Facile parlare di desiderio: poche parole sono così abusate, di questi tempi… Ma chi ha davvero il coraggio di andare fino in fondo alla traiettoria dei propri desideri? Li addomestichiamo, li riduciamo, li anestetizziamo per non sentire il morso della delusione. Perché se li prendessimo sul serio ci toccherebbe guardare in faccia l’urgenza di cui sono segno.
Mr. E non è uno di quelli che hanno l’abitudine di voltare le spalle alla realtà: la vita non gli ha fatto sconti e lui ha dovuto imparare a proprie spese a starle di fronte. Ed è proprio il desiderio il tema da cui ha deciso di ripartire per il ritorno in scena degli Eels: “12 songs of desire”, recita senza mezzi termini il sottotitolo di “Hombre Lobo”. Si direbbe che E l’abbia preso alla lettera, a giudicare da come si aggira famelico tra le ombre della notte nel video girato da Jesse Dylan per il singolo “Fresh Blood”…
L’ultimo album di inediti sfornato dagli Eels, “Blinking Lights And Other Revelations”, risaliva ormai a quattro anni fa: la pausa più lunga della storia del gruppo, praticamente un’era geologica per i frenetici ritmi compositivi di Everett. Qualcuno ha suggerito che E abbia dovuto aspettare di avere la barba abbastanza lunga, visto il look alla ZZ Top sfoggiato sin dalla copertina in stile scatola di sigari… Sì perchè la barba (“Souljacker” docet) è un dettaglio tutt’altro che irrilevante, quando si parla degli Eels: “stavo lavorando ad altra musica”, racconta E, “quando una mattina, mentre mi lavavo i denti, mi sono guardato allo specchio e ho visto questa specie di lupo mannaro che mi fissava. Mi sono detto: ‘Questa musica non va bene per la mia barba!’. Stavo per tagliarla, ma poi ho pensato che invece avrei potuto scrivere delle canzoni che si adattassero alla barba: ormai sono arrivato al punto in cui sono i peli facciali ad ispirare la mia musica…”.
Un disco irsuto, insomma, e non per modo dire: “Hombre Lobo” suona ruvido e schietto come un nuovo “Shotenanny!”, fin dal blues dall’impronta quasi springsteeniana con cui “Prizefighter” apre le danze, passando per le fantasie in punta di arpeggi di “In My Dreams”. Non a caso, l’album è stato composto e registrato interamente in un pugno di settimane nello scantinato di casa Everett, con il senso di immediatezza di un live e con l’ausilio dei soli Knuckles alla batteria e Kool G Murder al basso (con cui E ha firmato a quattro mani buona parte dei brani).
Dopo il lungo periodo trascorso da E a guardare al passato (prima la pubblicazione della sua autobiografia, poi la collaborazione con la BBC per il documentario sulle teorie scientifiche del padre, per arrivare alla raccolta di successi e b-sides “Meet The Eels” / “Useless Trinkets”), in molti attendevano “Hombre Lobo” come il disco del ritorno al futuro degli Eels: in realtà, il nuovo album si presenta più come un variegato catalogo di stili dell’artigianato di Mr. E, in cui la classica delicatezza tintinnante di “All The Beautiful Things” convive con il passo svelto e i coretti briosi della spumeggiante “Beginner’s Luck”.
Come confessa lo stesso E, “c’è un po’ di Dr. Jekyll e Mr. Hyde in “Hombre Lobo”, a volte è più gentile, a volte più aggressivo”. Quando è il licantropo a prendere il sopravvento, “Fresh Blood” sfodera un tardo Beck in salsa teen-horror con ululati da antologia, mentre “Tremendous Dynamite” mette in scena un rauco hard-blues alla Black Keys (sulla falsariga del tour “No Strings Attached” di un paio d’anni fa). Tramontata la luna piena, ecco invece farsi strada il palpitare dolente di “The Longing” ed il romanticismo di “That Look You Give That Guy”, con una melodia che si avviluppa al cuore come un impossibile “Tempo delle mele” per beautiful freaks. In più di un’occasione, però, la scrittura istintiva di “Hombre Lobo” sa di già sentito, dal gingillo pop uptempo “Lilac Breeze” alla canonica “My Timing Is Off”, fino a “What’s A Fella Gotta Do” – praticamente una “Cancer For The Cure” disinnescata e pronta per la colonna sonora del prossimo indie movie…
Vi ricordate il ragazzo con la faccia di cane di “Souljacker”? Bene, il concept di “Hombre Lobo” (“uomo lupo” in spagnolo) prende le mosse proprio dal protagonista di “Dog Faced Boy”: “Che cosa gli succede crescendo?”, si chiede E. “Cerca di funzionare nella società. Ma non può lasciarsi alle spalle il fatto di essere ancora considerato come un animale. Il meglio che può fare è diventare un vecchio, dignitoso licantropo”. Del resto, l’autoritratto di E contenuto in “Shootenanny!” non si intitolava forse “Lone Wolf”? Ma è solo uno spunto per arrivare al vero soggetto del disco: il desiderio, “quel terribile, intenso bisogno che ti spinge in ogni sorta di situazioni che possono cambiare la tua vita in grandi modi”.
È un insopprimibile pensiero dominante, l’ossessione che accomuna l’eterogenea collezione di brani di “Hombre Lobo”: la solitudine e l’abbandono non lo cancellano, ma lo rendono ancora più acuto. “The longing is a pain / A heavy pressure on my chest / It rarely leaves”, mormora E in “The Longing”. Il desiderio è come l’acqua di una sorgente che, invece di saziare la sete, continua a zampillare senza sosta, spingendoti a risalire fino al punto misterioso da cui sgorga. La stra-ordinarietà dell’uomo – confessa E nell’elegia finale di “Ordinary Man”, lasciando trapelare per un attimo il proprio volto dietro la maschera lupesca – sta proprio nel non rinnegare mai quello struggimento: “No one has a right until they’ve fought my fight / To understand just where I’m coming from / And it’s that fight that brought me here today, exactly as I am / No ordinary man”.
30/05/2009