Aver avuto il piacere di conversare amabilmente con Sam Rosenthal ben prima di iniziare a buttar giù qualche riga sul nuovo frutto del suo progetto "2001"-inspired ha forse tolto un po' del piacere di lasciarsi sorprendere. Indubbiamente il rapporto fra il prezzo e il guadagno - ovvero una chiacchierata impagabile e piena di aneddoti come quella che Sam ci ha regalato – è sbilanciatissimo a favore di quest'ultimo. Soprattutto considerando l'altissimo valore di “MONOLITH”, disponibile da settimane per il free download su Bandcamp (in parallelo a una petizione Kickstarter per la stampa fisica in 300 copie) e sufficiente da solo a trasformare l'ascolto in una vera e propria avventura.
Otto anni dopo “POD” - con di mezzo il controverso “10 Neurotics”, un ottimo remix album e tante voci (recentemente anche confermate) di novità in arrivo sul versante Black Tape For A Blue Girl, e l'altra faccia della medaglia ambientale (“The Passage”) e una ristampa di vecchi amori elettronici a base di sequencer – il viaggio riparte come si fosse interrotto ieri. Dave Bowman torna a scrivere il suo ipotetico diario, stavolta usando carta e penna e regalandoci un compendio di emozioni, ricordi, immagini e sentimenti che nel documentale “POD” erano rimasti segreti.
La partenza di “Failure Of The A-35 Unit Radio Antenna” è già esplicativa del balzo in avanti stilistico: un amalgama di armoniche a cavallo fra dramma e speranza, luce accecante con alle spalle un'ombra avvolgente. Quest'ultima domina incontrastata su tutti e 18 i minuti di “Moon-Skimmer”, più vicino a “Zeit” che a Steve Roach, intriso di quel realismo cosmico che la scuola krauta versante Berlino ha reso linguaggio musicale autonomo. Ma è un'eccezione, l'unico passaggio in cui la cronaca mantiene una linearità razionale.
Se in “POD” Sam impugnava la camera a mano riprendendo una nave alla deriva le cui componenti esteriore (lo spazio circostante, fra buchi neri, astri sparsi e rari bagliori) e interiore (i sentimenti “annullati” di un Bowman in viaggio verso il nulla) coincidevano nel mood e nella (non)-evoluzione, qui Dave si riappropria quantomai della sua umanità. Così “Manoeuvring Over The Jupiter Monolith” racconta la manovra riproducendo le sensazioni del protagonista, passando dalle tese contorsioni dei primi minuti alla quiete abbagliante del finale.
Ma il vero fiore all'occhiello del disco, e vetta massima dell'intero progetto fino ad oggi, è rappresentato dai tre quarti d'ora abbondanti della suite “A Long, Dark Corridor Filled With Lights. A Memory. And Then A Bright Room With Air.”. Un flashback di Bowman alla sua vita terrena, un flusso di immagini, sensazioni e ricordi, che parte fra armoniche ardenti, accoglienti prima e sempre più spoglie e inquiete poi, fino alle sinewaves oscure ma rassicuranti della seconda fase. A lungo andare si fa l'abitudine al buio, al punto tale che le luci del finale diventano quasi taglienti, dolorose.
Non è solo Dave Bowman a restituire al racconto la sua interiorità, ma lo stesso Rosenthal, che si serve del personaggio per indagare con l'usuale maestria uno stato d'animo comune quanto complesso come la solitudine. “MONOLITH” è l'inversione di marcia verso l'introspezione di un genio creativo fino ad oggi affascinato, in ordine di tempo, dalla sensualità, dall'estasi, dal misticismo e dalla perversione. Un capitolo necessario per chiunque abbia seguito i travagli interiori di Sam Rosenthal e si sia innamorato, istantaneamente o nel tempo, delle sue straordinarie e sempre più variegate tecniche narrative.
19/05/2015