I Radiohead sono tornati nello stile più casereccio possibile. Il quintetto capitanato da Thom Yorke si è chiuso in cantina, ha suonato, si è registrato e mixato al computer, ogni tanto ha proposto qualche inedito dal vivo (per la serie: vedete se vi piace) e infine si è autopromosso attraverso la rete. Passando la palla agli internauti sulla questione più spinosa della musica moderna: quanto deve costare la musica oggi? Risposta: it's up to you. Dipende da te.
Vuoi per fama, vuoi per troppe aspettative, il settimo disco del gruppo alternative inglese più seguito del mondo sembrava destinato a essere ricordato più per la sua particolare distribuzione "scegli il prezzo" che per il suo contenuto musicale. Fortunatamente, non sarà così. Anche se ciò che hanno fatto i Radiohead ha pochi precedenti nella storia della musica, dei quali nessuno adottato nell'era della definitiva esplosione della musica come supporto digitale a tutti gli effetti, ora che il computer non è solo un lento scatolone, ma è accompagnato da banda larga, lettori mp3, acquisti di dischi o di singoli mp3 online, masterizzatore... d'altronde, it is the 21st century (dal testo di "Bodysnatchers").
Ma "In Rainbows" ha anche un compito prettamente musicale, e prioritario, consegnatogli dai suoi precedessori: sciogliere la riserva su chi siano oggi i Radiohead, che musica suonino (e come), se hanno scelto di essere pop-rock, elettronici, acustici o un misto di questi. "Hail To The Thief" non ci era riuscito, dividendo in due il popolo degli ascoltatori. Né ha migliorato la situazione il discreto lavoro solista del leader Yorke, pubblicato lo scorso anno.
A dirla tutta, non siamo convinti che neanche questo "In Rainbows" lo farà, e nemmeno i dischi successivi. Più semplicemente i Radiohead si dedicano ora a scrivere canzoni, nel vero senso della parola, con un dettaglio in più: tanti arrangiamenti e produzione molto curata. Canzoni che possono essere sia squisitamente pop ("Faust Arp"), sia intrise di quelle chitarre rock di cui erano pieni i primi dischi del gruppo (la già citata "Bodysnatchers", per chi scrive il brano peggiore), ma sempre con il tocco di zenzero in più di quella maturità che conferisce a Yorke e compagni il sapere quando mettere il dettaglio sonoro giusto al posto giusto. Processo comune a tutti i grandi artisti e che spesso ha bisogno di qualche tentativo sbagliato per perfezionarsi (e la mente pensa subito al pianoforte desolato di quella "We Suck Young Blood" del precedente album).
L'aggettivo che meglio definisce "In Rainbows" è "morbido". Quasi tutti i brani hanno al loro interno un netto "stacco" musicale: decisamente clamoroso quello dell'iniziale "15 Step", riflessivo quello che accompagna "Reckoner". Riacquista un importante ruolo il batterista Philip Selway (la finale "Videotape" è la sua rivincita), allontanando l'elettronica dietro il sipario, relegandola a dettaglio secondario rispetto alla sostanza del suono, che diventa sempre più emozionale e delicato.
Ci sono almeno tre canzoni bellissime in questo disco, degne di quelli che furono i Radiohead negli anni 90 e che tuttavia quel gruppo non avrebbe mai scritto, per caratteristiche differenti: "Nude", "All I Need" e "House Of Cards". Yorke, che la sa lunga, le distribuisce sapientemente nella scaletta e, soprattutto, le canta divinamente. Vale la pena di spendere due parole sulla terza, una romantica bossanova registrata in lo-fi con una chitarra reggae. È la nota stonata eppure geniale, la "Life In A Glasshouse" di quest'album.
Insieme al ritorno in primo piano della batteria, è proprio la voce di Thom Yorke la carta in più di questa spicciola raccolta di mp3. Il frontman finalmente abbandona ogni pretesa di protagonismo, sfruttando la sua voce particolare al meglio, cioè senza strafare, non cercando a tutti i costi l'ottava più alta.
"In Rainbows" è forse il disco meno immediato del quintetto inglese, persino più dell'ossessivo ed elettronico "Kid A". Ed è, se volete, il disco della definitiva maturità di questa band, l'album che poco aggiungerà ai cuori di chi ha amato "Ok Computer" oppure i toccanti momenti di "Amnesiac", ma fa intravedere che i Radiohead ci sono ancora, che la loro musica offre ancora numerosi spunti intimisti, "Nude" su tutti.
Il disco uscirà in formato "solido" (cd e vinile) poco prima di Natale. Se il pubblico lo acquisterà per quello che vale, i Radiohead faranno ancora una volta un sacco di soldi, vincendo la loro scommessa sulla distribuzione. Ma quello che conta è che, ancora una volta, la musica di Yorke e compagni si autopromuove a colonna sonora di questi anni. Complicata, sconsolata e ricca di suoni, riesce in alcuni episodi a essere ancora di una bellezza abbagliante.
13/10/2007