Mi piacciono i maestri cattivi
E le tue mani nell'oscurità
(da "L'amore è negativo")
Anche nel momento in cui i
Baustelle definiscono i propri lavori come "oscenamente pop" o composti da "dodici nuovi pezzi facili", anche quando l'involucro musicale contenente i testi di
Francesco Bianconi vira verso il disimpegno, persino quando il trio si lascia trascinare da un'inedita urgenza compositiva, i loro progetti restano carichi di riferimenti, densi di citazioni, solo apparentemente semplici da decodificare. La fuga dalla sacralità
monstre di un disco tanto impegnativo e ingombrante quale fu "
Fantasma" non poteva esaurirsi nell'arco di un solo album: gli scintillii pop di matrice anni 80 de "
L'amore e la violenza" trovano rapidamente, come mai prima d'ora, nell'arco di appena un anno, un brillante proseguimento nel Volume Secondo. L'idea del doppio sembrerebbe partire da lontano, visto che già durante
lo scorso tour la formazione di Montepulciano presentò una nuova composizione annunciata con il titolo di "Veronica, n. 2", una traccia che fa dell'immediatezza la propria cifra stilistica, che sa di
primi Baustelle sin nel midollo, ancor più di quella "Caraibi" - risalente ai tempi del "Sussidiario" - che finalmente trova collocazione proprio in questo disco.
"Veronica" è il brano-ponte, quello con il compito di guidarci e introdurci all'interno di questo nuovo capitolo, un disco sull'amore e sull'assenza, di amori con le ossa rotte, che evolvono in separazioni, per poi trasformarsi in malinconie, e in rammarichi, fino a condurre i protagonisti all'intenzione di ricominciare da capo, pentendosi delle rotture causate o subite. Persino quando
Rachele Bastreghi canta magistralmente "A proposito di lei" (applausi), uno dei tanti potenziali "classici" di questo album, lo fa con l'involontaria intenzione di recuperare una relazione, fino allo sfinimento, anche lì dove le possibilità appaiono ragionevolmente nulle, perché lui è troppo preso da un'altra (ma quanti uomini sanno trascrivere il punto di vista di una donna così bene quanto Bianconi?). Tutto questo accade in un brano dall'andatura sbarazzina, sì, perché sulle liriche dolenti, a tratti amare, che caratterizzano il Volume 2 de "L'amore e la violenza" si accendono tanto le luci del pop più canticchiabile ("Jesse James e Billy Kid") quanto le urgenze "alt-rock" di "Tazebao" o il glorioso ritornello di "Lei malgrado te" (di nuovo applausi, ancor più fragorosi).
La coloritura musicale ricerca quella luce che viene negata dalle liriche, in un gioco stilistico che affianca al synth-pop del volume precedente spunti che raggiungono approdi inattesi, vedi l'inserto rap della liberatoria "Perdere Giovanna" o la chitarra
gilmouriana in coda alla più strutturata "Il minotauro di Borges".
La chitarra, è lei la bentornata protagonista, pronta a riprendersi con compostezza il centro della scena, accanto ai muri di synth manovrati dalla band, e lo si evince subito, dai quasi cinque minuti dello strumentale d'apertura, "Violenza", dove ricordi di
Morricone,
Carpenter e
Simonetti vengono arricchiti dall'elettricità degli amplificatori di Claudio Brasini. Strumentali che questa volta non assumono il ruolo di brevi riempitivi, bensì ambiscono a essere riconosciuti come canzoni "vere", come confermato più avanti dalla struggente e quasi glaciale "La musica elettronica".
Mai i Baustelle avevano impiegato così poco tempo per realizzare un disco, loro così perfezionisti e puntigliosi, sintomo di quanto il Volume 1 non fosse stato capace di contenere la straripante ispirazione del gruppo: c'era altro da dire, altro da far ascoltare, soltanto ora il progetto può soddisfare l'esigenza di totale compiutezza. Il minor tempo a disposizione per rifinire il tutto - non che con i Baustelle si possa mai parlare di attitudine punk, sia chiaro - non ha comunque inficiato la cura che il gruppo ha sempre posto in ogni singolo dettaglio, sia testuale che musicale.
Mai secondario è l'aspetto testuale: è in quel campo che Bianconi si gioca le carte per aspirare al ruolo di moderno
chansonnier, per qualificarsi come uno dei musicisti della nostra epoca che meriteranno di essere tramandati ai posteri. Narrando il nobile sentimento dell'amore - ma alla sua maniera, senz'altro "alternativa" - in un nuovo "concept" libero dalle rime più scontate e dalle trattazioni trite e ritrite, elabora microcosmi dal fascino conturbante e sottilmente perverso, come avviene nel caso de "L'amore è negativo", dove una relazione allo sfascio viene paragonata a un mondo senza pace (non una cosa nuova per lui: ricordate il parallelo amore-discarica in "
Follonica"?), di nuovo applausi scroscianti. Bianconi è diabolico: ha architettato un meccanismo perfetto dove tutto aspira a essere iconico (pensate anche soltanto alle copertine o al ruolo di Rachele), perfezionando nel tempo uno stile che è divenuto un "classico", assolutamente riconoscibile, persino quando scrive per conto terzi.
Più che fuori dal tempo, le canzoni dei Baustelle sono senza tempo, viaggiano avvolte in una nuvola spazio-temporale che fonde i
Pulp con la tradizione melodica italiana, le armonie degli anni 70 con la musica elettronica contemporanea, con i tanti riferimenti mistici che da sempre le arricchiscono. Nel secondo e definitivo capitolo de "L'amore e la violenza" i fan troveranno un nuovo pugno di sospirate canzoni da stringere forte al cuore, quelle stesse canzoni che alimenteranno lo scetticismo dilagante dei tanti inconvertibili detrattori.
28/03/2018