La complessità nel parlare degli Amari non risiede tanto nella loro musica, quanto nella portata culturale che questa (inaspettatamente) ha avuto. Con l'incedere del presente perdiamo di vista la reale progressione del tempo; "Grand Master Mogol" dista dodici anni da oggi, e in dodici anni succedono davvero molte cose. Ma bando agli ermetismi sul tempo, dissipiamo questo polverone.
Dai primi anni Duemila fino alla sonorizzazione di "Maicol Jecson", gli Amari non si sono mai presi una lunga pausa e hanno - in tutta probabilità - esplorato con attenzione tutto l'esplorabile del loro repertorio. Forse non i pionieri assoluti di un genere, ma certamente i detentori a pieno titolo del suffisso proto- davanti alla loro musica. Ma proto- cosa? Non si può dire ancora con certezza, poiché un nome non ce l'ha, ma esiste: I Cani, Calcutta, Gazzelle, Cosmo, ma anche le loro declinazioni filo-hip-hop come Coez, Carl Brave x Franco126, ma soprattutto il nonsense electro-pop di Davide Panizza e compagni sono tutti - in qualche modo - figli degli Amari. Dunque Dariella, Pasta e Cero antesignani di un movimento musicale in corso di sviluppo? In parte sì. La si voglia chiamare diesagiowave, come la fanbase si autodefinisce sui social, o semplicemente alt-pop, se non addirittura indie-pop in senso molto lato, tuttavia resta inoppugnabile che sia un'ondata tangibile, di cui il successo del "pop sbagliato" della formazione udinese non fu che la prefazione. E mentre adesso qualcuno proverà a confrontare il mood annoiato e autoironico di "Gite fuori porta" con "Secchio" dei Pop X, c'è da comprendere cosa hanno ancora da dire gli Amari dinanzi a una generazione di discepoli.
Dopo il synth-pop malinconico di "Kilometri", che svuotava il sound elettronico dal suo solito approccio barocco ricavandone un volto più cantautorale, "Polverone" decide di rimettere in gioco il lato pop-rap su uno scenario elettronico aggiornato alle ultime tendenze. I momenti contraddistinti da strofe in flow si appellano alla declinazione dell'hip-hop italiano che trova in Mecna (e talvolta in Dargen D'Amico) il suo riferimento. L'unico brano totalmente rap, con evidente influenza dalla trap, è la recherche du temps perdu "Punkabbestia", che racconta la nostalgia per i momenti adolescenziali giocando sulla denominazione punkabbestia/punk-a-bestia, categorizzazione provinciale dei giovani alternativi di qualche decade fa. L'autotune è il marchio inconfondibile di ogni ritornello cantato sin dalla prima traccia "Prima di partire", che, accompagnata da arpeggio, beat soffusi e qualche collage sonoro, ammicca con ardore alla dub di Jamie XX (ma anche ai vocalizzi elettrici di Kanye West).
A guardare meglio gli sfondi sintetici di "Polverone", ci si accorge presto che le influenze dai vari Soulwax e Air dei precedenti dischi sono state in buona parte superate. Piuttosto, i comparti elettronici di brani come "L'amore si prova", "Portami in vacanza con te", "I documentari sullo Spazio" hanno le sfumature di quella prima collaborazione tra Marcus Acher e Themselves denominata 13 & God, in cui i sample si alternano irregolari e apparentemente caotici per costruire forme hip-hop inconsuete. Il lavoro degli Amari su questi pezzi è di attenta smerigliatura, allo scopo di rendere godibile e pop anche questa innovazione nel sound, talvolta con qualche claphands di troppo, altre volte con un ritornello scanzonato e catchy. È evidente, d'altronde, che c'è voglia di provare cose nuove, ed emerge nell'intermezzo "Italian smemorato" e nella traccia di chiusura "Telefonata con mia mamma": campionature di voci (persino la presumibile madre di uno dei componenti della band), passaggi downtempo, imperfezioni sonore che valicano finalmente la soglia del pop e si avventurano verso un alt-rap sullo stile di cLOUDDEAD (da molto lontano).
Sul versante dell'electro-pop, "Dinosauro" (citazione esplicita a Kenshiro) e "Gatti di polvere" recuperano le ispirazioni di Notwist e Lali Puna, unite a qualche effetto in voga, creando i singoli perfetti tanto per le nuovissime generazioni (che riscontreranno di certo la somiglianza con gli ultimi tormentoni di Cosmo e Gazzelle), quanto per i vecchi fan, attratti da una scrittura sempre lineare e post-adolescenziale.
Difficile dire cosa renda gli Amari unici nel loro modo di essere, in fondo, simile a tanti altri. Testi intuitivi e prevedibili, ma comunque avvolti da un velo di malinconia profonda e da un senso del tempo opprimente; tinte elettroniche orecchiabili, ma capaci di distinguersi quel poco che basta dal mondo dei Subsonica e affini; un'ironia sottile e citazionista che alle volte ricorda Max Pezzali, ma facilmente ne supera il perbenismo e la banalità. Dariella, Pasta e Cero restano consapevoli di essere "dinosauri", abituati a un clima diverso: a Mtv brand:new, alle sonorità dance, all'hip-hop old school, ma non vogliono darsi per estinti; hanno voglia di provarci ancora tirando fuori qualche asso nella manica. Peccato che siamo molto lontani dall'innovare e "Polverone" resterà nei ranghi del riformare.
24/10/2017