Questa sua ultima fatica, "Beyond The Shrouded Horizon", si colloca nella seconda categoria. E' un album prog, in tutto e per tutto, nella cui anima convivono elementi provenienti da svariate influenze. In primis, vi sono i brani di matrice puramente progressive, come l'opener "Loch Lomond" e la seguente coda strumentale "The Phoenix Flown", o ancora "Prairie Angel", e la conclusiva, claustrofobica suite "Turn This Island Earth", vero capolavoro dell'album. Non troppi, a dire il vero, gli echi genesisiani in questi brani, quanto semmai una spiccata, naturale evoluzione del sound Hackettiano, verso una forma di neo-prog con un piede ben saldo nelle sue radici seventies ed un altro sempre intento a progredire nel suo stile: il risultato è una qualità elevatissima, sia dal punto di vista compositivo che da quello strumentale. Ma, diversamente da quanto accaduto in precedenza, anche nel suo lato più vario e ricco di riferimenti, l'album risulta convincere quasi totalmente. I richiami quasi garfunkeliani di "Between The Sunset And The Coconut Palms", la litania corale di "A Place Called Freedom", le arabeggianti "Two Faces Of Cairo" e "Walking To Life" e, soprattutto, la ballata acustica (e molto british) "Til These Eyes" sono tutti brani in cui Hackett padroneggia con una maestria non comune materiale musicale proveniente da esperienze anche molto diverse, sia tra di loro che dal progressive.
Pregevolissimi anche i brevi intermezzi di chitarra classica, "Wanderlust" e "Summer's Breath", piccoli acquerelli ormai ricorrenti nei suoi album e sempre di grande suggestione. Unica nota stonata risulta il puro blues di "Catwalk", esperimento già tentato con altrettanto insuccesso da Hackett nel precedente album, "Out Of The Tunnel's Mouth", dove il chitarrista pare bruciarsi le mani nell'interpretare malamente un genere (a cui è probabilmente molto legato) ma che non pare proprio essere “nelle sue corde”. Quest'ultima considerazione non riesce da sola ad abbassare il valore di un album che nel 2011 riporta parallelamente a ricordi nostalgici del prog che fu e a reminescenze di coloro che ad oggi provano a rinvigorirne e rinnovarne la linfa: Hackett si dimostra enormemente superiore alla stragrande maggioranza sia dei suoi coetanei attualmente attivi (gli Yes di "Fly From Here", i recenti Van der Graaf Generator) che di molte delle forze del progressive odierno. Questo lavoro conferma uno stato di grazia che per il chitarrista perdura ormai da almeno 3 album, ed è l'ennesima eccelsa prova di un musicista mai abbastanza considerato per il suo reale valore. Hackett ha ormai 62 anni ma un'ispirazione forse ancor maggiore che nei suoi primi lavori: un ascolto lo meriterebbe da chiunque.
(28/07/2014)