Se ci fate caso, la discografia dei Baustelle si è caratterizzata nel tempo per un livello di complessità crescente: le parabole giovanilistiche dei primi due album hanno lasciato via via il campo alla maturità compositiva de “La malavita” e “Amen” (per molti il disco italiano dell’anno nel 2008), fino alle ambiziose ricerche testuali e orchestrali sublimate ne “I mistici dell’Occidente” e “Fantasma”.
Nelle poche interviste che hanno anticipato la pubblicazione de “L’amore e la violenza”, Francesco Bianconi ha definito “ingombrante” l’eredità di “Fantasma”, ennesima concretizzazione della tendenza alla perfezione formale che il trio di Montepulciano ha sempre perseguito, e che in questo caso ha fatto scattare la vitale esigenza di un “ritorno alle origini”, di una repentina inversione di marcia, in grado di ricondurre il loro suono alla freschezza e al ritmo degli esordi.
La prima associazione che viene in mente ascoltando il singolo anticipatore, “Amanda Lear”, è proprio con i suoni sintetici e sbarazzini de “La moda del lento”, un approccio distante anni luce dalla pretenziosità sinfonica e lirica raggiunta con “Fantasma”, una convinta sterzata verso una scrittura più “adolescenziale”, sì, ma che non intende rinunciare alla poetica “alta”, colta, ricercata, tipica del songwriting di Bianconi, oggi intento ad alternare drammatici temi d’attualità (l’idiozia di questi anni) con vivide istantanee che immortalano la quotidianità di ognuno di noi, mettendo in sequenza jihadisti e scambisti, attentati e discoteche, governi in bilico e dipendenze, guerre e sesso, violenza e amore.
Per queste ragioni “L’amore e la violenza” (dieci tracce più due brevi intermezzi strumentali, “Love” e “Continental Stomp”) è un disco che spiazza, perché i Baustelle per la prima volta non cercano un nuovo slancio deciso in avanti, verso lidi non ancora esplorati, ma preferiscono tornare indietro su territori già abilmente praticati in passato, mantenendo la ricerca ossessiva per la “canzone perfetta”, ma rischiando di far storcere il naso a quei fan che nel frattempo sono cresciuti assieme a loro e potrebbero non ritrovarsi più in certe architetture che tornano a farsi “giovanilistiche”.
I riferimenti sono grosso modo i medesimi del passato, quelli dove i Baustelle restano i primi della classe: tanto Battiato nel ritornello de “Il Vangelo di Giovanni” (a conferma dei consueti riferimenti mistico-religiosi), la scuola dei migliori chansonnier francesi in “Lepidoptera” e “Ragazzina”, i ganci che sanno far decollare le canzoni in “La vita” e nell'emozionante “Betty”, l’irresistibile synth-pop di “Amanda Lear” e “L’era dell’acquario”, la sensuale vocalità d’antan di Rachele Bastreghi in “La musica sinfonica” ed “Eurofestival” (con il solo finale di Claudio Brasini), i mai sopiti ricordi d’infanzia riesumati nel tema di "Sandokan" campionato in “Basso e batteria”, con tanto di vocoder à-la Daft Punk.
“L’amore e la violenza” è un disco “appiccicoso” (loro stessi lo hanno simpaticamente definito "oscenamente pop"), immagino si saranno divertiti un mondo a scriverlo e a suonarlo, e ravviva il grande mistero della fortunata ricetta dei Baustelle: come ritrovarsi inesorabilmente a canticchiarli sotto la doccia anche se di solito non si gradiscono “musica leggera” e ritornelli troppo easy.
Il baustellismo in questi anni ha fatto proseliti, ma soltanto gli originali riescono a mantenere così bene in equilibrio impegno e disimpegno, e anche se questa volta oggettivamente non estraggono dal cilindro particolari colpi di genio, fanno centro attraverso un processo di semplificazione delle strutture, che sfronda tutto il superfluo per puntare dritto verso l’orecchiabilità, confezionando quella che potremmo definire “leggerezza di spessore”.
Negli anni 80 (e perché no, nei 60) “L’amore e la violenza” sarebbe stata una raccolta di grandi successi, oggi è un lavoro che conferma con forza la volontà di Francesco Bianconi di rinnovare la grande tradizione cantautorale italiana, con buona pace dei tanti detrattori, che anche questa volta – statene certi – non mancheranno.
12/01/2017