizzo del reactabox, un controller midi che funziona con dei cubetti, e del drummabox, una drum machine acustica basata su Arduino, oltre a strumenti tradizionali come chitarra, synth, vocoder. Dopo la realizzazione di una colonna sonora per uno spettacolo andato in scena (“La colpa della Leonessa”), i Frank Sinutre esordiscono sulla lunga durata con “Musique pour les poissons”, dando vita a undici tracce nelle quali esplorano elettronica, dub, funk, ambient. Il risultato è un'opera eterogenea, capace di passare con disinvoltura da soluzioni sofisticate ad atmosfere sbarazzine. Un progetto da tenere in grande considerazione (Fabio Guastalla 7/10)H!U – H!U (2014, Esercizi di Assenza / Corpoc)
hip-hop strumentale, elettronica
Prima produzione della net label torinese Esercizi di Assenza, H!U è l'Ep(onimo) e il moniker del solista Davide Sperandio da Lecco. Pubblicato su Cdr in collaborazione con Corpoc, e non a caso: il sound cui si fa riferimento è proprio quello tipico della nuova casa dei Uochi Toki, ma non solo; Sperandio ha assimilato gli elementi primari dell'hip-hop e dell'elettronica alternativi e dei suoi fuoriclasse, con le dovute riverenze ai Dälek (“Castle”, “Astenosfera”) ma forse anche, poco più in là, al mood metropolitano di Burial, per mezzo di scenari sbiaditi e percorsi da luci saettanti senza espressione; unica concessione melodica in apertura (“Meta”), come l'eco di una “Endless Summer” dalle tinte ipnagogiche, per un Ep altrimenti adombrato da gravosi beat sintetici e voci sinistre e disumanizzate. L'effetto complessivo è quello di un variegato sampler che ci auguriamo conduca presto a un'ancor più convincente esordio su Lp. Artwork a cura di Eyefish (Michele Palozzo 7/10)JUDA – Quel Brevissimo Istante In Cui Ti Manchi (2014, Riff Records)
post-rock
Il terzo album di questa band post-rock milanese è composto da sedici tracce divise in due CD. Tra i diversi filoni propri del genere, il lavoro si inserisce in quello che prevede brani corti -salvo alcuni casi - melodici e cantati in italiano – anche qui con qualche eccezione strumentale. Il suono è quasi sempre piuttosto stratificato ma mai complesso e la varietà, sia negli arrangiamenti che nel registro tenuto dalla parte vocale, è molto alta. Il suono – e con esso il sentire complessivo del disco – può essere o pieno e dilatato allo stesso tempo, o duro e aggressivo, o venato di psichedelia acida, o rarefatto e sognante; i testi provano a mescolare ambientazioni epiche e quasi fantasy con l’esposizione di sensazioni interiori forti, scatenate dagli eventi esterni. Tanta ambizione in questo disco, quindi, e alla prova dei fatti essa risulta ben veicolata: le canzoni sono ben orchestrate, sia dal punto di vista della scrittura che degli arrangiamenti, i suoni sono sempre perfettamente bilanciati e l’espressività è quella giusta. Un ottimo disco che ha tutte le carte in regola per essere apprezzato da un pubblico anche più ampio rispetto a chi normalmente ascolta il post-rock (Stefano Bartolotta 7/10)MY SPEAKING SHOES - Siamo Mai Stati (2014, autoprodotto)
emo-core
Combo modenese, My Speaking Shoes debutta con l’emo acrobatico e cantato da voce femminile (Camilla Andreani) di “Holy Stuff”, con appena qualche ambizione noise-rock che si espande nei 10 minuti di “Noize”. Il secondo “Siamo mai stati” non è solo acrobatico ma anche spettacolare e persino isterico. I primi sei brani in sequenza tolgono quasi il fiato: gli sbalzi di umore, di stile e narrativi di “Estatina”, la concisione demoniaca di “Baba Yaga”, i Matia Bazar mutati in Fugazi in “Calci”, le strillate e sopra le righe “Sirene” e “La persona che conta di più è sempre quella che non c’è”, i vortici della strumentale title track. La seconda parte è più calma ma solo apparentemente, contando la caotica, Gianna Nannini-esca “Figu” e la severa, turbolenta, “Tagli”, lo stordimento subliminale in “Le mani uguali” e le mitragliate di “La schiuma” (che riecheggiano la sigla di “Daitarn 3”). Primo album in italiano del quintetto: contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, è più aspro del debutto, ma anche meditato, organizzato in una drammaturgica e dinamica forma-suite, malato a volte. Elettroshock per la crisi di metà decennio? Sottile produzione di Enrico Calanca (Michele Saran 6,5/10)BABEL - Resta un pizzico di delusione nella delusione (2014, autoproduzione)
alt-rock
I pavesi Babel, attivi dal 2009 e già autori del debutto “Del giorno dopo ieri” (2012), si ripresentano sulle scene con il secondo lavoro “Resta un pizzico di delusione nella delusione”, pubblicato in regime di autoproduzione. Dieci canzoni che raccontano la volontà del quartetto lombardo composto da Yuri La Cava, Andrea Ganimede, Simone M. Tiraboschi e Paolo Corsico di far conciliare l'alt-rock americano (dagli A Perfect Circle ai Dredg) con testi in italiano. Ne consegue un campionario di brani che si giostrano tra post-rock e bordate hardcore, un'opera schietta e ben strutturata, di cuore e di pancia. Registrato da Fabio Intraina al Trai Studio di Inzago (Milano), masterizzato da Maurizio Giannotti al New Mastering Studio di Milano (Fabio Guastalla 6,5/10)LEMMINS - Lemmins Ep (2014, Marsiglia)
