L'instancabile maestro dell'ambient music Steve Roach torna con cadenza annuale a rifornire della propria musica il catalogo Projekt. Fissatosi ormai da un paio d'anni a questa parte sulla cifra dei due album solisti all'anno – generalmente uno per l'etichetta di Sam Rosenthal e uno per la sua Timeroom – collaborazioni e live esclusi, il musicista californiano pare aver fatto coincidere una netta riduzione di prolificità a un aumento deciso della qualità media dei suoi lavori, tanto che i più recenti possono annoverarsi quasi tutti tra i più riusciti della sua carriera.
Dopo i due gioielli con cui aveva segnato l'inizio di questo 2013 – l'ipnotica collaborazione con il fido Byron Metcalf per “Tales From The Ultra Tribe” e l'ermetico e notturno “Soul Tones” - Roach sigla in questo nuovo “Future Flows” una sorta di collage di gran parte delle sue esperienze più incontaminate, in un'operazione che ricorda molto da vicino quanto fatto nel 2007 con “Arc Of Passion”. Ci sono l'ormai immancabile purezza cosmica di “The Magnificent Void”, il melodismo camaleontico, i droni scorrevoli, le sequenze analogiche di “Sigh Of Ages” e i climi plumbei di dello stesso “Soul Tones”.
Il risultato è un album che finisce per autocitarsi più del solito, senza per questo far mancare l'ormai usuale, elevatissima qualità. Il sogno cosmico dell'iniziale “An Omnipresent Sense Prevails” e l'oscuro affresco spaziale di “Rapt In Night” non fanno dunque mancare più d'un inchino ai conterranei Michael Stearns e Michael Amerlan, segnando l'ennesima intersezione fra loro fondamentali linguaggi sonori.
L'atarassia sovrana in “Spectrum Of Change” e il candore livido di “Heart Of Light” toccano invece territori di stampo più squisitamente drone, pronti ad assumere connotati più colorati fra i richiami sussurrati di “Air Meditation” e le sentinelle in coro della conclusiva “Regeneration Revelation”. A completare il quadro i due lunghi tappeti di saliscendi analogici di “The Texture Of Remembering” e, soprattutto, “The Future Flows From Here”, che cercano con nostalgia i tempi del mai abbastanza considerato “World's Edge”.
“Future Flows” è probabilmente il disco più interlocutorio e variegato dello Steve Roach degli ultimi anni, ma non per questo un lavoro che smentisca lo stato di forma smagliante che sembra averlo pervaso negli ultimi cinque anni. Inanellando l'ennesimo episodio positivo – anche se questa volta non così vicino all'eccellenza – il californiano aggiunge l'ennesimo tassello alla sua immagine di dominatore incontrastato dell'ambient music. Un trono che si fa ogni disco più alto e più difficile, per chiunque, anche solo da avvicinare.
08/07/2013