Se Roma ha finalmente consolidato un Festival dal respiro europeo come Spring Attitude, il pubblico della Capitale deve ringraziare il direttore artistico Andrea Esu e tutto il suo staff per lo straordinario lavoro compiuto. Un Festival che ogni anno allarga il torace, respirando una trasversalità stilistica sempre più marcata, diventando via via più grande e sfidante. Nessuno a Roma era finora riuscito a creare un appuntamento di questo tipo, concentrato nello spazio di un weekend: non stiamo parlando delle tante rassegne che funzionano come contenitori di eventi, spesso persino poco omogenei, diluiti nello spazio anche di due o tre mesi, ma di un Festival vero e proprio, che resiste e cresce da diversi anni (siamo all’edizione numero XIII) con un cartellone prestigioso, che riserva numerosi motivi di interesse. La frase più ricorrente quest’anno era: ormai lo Spring Attitude è un piccolo Primavera Sound.
Non a caso mi è capitato di incontrare molti amici, o semplici conoscenti, che di solito incrocio fra un palco e l’altro del Parc del Forum, nel bel mezzo di quel coinvolgente luna park catalano. E’ accaduto in particolar modo nella seconda giornata di questa edizione, quella di sabato 14 settembre, quando si è verificata la più alta concentrazione di indie-rock di sempre allo Spring Attitude, con alcuni fra i nomi più gettonati del momento, a partire dai quotatissimi Fat Dog, l’ultimo degli hype post-punk provenienti dal Regno Unito, con un esordio appena pubblicato che ha conquistato la Top Ten delle chart di vendita inglesi. Suonano forse troppo presto, alle 16,45, ma nella line-up dello Spring Attitude non c’è mai un minuto sprecato o da sottovalutare: anche fra i primi musicisti che si esibiscono, quando il sole è ancora alto, si possono scovare nomi irrinunciabili, che potrebbero diventare i vostri preferiti nei prossimi mesi.
Lo stesso discorso vale per i Film School, che il venerdì sotto la pioggia sono posizionati quasi in apertura, nu-gazer d’oltreoceano mai andati oltre la propria nicchia d’appartenenza, ritornati dopo un periodo di stand-by con tanta voglia di riprovarci. Ancor più attese le performance dei Bar Italia, trio di indie-rocker inglesi trasformato in quintetto nelle occasioni live, guidato da Nina Cristante, cantante romana di nascita che dimostra in un paio d’occasioni di avere un bel caratterino (prima rimprovera il tecnico luci imponendogli di mantenere il bianco sul palco, poi protesta perché la rigorosa organizzazione non le consente di eseguire l’ultimo pezzo in scaletta, andandosene – lei e il resto del gruppo, dopo una prestazione superiore alle aspettative - senza nemmeno salutare i fan), e dei Viagra Boys, iper-muscolari svedesi, autori di un post-punk costantemente sopra le righe, ormai fra i gruppi di punta nel loro genere. Divertenti, con menzione speciale per il sassofonista Oskar Carls, che stupisce tutti durante la lunga cavalcata strumentale “Amphetanarchy”. A cavallo fra indie ed elettronica la proposta dei Mount Kimbie, perfetti per ballare abbassando i Bpm.
La parte electro dello Spring Attitude è spaziale come al solito, con una serie invidiabile di dj, producer e beatmaker che mantengono alta l'attenzione su quello che era il core business di questo Festival, oggi condiviso con altri generi musicali, con l'obiettivo di far sventolare alto il vessillo della contaminazione.
Resta prioritario puntare sui migliori, e Barry Can’t Swim è uno di quelli che quest’anno hanno presenziato a tutti i festival musicali più importanti del mondo, raccogliendo anche una nomination ai prestigiosi Mercury Prize, il premio assegnato ogni anno al miglior disco pubblicato da musicisti inglesi o irlandesi.
Il resto della sezione più propriamente elettronica è suddiviso equamente fra l’imperioso dj-set di MACE, con visual davvero strepitosi, quello del duo The Blaze, dei vivaci Acid Arab, gradito ritorno dopo il successo dello scorso anno, di Sama’ Abdulhadi, la dj palestinese di cui tutti parlano, alla quale viene affidato il dj-set di chiusura. Ci si aspettava qualcosa di più dagli islandesi Kiasmos (uno dei due protagonisti è l’affermato compositore Olafur Arnalds) con la loro deep house perfetta per un aperitivo al tramonto, Café del Mar style.
La quota italiana conferma una delle mission di Spring Attitude: selezionare le proposte di maggior qualità che emergono lungo la nostra penisola. Cosmo e Motta sono due fra i migliori cantautori cha abbiamo, e non sfigurano affatto accanto a tante star internazionali, anzi, dimostrano di non aver proprio nulla da invidiare.
