In tutta onestà: non sono sicuro circa l'esatto posizionamento, in una eventuale storia del rock, della creatura di Jamie Stewart. Va bene, ok, non metto in dubbio che le sue "strutture sonore" si piazzino fra le proposte più originali da un bel po' di anni a questa parte. Difficile, però, dar torto a quel paio di critiche che gli vengono puntualmente rivolte: un'introversione capace di arrivare sino alla soglia dell'antimusicalità e una produzione che s'è sviluppata sin troppo velocemente.
Certo, gli Xiu Xiu di tutto ciò se ne fregano altamente, nonostante la frenesia suscitata ai tempi di "Fabulous Muscles" si sia non poco raffreddata; probabile che facciano bene, probabile che l'arte di Stewart sia comunque inscindibile dalle sue sfaccettature più discutibili.
"The Air Force" era stato un disco degli Xiu Xiu soltanto a metà. Riconoscibilissimo come sempre, ma senza quella spinta evolutiva che rendeva tutti gli altri album unici. "Women As Lovers" segna il ritorno di quel bisogno di andare oltre, emotivamente e compositivamente.
Ripiegato, contro, disturbante; ma al tempo stesso pregno di un'aura quasi soul, a partire dalla melodia del singolo "I Do What I Want, When I Want" (aperto da tanto di turururuturu), solare, non fosse canticchiata sottovoce, in imbarazzo e fuori tempo. La nuova direzione esplode in "You Are Pregnant, You Are Dead", dalle parti dell'r&b bianco, su ritmi percussivi tesi; nella cover di "Under Pressure", suono pulitissimo rispetto agli standard e invasione di fiati addirittura sbarazzini (certo, anche stonati); nel folk aperto di "F.T.W.", con i secondi finali in territorio Books.
Ovvio che non manchino numeri più abituali, come il dark-folk di "Black Keyboards" o gli inviperiti rock-wave "In Lust You Can Hear The Axe Fall" e "White Nerd"; ma la testa di Stewart è altrove. L'ottima "No Friend Oh!" è una pop-song bastarda: chitarre tese, fiati, campanelli e disturbi elettronici; gli inquietanti fischiettii di "Child At Arms" spianano strade ancora differenti.
Il problema di "Woman As Lovers", unico ma evidente, è di compiutezza: i nuovi sviluppi, salvo qualche eccezione, suonano ancora senza padronanza; i vecchi paiono essere spesso soltanto dovuti.
Con ciò non si vuole bollare negativamente l'ormai sesto Xiu Xiu, specie quando è capace di regalare chiose coinvolgenti come "Gayle Lynn", portatrici di una carica di coinvolgimento non comune. Resta, però, la convinzione di trovarsi dinanzi al disco meno a fuoco della band, il più perdibile, il classico caso in cui le premesse sono migliori del risultato compiuto.
27/01/2008