Il giovane cantautore e chitarrista Alberto Mariotti debutta a nome Samuel Katarro con “Beach Party” (Angle, 2009), un tentativo, più che altro solista, di manipolazione del blues bianco con una voce da anti-crooner drogato, inserzioni lisergiche (lo zampino di Fasolo alla produzione si fa sentire) spesso anti-armoniche, ma anche contorcimenti angosciosi e dosi intensive di caos (i sei minuti di “From Texarkana To Texarkana”, “Com-Passion”, “There’s a Lady Inside the Cabin”, i vortici di violino di “This Garlic Cake”).
In questo disco si esprime una figura artistica più vicina a un ibrido tra Kim Fowley e Captain Beefheart che a Robert Johnson (in ogni caso, rispetto a un Above The Tree, Mariotti mostra di stare maggiormente dalla parte della forma-canzone).
“Halfduck Mistery” (Trovarobato, 2010) è già una questione di band allargata che lo accompagna anche al canto (la Tragic Band, a riprova dei riferimenti a Captain Beefheart e la sua mitica Magic Band), e di maggiore musicalità, anche se il suono è divenuto sistematicamente dissonante.
La dimensione retrò del predecessore si concreta in uno psych-pop spaziale Byrds-iano (“9V”, “Three Minutes in California”), incursioni nel pianobar spettrale dei Cowboy Junkies (“’s Hertogenbosch Blues Festival”) ma con suoni altamente fantasmagorici ed effetti sui nastri, fino al country elettro-cubista di “I Am the Musonator” e il pop neoclassico operistico di “You’re an Animal” e persino al poemetto astratto “concreto” di “Sudden Death”. Mariotti è un novello Re Mida in erba, in grado di esaltare e impreziosire i generi presi in esame.
Due live separano Samuel Katarro dalla nuova vita artistica di Mariotti, King Of The Opera. Anzitutto un disco che cita in copertina un’altra icona mitica come il “Live At Leeds” degli Who. Quindi uno strepitoso concerto all’edizione 2012 del Primavera Sound di Barcellona, il battesimo del nuovo progetto, lo lancia in orbita nella realizzazione del suo primo parto, “Nothing Outstanding”. In “Nothing Outstanding” l’autore sembra ora puntare all’organicità e all’enciclopedismo, finanche alla pace dei sensi.
“Fabriciborio”, preludio e gioiello fatto di chitarra trascendente, è una camminata solenne di tastiere tonanti, mentre il canto s’innalza in alture spirituali, è una nuova versione del “If I Could Only Remember My Name” di David Crosby, che sconfina in un’eruzione festaiola di toni magici.
“Worried About” e “The Floating Song”, con uno sgorgare cristallino di organo, brutali rullate di batteria e piccolo concertino da camera, invece citano i nuovi cantautori emotivi - da Andrew Bird a Beirut - imbevendoli di nevrosi psichedelica. “GD” è un piccolo requiem acustico Tim Buckley-iano.
La title track ritorna alla calma di “Fabriciborio”, un monologo supportato dalle note rade del rhodes che rimane valzer sopra le nubi senza mai prendere una reale forma, e vara la seconda parte di opera, quella forse più disinvolta.
“Heart of Town” riporta ai climi dei primi Red House Painters, dalle stilettate galattiche della chitarra in trance, al nervoso pattern acustico, alla jam altissima finale. “Nine-Legged Spider” è un ragtime dada-atonale bisbigliato, e intervallato da riff metal, un po’ la sua concezione di varietà. Ma l’apice dei toni horror sta nell’estesa “Pure Ash Dream”, tra dissonanze stridenti, organo, timpani e un confabulare a mezza voce. Il solo timpano per due secondi lancia poi una stasi molto più meditabonda, quasi una “All Tomorrow’s Parties” dei Velvet Underground cantata dai Beach Boys, in versione rallentata.
La title track del disco precedente compare qui storpiata nel titolo e chiude l’opera: all’inizio suona come una toccata acustica degna di Simon & Garfunkel e Donovan, ma poi esplode frantumando la quiete da cui poco prima attingeva a piene mani.
Mariotti, con l’aiuto di Francesco D’Elia, scrive e congegna un disco dall’ostica collocazione (non solo nel panorama italiano), trasversale, aristocraticamente enigmatico. Esplode, e si apprezza, in due tempi: dapprima è una collezione di canzoni oblique, poi sconfina nella metafisica, nel crepuscolarismo disturbante. Colto e internazionale in ambo i casi, anche se non sempre lineare. Completato da Wassilkij Kropotkin (multistrumentista anche a synth e violino, già con Mariotti dai tempi di “Beach Party”) e Simone Vassallo (batteria), prodotto dalla band con Marco Olivi, masterizzato da Giovanni Versari. Scatto di copertina di Ilaria Magliocchetti Lombi.
27/11/2012