psych-rock
La nuova psichedelia abita anche sulla riviera ligure, da quando i Lemmins hanno cominciato le loro attività, sancite con questo seconda uscita omonima (che quindi "odora" di esordio). Danno il meglio nei brani più dinamici, come nella chiusura di “Screen”, dalle aperture melodiche alla Real Estate ma con atmosfere che richiamano gli Spiritualized più narcolettici. La band di Jason Pierce sembra la prima e più diretta ispiratrice anche dell’apertura, “Criminal Dance”, proposta del tutto in linea col brit-rock più psichedelico e irriverente degli anni 90. La psichedelia dei Beatles viene così aggiornata ma senza le costruzioni intellettuali dei Tame Impala, quanto con una sana attitudine revivalista (“Onesie”). Attitudine che forse viene un po’ “stiracchiata” agli estremi nel rauco garage-pub smargiasso di “Sweet Louie”, mentre “Anybody Knows” rappresenta decisamente la traccia più debole e abbozzata delle cinque presentate. Da seguire, però, per le prossime uscite. (Lorenzo Righetto 6,5/10)BEATRICE ANTOLINI - Beatitude (2014, La Tempesta)
songwriter
Dopo il capitombolo di “Vivid”, Beatrice Antolini corre tempestivamente ai ripari e inverte prontamente la marcia con “Beatitude”. Basta un minuto e rotti di litania di strega a staffetta con una baraonda strumentale (“Spiders Are Not Insects”) per riproiettarla ai suoi migliori esordi psichedelici. “Dna” evoca una Madonna fatalista ma soprattutto dà spazio ai numeri di tastiera, dapprima grotteschi e poi pianistici, restaurando il suo talento di strumentista. Il ballabile elettronico di “Dromedarium” è lineare ma cantato in apprensione e suonato con una tensione instabile. “With Love” esplora il lato più eccentrico di Tori Amos, espandendolo in un valzer fiabesco. Invece, “Anyma L” ricade ancora nella ballata strappalacrime, ma anche qui mostra eleganza e una nuova robustezza. Primo Ep della cantautrice dopo quattro album lunghi, una scelta felice perché va di essenzialità, e primo esito discografico con La Tempesta Dischi. Composto di getto come autoterapia, rimette al centro dell’ascolto il suo proverbiale, compiaciuto equilibrio tra grazia e istinto. Fior fior di ospiti (Federico Poggipollini) (Michele Saran 6/10)MATINÉE – These Days (2014, Neon Tetra Music)
brit-pop/rock
Quartetto formato da ragazzi italiani residenti a Londra, I Matinée si stanno facendo strada da quelle parti suonando con buona continuità nei club della Capitale inglese e con il loro nome già menzionato da NME e Q Magazine. Questo loro primo album si ispira a tanti gruppi britannici nati tra il 2004 e il 2010 e che continuano a far ballare i frequentatori degli indie club di tutto il mondo: Franz Ferdinand, Kasabian, Fratellis, Two Door Cinema Club, e così via. Di positivo c’è che il disco ha una buona varietà e soprattutto non presenta un mero copia-incolla delle influenze sopra specificate, le quali sono chiaramente rielaborate alla luce di un gusto personale; di migliorabile ci sono innanzitutto l’espressività del cantato, poi la qualità delle melodie, ascoltabili ma non certo in grado di colpire in modo particolare. È un buon punto di partenza il fatto che la materia musicale che i ragazzi hanno scelto di trattare è chiaramente nel loro sangue, quindi la maneggiano con la giusta sensibilità; rimaniamo in attesa che imparino a cantare e a scrivere canzoni un po’ meglio di come lo sanno fare ora (Stefano Bartolotta 6/10)GLOBETROTTER - Fibonacci (2014, autoprodotto)
instrumental
Il duo beneventino dei Globetrotter si fregia nell’album omonimo (2012) di una chitarra versatile cui talvolta scappano estroflessioni alla Tom Morello, e che funge anche da basso elettrico, e una batteria altrettanto malleabile, al meglio rappresentate nel lungo tema-e-variazioni di “Notes For A Nerd”, ma anche di una passione per i montaggi elettronici in due brevi episodi (“01000100”, “Welcome To Trotterworld”). Nel successivo “Fibonacci” non a caso l’idea vincente proviene dall’impasto tra queste dimensioni inglobato in “Pachiderma”: uno strimpellio formicolante, una samba dimessa, e una sinistra ambience industriale. Affine è il numero esotico e sardonico di “Untore”, mentre il collage psichedelico del caso è “P__Skip”. Il resto però deborda nella palestra strumentale, come il patchwork di tempi metal progressivi senza coesione di “Taurina”, il boogie panzer di “March Of Lefthanded Butterflies” che si sdilinquisce in tocchi e rifiniture eccessive, il virtuosismo comico e cartoonesco che anima “King Of Cococock”, allo stesso tempo una benedizione e una maledizione. Un disco breve, anche più esile del precedente, che ha le migliori intenzioni ma pochi numeri per dimostrarle; perde per difetto. Eppure le parti dei due strumenti (chitarra: Giovanni Nazzaro; batteria: Danilo Peccerella) non stingono (Michele Saran 5,5/10)