Dai primi anni Duemila fino alla sonorizzazione di "Maicol Jecson", gli Amari non si sono mai presi una lunga pausa e hanno - in tutta probabilità - esplorato con attenzione tutto l'esplorabile del loro repertorio. Forse non i pionieri assoluti di un genere, ma certamente i detentori a pieno titolo del suffisso proto- davanti alla loro musica. Ma proto- cosa? Non si può dire ancora con certezza, poiché un nome non ce l'ha, ma esiste: I Cani, Calcutta, Gazzelle, Cosmo, ma anche le loro declinazioni filo-hip-hop come Coez, Carl Brave x Franco126, ma soprattutto il nonsense electro-pop di Davide Panizza e compagni sono tutti - in qualche modo - figli degli Amari. Dunque Dariella, Pasta e Cero antesignani di un movimento musicale in corso di sviluppo? In parte sì. La si voglia chiamare diesagiowave, come la fanbase si autodefinisce sui social, o semplicemente alt-pop, se non addirittura indie-pop in senso molto lato, tuttavia resta inoppugnabile che sia un'ondata tangibile, di cui il successo del "pop sbagliato" della formazione udinese non fu che la prefazione. E mentre adesso qualcuno proverà a confrontare il mood annoiato e autoironico di "Gite fuori porta" con "Secchio" dei Pop X, c'è da comprendere cosa hanno ancora da dire gli Amari dinanzi a una generazione di discepoli.
Dopo il synth-pop malinconico di "Kilometri", che svuotava il sound elettronico dal suo solito approccio barocco ricavandone un volto più cantautorale, "Polverone" decide di rimettere in gioco il lato pop-rap su uno scenario elettronico aggiornato alle ultime tendenze. I momenti contraddistinti da strofe in flow si appellano alla declinazione dell'hip-hop italiano che trova in Mecna (e talvolta in Dargen D'Amico) il suo riferimento. L'unico brano totalmente rap, con evidente influenza dalla trap, è la recherche du temps perdu "Punkabbestia", che racconta la nostalgia per i momenti adolescenziali giocando sulla denominazione punkabbestia/punk-a-bestia, categorizzazione provinciale dei giovani alternativi di qualche decade fa. L'autotune è il marchio inconfondibile di ogni ritornello cantato sin dalla prima traccia "Prima di partire", che, accompagnata da arpeggio, beat soffusi e qualche collage sonoro, ammicca con ardore alla dub di Jamie XX (ma anche ai vocalizzi elettrici di Kanye West).
A guardare meglio gli sfondi sintetici di "Polverone", ci si accorge presto che le influenze dai vari Soulwax e Air dei precedenti dischi sono state in buona parte superate. Piuttosto, i comparti elettronici di brani come "L'amore si prova", "Portami in vacanza con te", "I documentari sullo Spazio" hanno le sfumature di quella prima collaborazione tra Marcus Acher e Themselves denominata 13 & God, in cui i sample si alternano irregolari e apparentemente caotici per costruire forme hip-hop inconsuete. Il lavoro degli Amari su questi pezzi è di attenta smerigliatura, allo scopo di rendere godibile e pop anche questa innovazione nel sound, talvolta con qualche claphands di troppo, altre volte con un ritornello scanzonato e catchy. È evidente, d'altronde, che c'è voglia di provare cose nuove, ed emerge nell'intermezzo "Italian smemorato" e nella traccia di chiusura "Telefonata con mia mamma": campionature di voci (persino la presumibile madre di uno dei componenti della band), passaggi downtempo, imperfezioni sonore che valicano finalmente la soglia del pop e si avventurano verso un alt-rap sullo stile di cLOUDDEAD (da molto lontano).
Sul versante dell'electro-pop, "Dinosauro" (citazione esplicita a Kenshiro) e "Gatti di polvere" recuperano le ispirazioni di Notwist e Lali Puna, unite a qualche effetto in voga, creando i singoli perfetti tanto per le nuovissime generazioni (che riscontreranno di certo la somiglianza con gli ultimi tormentoni di Cosmo e Gazzelle), quanto per i vecchi fan, attratti da una scrittura sempre lineare e post-adolescenziale.
Difficile dire cosa renda gli Amari unici nel loro modo di essere, in fondo, simile a tanti altri. Testi intuitivi e prevedibili, ma comunque avvolti da un velo di malinconia profonda e da un senso del tempo opprimente; tinte elettroniche orecchiabili, ma capaci di distinguersi quel poco che basta dal mondo dei Subsonica e affini; un'ironia sottile e citazionista che alle volte ricorda Max Pezzali, ma facilmente ne supera il perbenismo e la banalità. Dariella, Pasta e Cero restano consapevoli di essere "dinosauri", abituati a un clima diverso: a Mtv brand:new, alle sonorità dance, all'hip-hop old school, ma non vogliono darsi per estinti; hanno voglia di provarci ancora tirando fuori qualche asso nella manica. Peccato che siamo molto lontani dall'innovare e "Polverone" resterà nei ranghi del riformare.
(24/10/2017)