Chi ha superato i trent’anni d’età magari ricorda il nome dei Rats, formazione di pop-rock italiano di qualche successo negli anni 90, con il pezzo “Chiara” che li portò alla ribalta mediatica; o magari li ricorda invece per la loro collaborazione con Luciano Ligabue (nell’album “Indiani Padani”). Al contrario, chi ha una decina di anni in più, e dei gusti meno convenzionali, li ricorda per essere stati, almeno in origine, uno dei primi gruppi punk italiani, e uno dei più dirompenti.
Ciò che divide queste due incarnazioni è abbastanza semplice a grandi linee: altri tempi (la fondazione del gruppo è del 1979), altra formazione (Wilko alla chitarra, Frenz al basso, Leo alla batteria e Claudia Lloyd come voce, di cui il solo Wilko Zanni rimarrà); e ben altra spinta fu quella che carburava in questo quartetto della provincia di Modena, riuscendo a infiammare il Festival del Rock a Roma nel 1981 e a convincere sia la Italian Records che Red Ronnie (a quei tempi un importante scopritore di talenti e forte sostenitore della nuova onda italica) a produrre in pochissimo tempo il loro primo album, il qui presente “C’est disco”. Riuscirono addirittura a “colpire” il celebre John Peel, che li fece conoscere all’estero molto più che in patria, rendendoli un caso più unico che raro non solo per il periodo ma per tutta la storia della musica alternativa della penisola.
Da notare che la subitanea notorietà a livello internazionale rese il vinile introvabile se non a prezzi molto alti e di fatto decimando le vendite nel nostro paese (da qui si spiega in parte l’odierna ristampa in doppia versione inseparabile sia in vinile che in cd). Questo, e l’interesse nascente della
Italian Records verso la
italo-disco, portarono a divergenze col/nel gruppo e alla fuoriuscita della cantante Claudia Lloyd nel 1985, facendo sì che la direzione sperimentale e rumorosa del progetto si addolcisse parecchio (come testimonia l’Ep del 1987, che contiene almeno un brano previsto per il secondo album completo, che avrebbe dovuto chiamarsi “Tenera è la notte”), fino a che la defezione di altri due membri originali nonché il contatto con altri nomi emergenti della musica Italiana non condusse la nuova incarnazione pienamente dentro al canonico rock italiano. E qui finiscono i primi, dimenticati, eclatanti, introvabili Rats. Almeno fino ad oggi.
Come accennato, il disco d’esordio fu scritto in fretta e furia e con pochissimi mezzi, se non una primitiva forza e una gran voglia di sperimentare, all'insegna del
fai-da-te tipico del punk, ma con idee molte chiare e decisamente più evolute: non la
new wave morbida che avrebbe caratterizzato la stagione italiana di lì a una manciata di anni, ma l’ossessività dei
Pil di “
Metal Box”, i fumi industriali dei
Throbbing Gristle (al cui tributo della Nice Records di Red Ronnie, appunto, parteciparono assieme a
Confusional Quartet, XX Century Zorro e una pletora di bizzarri protagonisti), la
disco-music mutante, assimilati e fatti propri imprimendo una direzione più personale – grazie al contributo di Claudia Lloyd, anche alla scrittura - di una semplice riproposta dei modelli esteri.
E in questo sta la grandissima forza dei Rats, l’espressività grezza ma di una maturità encomiabile; purtroppo la durata complessiva sotto la mezz’ora porta a una certa insoddisfazione per noi che siamo abituati a dischi lunghi il doppio, e sorge il rimpianto per questa cometa che avrebbe potuto veramente fare la differenza nel panorama musicale, e fu invece affogata da questioni di
business.
Ma in questa mezz’ora si ha un assaggio significativo delle idee del gruppo: un suono a volte spastico (“Please”, fatto di dissonanze secche) a volte accattivante (“Off”, che si sorregge sulle ritmiche profonde da tamburo), a volte diretto come un trapano (“Pill”), pienamente punk nella sua tenebrosità (“Spacciatori”) a volte vicino alla sperimentazione d’oltremanica (la quasi recitata “Limbo”, l’iniziale “Nazi” e la citata “C’est disco”, nella sua forma distorta di ballabilità.
Si aggiunge in coda al cd l’introvabile pezzo “Tattoo”, previsto per il mancato secondo album e finito sul menzionato tributo ai
Throbbing Gristle, che parte con una registrazione di Carmelo Bene, passando per tocchi atonali di sintetizzatore e proseguendo come un buon pezzo di post-punk, calmo rispetto i precedenti.
Tirando le somme, dare un voto a questa ristampa è meno facile del previsto: da una parte abbiamo il sempre encomiabile lavoro della Spittle, sebbene sul sito della rediviva Italian Records si vociferasse la presenza dei brani inediti di “Tenera è la notte”, invece praticamente assenti. Da un’altra parte abbiamo un innegabile pezzo di storia della musica che per mille vicessitudini non è riuscita a farsi largo, uno stile che non ha nulla da invidiare alle coeve opere anglosassoni e che non è più stato ripreso da nessuno, almeno sul nostro suolo.
Ma i 33 anni di attesa trascorsi ne hanno intaccato la freschezza, anche nella sua ingenuità e nel suo minuscolo minutaggio, smorzandone decisamente l’impatto, di certo dirompente per un paese che culturalmente ha sempre faticato ad aggiornarsi e musicalmente si sempre riconosciuto neomelodico, provinciale, sorridente: un paese del quale i Rats erano una sorta di antitesi.
Impossibile mantenere la stessa presa oggi, nonostante la forza innegabile dei pezzi. L’uscita ha purtroppo valore più per il nostalgico o per l’appassionato, è altresì soddisfacente per chi ama l’amaro suono del dopo-punk meno condiscendente, ma avulso del suo contesto e del suo contrasto generazionale, difficilmente troverà giovani su cui attecchire.
25/02/2014