Bizzarra genia, quella dei Cardiacs, gruppo inglese che, senza pudore, in pieni anni 70 metteva in fila progressive, Canterbury e psichedelia sposandoli con il punk, dando vita all’ibrido ideologico più trasgressivo di quell’epoca.
Due attacchi cardiaci (sinistra coincidenza) impedirono per anni al leader Tim Smith di proseguire il suo visionario percorso di destabilizzazione sonora - nel frattempo la band era diventata una delle realtà di culto più interessanti e originali.
Come i Gong e Frank Zappa, scavando nell’underground, i Cardiacs hanno consegnato al loro pubblico una serie di album dalle strutture complesse e ardue, un patrimonio creativo che rappresenta l’archetipo perfetto del rifiuto del mainstream.
Ex-tastierista della band inglese (1983-1992), William D Drake è noto anche per essere un lontano cugino di Nick Drake. Tra le band incrociate nel suo percorso post-Cardiacs sono da ricordare soprattutto la North Sea Radio Orchestra e i Sea Nyhmphs.
“Revere Reach” è il quinto capitolo solista, un album che sottolinea gli aspetti più colti della sua musica, con l’abbandono quasi definitivo di elementi punk e un’affinità sempre più evidente con gli eroi più introversi e arcani del prog-rock, ovvero Peter Hammill, Robert Wyatt e Vivian Stanshall.
Il suono si è fatto meno frenetico e corrosivo, l’apparente soavità nasconde però un sarcasmo quasi grottesco, che sposa il surrealismo con gradevoli contrasti ritmici e armonici che sono sempre più rari nella produzione contemporanea. Il matrimonio tra progressive e folk già celebrato da Amazing Blondel, Malicorne e più arditamente dai Gentle Giant di “Aquiring The Taste”, è il vero punto nodale di quest’avventuroso ed eclettico album, dove fantasia e creatività sono evidenti già dalla splendida copertina della pittrice inglese Orlanda Bloom.
Accompagnato dai fratelli James e Richard Larcombe (ovvero i Stars in Battledress) da Nicky Bageant e Andrea Parker, il tastierista inglese con harmonium, mellotron, toy piano, sheltone, television organ, optigon, glockenspiel, whirly tube, voice box e piano dà vita a un aristocratico timbro sonoro di tastiere e fiati, che tra madrigali, scampoli di classica e minimalismo mette a tacere qualsiasi tentativo di suonare retrò o nostalgico.
“Revere Reach” è un album vario e stimolante, ci sono curiose ibridazioni tra folk e jazz da crooner nella ballata per piano e voce femminile “Castaway”, e bizzarri contrappunti tra folk e suoni da big band nello scioglilingua di “Distant Buzzing”; nel mezzo, autentici colpi di genio come “The Blind Boy”, che ridisegna l’art-rock dei 70 passando per le sue riletture post-rock.
Annullando qualsiasi dimensione temporale, Drake intona canzoni da osteria in “Lifeblood”, pizzica la polifonia con cori e madrigali in stile Canterbury nella romantica “Be Here Steryear”, e alfine rispolvera la tradizione delle canzoni marinare con toni folk-gothic nella complessa “Heart Of Oak”, dove il richiamo ai Gentle Giant diventa ancor più forte e pregnante.
Al di là delle citazioni stilistiche, quello che veramente impressiona è la qualità delle canzoni e delle progressioni strumentali dell’album, sempre colte e raffinate e nel contempo essenziali.
La magia cristallina e pura del delicato folk di “In Converse“, la teatralità barocca con fiati e hurdy gurdy nell’esemplare flusso melodico di “A Husk” e l’atmosfera quasi infanticida di “Liferaft” sono esemplari rari, che rendono ancor più prezioso questo inatteso e avvincente progetto di un musicista da riscoprire e amare senza paura.
16/06/2015