Dopo aver dato prova delle propria immensa versatilità tirando fuori dal cilindro una cover come quella di "Your Love" del rimpianto e inarrivabile Frankie Knuckles, gli Horrors tornano in pista con il quinto album in carriera, intitolato semplicemente "V", tre anni dopo i fasti del bellissimo "Luminous". Il disco è stato registrato a Londra dal celebre produttore Paul Epworth (FKA Twigs, Adele, London Grammar, Coldplay, U2, Paul McCartney e tanti altri), e la band, sempre più capitanata dal buon Faris Badwan, per l'occasione ha deciso di stravolgere ancora una volta l'impianto sonoro, sganciando una dietro l'altra canzoni che ora prediligono una vocazione maggiormente elettronica per certi versi "danzante", ora invece si tingono di cyberpunk duro e puro, con chitarre abrasive, capaci di creare uno squarcio indelebile e per certi versi indefinibile. Del resto, che ai ragazzi sia sempre piaciuto cambiare direzione, pur mantenendo fede a una propria identità musicale, è cosa ampiamente risaputa.
Eppure, stavolta la sterzata è di quelle che si fanno sentire. E bastano i primi istanti di "Hologram", con la sua andatura contorta, deviata e disturbata per assaporare la nuova ricetta della band dell'Essex. Sembra quasi di ascoltare un'intrigante stropicciatura al rallentatore di "Army Of Me" del folletto islandese. Ma siamo solo all'inizio. La successiva "Press Enter To Exit" continua a sciogliere i nodi di una nuova legatura voltaica, avanzando a passo lento prima di aprirsi nel ritornello centrale con il consueto carico di luci e ombre, synth e chitarre. In netta contrapposizione, troviamo il primo singolo del lotto, l'aggressiva e distorta "Machine": con essa prende quota l'anima punk-garage della band. La voce di Faris si fa più cruda, la cascata di chitarre in coda si tinge di noise, l'incedere è assolutamente irresistibile e le parole denunciano una più che dovuta perplessità inerente l'eterno apparire figlio dei social e delle nuove tecnologie.
Un'ulteriore e autentica magia la regala "Ghost" con i suoi cinque minuti di pura ossessione electro-rock. Chitarre taglienti, vortici sintetici da tappeto e un crescendo tanto imperioso, quanto calamitoso fungono da mescola perfetta. Mentre le velleità pulsanti e danzanti dell'album trovano il loro punto massimo nei tempi house di "Point Of No Reply", ma soprattutto nella conclusiva "Something To Remember Me By", altra gemma luminosissima e danzereccia impossibile da immaginare soltanto qualche anno fa. Ecco: in un mondo ideale sarebbe la hit perfetta per l'estate.
"V" non contiene cali considerevoli, e il terzo singolo di lancio al disco, "Weighed Down", impone de facto l'unico reale punto di contatto con le fascinazioni melodiche e i riff lunari di "Luminous". Spunta finanche una chitarra acustica in "Gathering", ballad posta nella seconda metà del piatto per addolcire i cuori.
Insomma, "V" è semplicemente l'ennesimo centro di una band che non ha ancora esaurito la propria spinta propulsiva, il proprio serbatoio di intuizioni e melodie coinvolgenti. Che Dio li benedica.
17/09/2017