Sonic Youth

Daydream Nation

1988 (Blast First)
noise-rock

I newyorkesi Sonic Youth sono fra i gruppi che hanno osato di più nella storia del rock, nonché una delle formazioni più imitate degli ultimi due decenni. Non si contano, ancora oggi, i discepoli della loro "noise wave", fondata su un chitarrismo atipico, ma ormai inconfondibile, in cui non vi è differenza fra ritmica e solistica poiché tutto converge in un fluire disarmonico. Con la loro etica nichilista e irriverente, retaggio dell'era punk, con il loro ostentato rifiuto del music-business e del conformismo che lo contraddistingue, sono diventati quasi il prototipo della "indie-band". Almeno finché una major non si è accorta di loro, gettando la sua "longa manus" sulle loro opere.

Il gruppo si forma durante la Noise Fest, organizzata nel 1981 al White Columns dal chitarrista Thurston Moore. Oltre a Moore, la band annovera l'altro chitarrista Lee Ranaldo (già nell'entourage di Glenn Branca) e la bassista Kim Gordon (ex studentessa d'arte a Los Angeles, nonché compagna di Moore). I riferimenti musicali dell'ensemble sono principalmente la scena punk più estrema, il garage-rock, qualche elemento di musica industriale e le assordanti sinfonie "avant-garde" di Glenn Branca. Un repertorio messo in mostra già nell'Ep d'esordio, "Sonic Youth" (1982), che segna un punto di contatto tra le musiche che li avevano influenzati.

L'anno successivo arriva l'album d'esordio "Confusion Is Sex", rivoluzionario ed estremo. Il successivo "Bad Moon Rising" (1984) si presenta come una lunga suite psichedelica, tesa e dissonante: la singolare fusione di stili fa pensare a un ideale incontro tra Grateful Dead e Velvet Underground. Nel 1985 è il turno di "Evol", altro ottimo album che fa leva soprattutto su melodie armoniose, lacerate però dalle chitarre scordate e dal canto urlato o appiattito di Moore o della Gordon. "Sister", uscito l'anno dopo, è un ulteriore passo avanti in quella direzione.
Ma è nel 1988, con "Daydream Nation" che lo stile dei Sonic Youth si definisce alla perfezione. Squilibrio psichico, apocalisse metropolitana, rumore metallico e percussività insistente convergono in un doppio album "manifesto" che svela l'altra faccia del Sogno Americano ("I wanted to know the exact dimensions of hell", declama Gordon in tono fatalmente decadente). La rabbia antagonista dei Sonic Youth si consuma in una folle corsa verso il baratro di quella Death Valley decantata agli esordi.

"Daydream Nation" è un compendio definitivo del chitarrismo della Gioventù Sonica. Lee Ranaldo riproduce ogni tipo di rumore con distorsioni estreme, Thurston Moore lo asseconda e lo completa, mentre Kim Gordon si dedica al sottofondo di basso, onnipresente insieme alla batteria, e poi sfodera la sua voce gelida; e su questo intreccio caotico si staglia una percussività ossessiva, che non dà scampo.
La distorsione valvolare delle sei corde è il marchio di fabbrica dell'ensemble: rumore al calor bianco, che contribuisce a dipingere affreschi di cupa tensione metropolitana. Ma ogni elemento del sound-Sonic Youth viene portato a compimento, in un processo di maturazione che ha del portentoso. Ogni traccia, infatti, rivela una compattezza sonora senza precedenti e uno sperimentalismo accurato, profondo, ma mai fine a se stesso.

L'album, dalla inconfondibile copertina "scura" (una candela accesa su sfondo nero), è pervaso da una costante vena satirica. Un intento palese fin dall'inizio, affidato al memorabile riff di "Teen Age Riot", rock-anthem travolgente, da ko immediato. E' l'urlo dell'altra America, quella "underground", che sogna di sottrarsi alla morsa del reaganismo. L'altrettanto torrenziale "Total Trash", jam acida di reediana memoria, rimanda anch'essa a proteste e slogan. Ogni brano ha un inizio, uno svolgersi e un termine, scorrendo agevolmente senza rinunciare ad alcun tipo di escursione sonora. Il capolavoro "Trilogy" - quasi quattordici minuti di delirio puro - annovera tre momenti, il primo episodio ("Wonder"), serrato, dissonante, dal testo allucinato e sarcastico; il secondo "Hyperstation" è invece immerso in un clima di squilibrio psichico: un'atmosfera orrorifica, sulla quale la chitarra ricama scale pungenti, mentre il finale "Eliminator Jr" è un hardcore distorto e suonato velocissimo.

Trovano poi spazio nel disco ballate garage-rock come "Eric's Trip" e "Hey Jony", o ancora brani psichedelici dall'effetto suggestivamente "straniante", come "Kissability" e "The Sprawl", gioielli del canto maliardo di Gordon. "Silver Rocket" e "Rain King", costruiti su imponenti muri di chitarre e distorsioni assordanti, sono nuovi uragani noise-rock, mentre in "Candle" la chitarra di Ranaldo si contorce e si arrotola su se stessa fino allo spasimo.

"Daydream Nation" non è solo un classico: è uno spartiacque nella storia del rock. Con i suoi baccanali fragorosi, miracolosamente legati ad armonie pop, segna la nuova frontiera del rumore applicato al formato-canzone. Già, perché sempre di canzoni - seppur d'avanguardia - trattasi, quando si tratta dei Sonic Youth. E se di "noise-rock" oggi si può parlare, il merito è in gran parte loro.

10/11/2006

Tracklist

  1. Teen Age Riot
  2. Silver Rocket
  3. The Sprawl
  4. 'Cross The Breeze
  5. Eric's Trip
  6. Total Trash
  7. Hey Joni
  8. Providence
  9. Candle
  10. Rain King
  11. Kissability
  12. Trilogy:
    -The Wonder
    -Hyperstation
    -Eliminator Jr.