Cosmo è perfettamente inserito in quella che è la storia dello Spring, lui che sa sempre come trasformare un live act in un rave party, chiude qui il tour di supporto a “Sulle ali del cavallo bianco”: un trionfo. Motta si rende protagonista di uno dei momenti più rock della due giorni romana, forte di un repertorio di grande spessore e di una backing band coi controfiocchi, come suo solito: dietro i synth c’è Whitemary che di lì a poco farà ballare la platea con le canzoni del suo nuovo album, di prossima uscita, al basso – come in tutto il resto del tour - c’è Roberta Sammarelli dei Verdena, che suona proprio come se stesse al fianco di Alberto Ferrari. Per due canzoni sale sul palco Andrea Appino ad accompagnare con la chitarra acustica, per “Minotauro” si unisce al gruppo anche il rapper Danno dei Colle der Fomento. Motta approfitta dell'occasione per annunciare che a novembre arriverà un altro disco, del quale - sottolinea - va particolarmente fiero: lo rivedremo presto.
Lo Spring quest'anno regala anche l’opportunità di ammirare da vicino (non è mai così impossibile godersi qualsiasi evento in prossimità della transenna) due luminose stelle nascenti del nostro firmamento, che promettono di fare tanta tanta strada, Daniela Pes e Marta Del Grandi, emozionanti quasi fino all’insostenibile, e dal profilo profondamente europeo, la seconda penalizzata dalla pioggia che imperversa sulla prima parte del venerdì.
Marco Castello dispensa groove a non finire, proponendo in scaletta anche un'energetica versione di “Dio mio no” di Lucio Battisti, i Bobby Joe Long’s Friendship Party giocano in casa con i loro racconti metropolitani, e vincono a colpi di irriverenza e riffoni di chitarra, Emma Nolde si conferma cantautrice e musicista di rara sensibilità, sul palco circondata da synth e chitarre. Gaia Morelli, Rbsn, Anna And Vulkan si ritagliano piccoli ma preziosi spicchi di visibilità.
Un imponente vortice di emozioni, che si consuma per il secondo anno consecutivo all’interno del grande cortile che funge da ingresso per gli Studios di Cinecittà; confermatissima la formula che prevede la presenza di due palchi affiancati, in grado di ospitare le esibizioni evitando qualsiasi interruzione. Tutt’intorno sono disposti food truck e punti ristoro, che lasciano la possibilità di continuare a seguire le performance anche mentre si è in fila per una birra o un panino. Consolidata la location, che ha non pochi punti di forza, come la fermata della metropolitana posta proprio davanti l’ingresso, il pubblico continua a rispondere davvero numeroso, mostrando con il passare degli anni una sempre maggior stratificazione, sia anagrafica che di gusti musicali.
Pubblico che si assiepa dalle 15,30 del pomeriggio alle 3,30 del mattino, dodici ore di entusiasmo, di comunione, di convivenza naturale, visto da lontano appare come un unico corpo in costante movimento. Spring Attitude si conferma anche nel 2024 un Festival modellato per tutti coloro che pongono la curiosità ai primi posti della propria scala di valori, un appuntamento in grado di mutare con gradualità, mantenendo però salde le proprie radici e garantendo una vivibilità tutt’altro che scontata quando stai crescendo a un ritmo simile. Una full immersion a metà strada fra arena rock e mega disco all’aperto, che promuove finalmente Roma fra le grandi capitali europee della musica. Almeno in questo campo, può finalmente assicurarsi di giocare ogni anno in Champions League.
Line-up venerdì 13 settembre:
Line-up sabato 14 settembre:
Bar Italia
Rage Quit
Calm Down With Me
Real House Wibes (desperate house vibes)
My Little Tony
Twist
Brush w Faith
Nurse!
Punkt
Changer
Jelsy
Glory Hunter
Polly Armour
Worlds Greatest Emoter
Viagra Boys
Ain’t Nice
Slow Learner
Down In The Basement
Punk Rock Loser
Troglodyte
Amphetanarchy
Just Like You
Ain’t No Thief
Man Made Of Meat
Secret Canine Agent
Worms
Cold Play
ADD
Sports
Research Chemicals
Mount Kimbie
Four Years And One Day
You Look Certain (I’m Not So Sure)
SP12 Beat
Shipwreck
Dumb Guitar
Marilyn
Fishbrain
Delta
Blue Train Lines
Empty And Silent
Made To Stray
Kiasmos
Grown
Looped
Laced
Sailed
Told
Blurred
Flown
Burst
Spun
Thrown
Burnt
Gaunt
Squared
Bent
Cosmo
Gira che ti rigira
La musica illegale
Talponia
Quando ho incontrato te
Le voci
Troppo forte
Fuori
Tristan Zarra
Tutto un casino
L’abbraccio
Le cose più rare
Sei la mia città
E se
Mango
Energia
La verità
L’ultima festa
Sulle ali del cavalo bianco
Il messaggio
Motta
La musica è finita
Prima o poi ci passerà
Sei bella davvero
La nostra ultima canzone
La fine dei vent’anni
Quello che siamo diventati
Del tempo che passa la felicità
Minotauro
Roma stasera
Ed è quasi come essere felice
Marco Castello
Porci
Polifemo
Beddu
Dracme
Sul Serio
Pipì
Empireo Risolti
Narrazione
Palla
Dio mio no (Lucio Battisti cover)
Copricolori
Melo
Torpi