Sceglie il momento giusto, Alynda Lee Segarra, per comporre quello che si può definire il suo disco della vita, non tanto dal punto di vista del puro conseguimento, ma nel senso che in “Small Town Heroes” è riuscita a far trapelare la sua storia. Nata figlia di immigrati portoricani a New York e cresciuta dalla zia più che dai genitori, Alynda ha infatti passato l’adolescenza a viaggiare dal Bronx al Lower East Side, attratta dalla scena punk e dalle riot grrl. All’età di diciassette anni se ne va di casa e comincia a girare per gli Stati Uniti scroccando passaggi sui treni merci, proprio come nelle migliori storie hobo.
In “Small Town Heroes” si muove con estrema vitalità e passione tra spiritual a occhi chiusi (“Forever Is Just A Day”) e sommessi, trascina(n)ti (“St. Roch’s Blues”) brani roots (“Good Times Blues (An Outlaw’s Lament)”, che ricorda la migliore Jolie Holland), lasciando sempre in primo piano quel tono da musica di strada che è difficile trovare in uscite di questo tipo, e difficilmente con la classe di “Small Town Heroes” (“No One Else”, “I Know It’s Wrong (But That’s Alright)”).
L’interpretazione di Alynda mostra poi il carisma di una Nona Marie Invie col cappello di paglia (“Blue Ridge Mountain”), regalando momenti di emozionante ubiquità (“The New SF Bay Blues”) e di pura, sincera indignazione (“The Body Electric”, dedicata a Damini).
Una delle uscite di Americana più vitali e credibili degli ultimi anni, che si spera rappresenti il vero trampolino di lancio per la Segarra. Un'ottima dedica a Levon Helm nel mezzo.
27/03/2014