E pensare che la lunga storia dei New Order sarebbe potuta finire una volta per tutte dopo "Waiting For The Sirens' Call" e la separazione burrascosa da Peter Hook avvenuta nel 2007. Tutto è rimasto in standby per molto tempo, con il bassista alle prese con tour celebrativi e cause in tribunale per inibire agli ex-compagni l'uso dell'insegna storica, Gillian Gilbert a sfidare un cancro al seno (dopo "Get Ready" si è concessa una lunga pausa per dedicarsi totalmente alla famiglia, in particolare alla figlia Grace, oggi adolescente rimasta per molti anni paralizzata dalla vita in giù) e Bernard Sumner preso dal side project di modesti riscontri Bad Lieutenant e dalla stesura dell'autobiografia "Chapter and Verse" (attenzione, a quanto pare anche Stephen Morris sta lavorando alla propria). I primi dieci anni di attività sono stati oggetto di ristampe da molti criticate per la scarsa cura nei dettagli e alcuni vistosi difetti di mastering successivamente corretti, poi un'antologia di dubbia utilità ha messo in fila le hit di maggior successo subito dopo una manciata di classici dei Joy Division ("Total"). A far terminare il limbo è stata la malattia dell'amico di lunga data della band Michael H. Shamberg, che proprio grazie al video di "True Faith" ricevette una nomination ai Brit Awards nel 1988: una serie di concerti è stata allestita per raccogliere fondi per le cure del videomaker, che però purtroppo alla fine non ce l'ha fatta.
La soap opera che precede l'uscita di "Music Complete", insomma, non ha fatto intravedere troppa luce in fondo al tunnel. E invece eccoli, freschi di contratto stipulato con l'etichetta Mute di Daniel Miller dopo un glorioso passato con la Factory (poi assorbita dalla London) e due più recenti capitoli - tre, se si considera la tutt'altro che disprezzabile collezione di outtake "Lost Sirens" - con la Warner Music a consegnarci un disco che più neworderiano di così non si può. Ci sono tutti gli elementi che li hanno resi unici nell'arena affollata del synth-pop anni Ottanta e che ancora oggi li rendono un gruppo rilevante non solo agli occhi di un pugno di irriducibili, inguaribili nostalgici, bensì per un'indie crowd assolutamente multi-generazionale: le chitarre ora graffianti, ora ruffiane, i sintetizzatori, la voce distaccata di Bernie, l'alone di mistero nei testi. Niente è cambiato, un po' come il taglio di capelli sempre uguale di un cantante e chitarrista che invecchia come il buon vino. Eppure molto è diverso: non c'è più molto spazio per le jam session, l'imperativo è creare tutto con i computer. E c'è bisogno di nuove leve cui drenare linfa vitale: visto che più di qualcuno che deve dire loro grazie, dai discoli Craft Spells che hanno ricalcato "Bizarre Love Triangle" ("After The Moment") fino agli Hot Chip, passando per i La Roux di Elly Jackson che qui partecipa in un tris vincente d'assi, perché mai dovrebbero sentirsi in colpa nel farlo? Quello con Elly, poi, è un match made in heaven: se nella moroderiana "Plastic" ha un ruolo di complemento con Denise Johnson, nota per il suo lavoro con i Primal Scream, in "Tutti Frutti" riesce a ritagliarsi uno spazio da co-protagonista analogo a quello che fu dieci anni fa della sorella-forbice Ana Matronic in "Jetstream", e in "People On The High Line", da furba e divertita complice, si lascia trasportare sulla pista da ballo da un funky sensuale à-la Nile Rodgers.
La lista dei collaboratori è solo all'inizio. La nuova formazione, che oggi comprende anche Tom Chapman - sodale di Bernard già in "Never Cry Another Tear" - e quel Phil Cunningham che sostituì Gillian nel penultimo lavoro del gruppo mancuniano, ha unito idoli e discepoli operando una sintesi encomiabile che non riusciva così bene dai tempi di "Technique": il cameo in italiano di Giacomo Cavagna regala un tocco kitsch a "Tutti Frutti" (un titolo che è tutto un programma, ma il synth-pop è terra di conquista almeno dai tempi di "Paninaro" dei cugini Pet Shop Boys e di "There's More to Love Than Boy Meets Girl" dei Communards) che si può perdonare - il brano è un tour de force che unisce una base in forte odore di Daft Punk (i primi, quelli di "Musique") e archi che fanno da sfondo a un ritornello che ricorda, volente o nolente, "The Night You Murdered Love" degli Abc. Una serata noiosa trascorsa a fare zapping ha spinto Bernard a scrivere la poesia che è diventata poi il testo recitato da Iggy Pop in "Stray Dog" (per la serie "a volte basta chiedere", il tutto sarebbe evoluto dopo uno scambio di e-mail), il brano che più di tutti rievoca lo spettro di Ian Curtis (fan dell'Iguana e in particolare di "The Idiot", disco che girava anche quel maledetto 18 maggio del 1980) su una base che sa di "She's Lost Control" dall'inizio alla fine. Il feeling tra i New Order e i Chemical Brothers è collaudato (i secondi produssero "Here To Stay", e prima ancora coinvolsero Sumner in "Out Of Control") e qui Tom Rowlands mostra di saper mettere le mani nei pezzi giusti ("Singularity" e la travolgente "Unlearn This Hatred", quasi un anthem estivo fuori stagione), Stuart Price mette a disposizione un po' della sua polvere magica in "Superheated" e Brandon Flowers, che deve ai New Order anche il nome della sua band ("The Killers" era la band fittizia che compariva nel video di "Crystal"), si conferma il mattatore pop di sempre appoggiandosi a una melodia per cui oggi gli Erasure ucciderebbero.
Alla grande festa manca lui, Hooky. Non c'è, a quanto pare non ci sarà più, accecato com'è dall'astio nei confronti di Bernard dopo un buon trentennio di musica insieme. Ma gli altri si sono messi l'anima in pace: "Meglio così, non siamo una madre e un padre che devono restare insieme per il bene dei propri pargoli". Ciò che stupisce è che, in fondo, non si sente poi tanto la sua mancanza: non è facile rimpiazzare uno dei bassisti dal suono più riconoscibile degli ultimi quattro decenni, eppure il lavoro di Chapmancha è egregio in ogni brano del lotto. Il titolo dell'album scherza sulla musique concréte, la copertina di Peter Saville (uno di famiglia, lo sappiamo bene) richiama i tableau degli anni Venti di Piet Mondrian ma il suono è quanto di più fresco e accessibile ci si potesse aspettare. Al contempo squisitamente passatista e incastrata alla perfezione nel presente, "Music Complete" è la solita summa magistrale di riff dolceamari, beat irresistibili, energia creativa e un po' di sano mestiere che viene in soccorso quando si tratta di rendere meno insipido un brano come "Restless" (in debito tanto con "Regret" quanto con la meno datata "Turn"). Poi, che si tratti di un un addio, di un completamento di un percorso o dell'inizio di una nuova fase, poco davvero importa. Sin dal primo ascolto è fin troppo chiaro che i New Order sono di nuovo tra noi, e che se i risultati sono questi conviene tenerceli stretti.
30/09/2015