Tim Hecker

Norberg / Apondalifa

2015 (Room40)
ambient-drone

Qualche anno prima che la sua figura venisse riconosciuta come una delle più importanti nell'ambito della musica elettronica contemporanea, il mai troppo prolifico Tim Hecker trovò il tempo di pubblicare per Room40 due piccoli gioielli. L'uno su formato Ep, l'altro in 7”, sostanzialmente due tesori perduti e ignorati dalla gran parte di coloro che da “An Imaginary Country” in poi hanno iniziato a seguire con costanza il percorso artistico dell'artista canadese. Trattasi, a posteriori, anche di due testimonianze piuttosto importanti all'interno della sua carriera, efficaci sfumature del passaggio dalla poetica basinskiana di “Harmony In Ultraviolet” a quella prima forma di architettura sonora (pre-)sacrale che fu proprio “An Imaginary Country”.

A distanza di quasi un decennio, l'etichetta di Lawrence English ha deciso di restituire all'attenzione del pubblico le due composizioni “perdute” (ma ancora disponibili in una manciata di copie nei formati originali sullo store online), riunendole sui due lati di un unico Lp. E non è un caso che questa ristampa arrivi proprio in un momento in cui l'idea di musica atmosferica evoluta da Tim Hecker, che ha trovato nel capolavoro “Virgins” il suo compimento (per il momento) ultimo e definitivo, pare essersi riflessa nelle traiettorie intraprese da molti suoi contemporanei, English stesso in testa con lo straordinario “Wilderness Of Mirrors” (ma anche le ultime prove di John Chantler e Rafael Anton Irisarri non sono da meno).

La prima delle due suite, “Norberg”, rappresenta la radice di quella coappartenenza tra rumore e droni che avrebbe costituito l'essenza fondativa della poetica di Hecker da quel momento in poi. I suoi venti minuti muovono infatti da un gruzzolo di note, in principio organizzate ancora in forma di pattern circolari, dalle quali il rumore penetra e fuoriesce, espandendole progressivamente fino a trasformarle in un groviglio di armoniche e a rimanervi “imprigionato”. In un'autentica operazione di destruktion da antologia, Hecker rimette in libertà la sostanza sonora che sarebbe divenuta nei lavori a venire strumento espressivo nelle sue mani, pronta a essere plasmata in quelle possenti architetture divenute oggi autentico marchio di fabbrica.

“Apondalifa”, le cui due metà sono qui ricomposte in un unicum, è il passo successivo, la prima caratterizzazione autentica del “nuovo” gergo sonoro elaborato in “Norberg”. Lasciandosi alle spalle l'isolazionismo in cui sfociava quest'ultimo, il brano inaugura quelle stratificazioni armoniche che avrebbero costituito la forma prima delle “cattedrali sonore” di “Ravedeath, 1972”. L'artista ripete e moltiplica il processo creativo della suite precedente, andando a creare strati densissimi di suono, e accogliendo (altra costante futura) nel soundscape suoni organici rielaborati. Così gli arpeggi di una chitarra e qualche sparuta nota di pianoforte sono chiamati a far parte della massa sonora, che proprio su di essi si evolve e attorciglia, in un crescendo lento e costante che ri-declina in un lasso di tempo vasto l'idea di impeto.

Quasi una premonizione, pensandoci oggi, alla luce di “Virgins” ma anche (e soprattutto) dei tanti che da lì in poi hanno fatto propria questa poetica dell'“impatto armonico” diluito nel tempo. Chi abbinandovi moti interiori, traducendovi riflessioni, istinti, emozioni, ridando così centralità all'“ambiente interiore” in ambito di musica atmosferica. Chi, più semplicemente, appropriandosene su un piano puramente fisico, per giocare a costruire muri di suono invalicabili. Qualsiasi sia il caso, una radice importante di tutto questo si trova qui, in questi due gioielli dimenticati. Che ora possono finalmente trovare il giusto posto nella carriera di quello che resta uno dei sound designer più visionari e uno degli artisti più geniali dei nostri tempi.

05/11/2015

Tracklist

Norberg

  1. Norberg

Apondalifa

  1. Apondalifa (Part One & Part Two)

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