10/5/2023

Sirom

Cripta del Duomo di Avellino, Avellino


Al di là delle pur doverose polemiche sul caro biglietti della stagione concertistica del 2023, non si può che essere felici che la macchina della musica live si sia rimessa in moto, soprattutto per la cospicua offerta di artisti emergenti (Lankum, Beautify Junkyards, Shame, Anna B Savage), di icone relativamente di nicchia (Stereolab, Kula Shaker, Breathless, Jim O’Rouke) e per le ritrovate punte di diamante della scena rock (Marillion, Thurston Moore, Roger Waters).
Le difficoltà che i promoter più coraggiosi devono affrontare per poter offrire una scelta culturale valida e assortita sono decisamente cresciute con la pandemia, lode quindi a realtà come FITZ, un'associazione culturale nata dall’autentica passione di Raffaele Pulzone e Luca Caserta per la musica rock. Non contenti di aver portato gli Stereolab per la prima volta al Sud, i ragazzi di FITZ si sono resi complici di uno dei più convincenti eventi live dell’ultimo decennio.

 

Autori di uno dei dischi più validi dell’anno trascorso, “The Liquiefied Throne Of Simplicity”, gli sloveni Sirom hanno attraversato gran parte dello Stivale, con un’affascinante messa in scena della loro particolare attitudine creativa, un avant-free-folk dal fascino alchemico ed esoterico, un flusso sonoro quasi psichedelico, una trance sonora in bilico tra culti sciamanici e tarantismo, a tal punto complessa e articolata da creare una leggera apprensione per l’eventuale resa live.
Nella suggestiva cornice della Cripta del Duomo di Avellino, Samo Kutin, Iztok Koren e Ana Kravanja hanno trovato una giusta collocazione spazio-temporale per la loro esibizione, gli stessi musicisti hanno rimarcato la particolarità del luogo – "il posto più antico dove ci siamo esibiti" – prima di dar vita al loro set.
Tre brani estratti dall’ultimo album – “Wilted Superstition Engaged In Copulation”, “Grazes, Wrinkles, Drifts Into Sleep” e “ Prods The Fire With A Bone, Rolls Over With A Snake” –  e il bis “Maestro Kneading Screams Of Joy”, ripescato dal secondo album “I Can Be A Slide Snapper”.

Nessuna messa in scena spettacolare, un parco ricorso a luci ed effetti, e un rigore da immaginaria orchestra sinfonica; il concerto dei Sirom è racchiuso tutto nella musica e nello stretto rapporto della stessa con gli strumenti adoperati, molti auto-costruiti o ricavati da oggetti ordinari, altri convenzionali, come  violino e banjo, ma soprattutto strumenti tradizionali e spesso inconsueti.
La band slovena ha dichiarato che la sua musica nasce spesso durante fughe nelle foreste - i tre musicisti provengono da tre aree diverse: Tolmino, l’altopiano del Carso e Prekmurje – folk, psichedelia e suoni polifonici sono la materia prima di potenti evocazioni emotive e culturali, che i Sirom coordinano con un’eleganza e una padronanza non comuni.

Ad aprire la serata sono gli abbondanti venti minuti di “Wilted Superstition Engaged In Copulation”, ed è subito chiaro che se con l’ultimo album i Sirom hanno posto un definitivo sigillo alla loro abilità creativa, ora tocca alla dimensione live il compito di certificare definitivamente la band slovena come una delle poche punte di diamante della musica contemporanea.
Il perfetto incastro dei tre musicisti e dei tanti strumenti utilizzati crea una tensione emotiva esaltante, la potenza del collettivo è impressionante, il flusso etno-spirituale-psichedelico dei primi venti minuti è un continuo crescendo di suoni che pian piano perdono la loro identità fisica, trascinando l’ascoltatore in una dimensione ancestrale-onirica, fino a coinvolgerlo in un graffiante orgasmo finale quasi noise. Tamburi, campane, sintir, liuti, balafon, banjo, violino, ghironda, rebab, voci maschili e femminili e i tanti strumenti tradizionali e artigianali diventano forme di linguaggio per un profondo dialogo con la natura, un viaggio sonoro che rievoca alcune delle immagini più potenti della storia della musica moderna. Sun Ra, Third Ear Band, Jon Hassell, Gong, Terry Riley sono solo alcuni dei tanti nomi che sono stati utilizzati nei commenti ai loro album, anche se durante l’esaltante performance a non pochi sono venuti alla mente gli straordinari Comus.

 

Ma la realtà è che racchiudere la musica dei Sirom in sparute seppur nobili citazioni è oltremodo limitante e fuorviante. La magia creata dall’abilità tecnica dei musicisti è avvincente, i brani sono come dei selvaggi mantra, i dialoghi tra i vari elementi sono sottolineati da stridii armonici, melodie sconnesse, vocalizzi seducenti, rarefazioni quasi impalpabili e una fluidità esecutiva che, pur proseguendo per oltre un'ora e mezzo, perde qualsiasi dimensione temporale, fino a sembrare un attimo fugace.
La pagina più marcatamente folk è il bis, tratto dal secondo album e dunque lontano dalla potente sintesi dell’ultimo disco, un brano che richiama alla mente gli esordi della Penguin Cafè Orchestra su Obscure e che mette ancor più in chiaro la qualità dei tre musicisti.

 

Un piacevole scambio di parole a fine concerto ha suggellato una serata unica, che mi azzarderei a definire storica. Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di ascoltarli dal vivo comprenderanno le mie parole, gli altri forse saranno assaliti da dubbi e perplessità, ma solo fino a quando non saranno partecipi di una delle loro future esibizioni: vedere e ascoltare i Sirom è un’esperienza che lascia un segno profondo, incancellabile.

 

(Foto per gentile connessione di Pierpaolo Farsetti)



Setlist

Wilted Superstition Engaged In Copulation
Grazes, Wrinkles, Drifts Into Sleep
Prods The Fire With A Bone, Rolls Over With A Snake
 
Bis

Maestro Kneading Screams Of Joy 

Sirom su Ondarock

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