13/03/2017

Baustelle

Auditorium Parco della Musica - Sala Santa Cecilia, Roma


Ci sono in particolare due aspetti che colpiscono durante la prima romana del nuovo sold-out tour dei Baustelle, ed entrambi riguardano le due voci del gruppo.
Il primo è l'aspetto preoccupante che sta assumendo Francesco Bianconi dal punto di vista fisico, così dimagrito che pare non mangi da settimane, all'apparenza vittima delle spire esistenzialiste di "Fantasma" e dei malesseri cantati in molti dei suoi testi, paradossalmente proprio nel momento in cui torna ad aprirsi verso una musicalità più "leggera", o quantomeno, per dirlo con parole sue, "oscenamente pop". La recente separazione potrebbe essere il motivo, e le nuove canzoni una reazione di riflesso, un'indispensabile autodifesa, che non riesce a celare una sorta di costante disagio, un disagio che non può mai minimamente oscurarne il talento compositivo.

Il secondo aspetto è la viscerale esplosione artistica di Rachele Bastreghi: scintillante, sempre più brava, sempre più spigliata, sempre più padrona del palcoscenico, sempre più indispensabile nell'economia del gruppo. Suona, canta, balla, si diverte, abbandona l'introversione per lasciarsi andare persino a qualche battuta, cresciuta a dismisura dopo l'esperienza maturata con il disco - e il relativo tour - solista.
Prima di loro, altra piacevole sorpresa, il giovane ed eccentrico cantautore toscano Lucio Corsi che, in perfetta solitudine, ha affrontato senza timore alcuno il pubblico della Sala Santa Cecilia dell'Auditorium con un pugno di bozzetti acustici, abili incastri di surrealismi e giochi di parole, spesso incentrati sul mondo animale: un opening act "meta-morfico" in rappresentanza dei tanti nuovi piccoli Calcutta che stanno prosperando nella provincia italiana.

Quella "provincia cronica" lucidamente sintetizzata anni fa proprio dai Baustelle, che in questo tour propongono una scaletta divisa in due atti: nel primo c'è il presente, con l'esecuzione integrale de "L'amore e la violenza", segno di quanto la band creda fermamente in questo disco. E la scelta funziona: le dodici tracce scorrono via piacevoli, fra rifrazioni da discoteca anni 80 e qualche spunto riflessivo, con particolari note di merito da riservare al Battiato apocrifo de "Il vangelo di Giovanni" e alla toccante ninna nanna natalizia "Ragazzina", che Francesco ha scritto per la propria figlia.
Nella seconda parte del concerto viene rappresentato il passato, i classici, difficile poterle chiamare hit, ma senza dubbio sono alcune fra le canzoni che hanno costruito la fortuna del gruppo di Montepulciano, quelle che il cerebrale tour di "Fantasma" aveva in qualche modo costretto a restare in disparte, e ora riconquistano prepotentemente la scena, sulla scia del synth-pop sbandierato da "L'amore e la violenza", che torna a sintonizzarsi sulle atmosfere degli esordi.

Si parte da "Charlie fa surf" e si naviga zigzagando per la ricca discografia dei Baustelle, rispolverando angoli del capoluogo lombardo ("Un romantico a Milano", "Monumentale", l'unico ripescaggio dall'oggi ingombrante "Fantasma"), e ricordi di un'adolescenza ormai svanita, così ben documentata in quel "Sussidiario" che divenne colonna sonora per un'intera generazione, nonché standard di riferimento per tanti giovani cantautori.
Bianconi coglie l'occasione per pungere coloro che identificano sempre i Baustelle come depressi: dopo una frizzante versione di "Gomma" dirà ironicamente "noi siamo quelli snob, quelli con le facce tristi", come per dire: ecco qua, anche noi sappiamo come far divertire il nostro pubblico. E a seguire rifà propria una delle composizioni scritte per altri, rileggendo in una prospettiva nuda "Bruci la città", il più grande successo scritto da Francesco, per la voce di Irene Grandi.

Poi tutti pietrificati, in adorante silenzio, al cospetto di una Rachele in grandissimo spolvero che elargisce brividi nella doppietta "La canzone del parco"/"L'aeroplano": la prima eseguita con una ritmica in crescendo, che si fa trascinante sul finale, la seconda riproposta in chiave minimal electro, che sottrae la grandeur dell'arrangiamento originale ma riesce ugualmente a scavare solchi profondi sottopelle.
Alle spalle una band affidabile che, pur senza stupire con effetti speciali, garantisce grande sicurezza a chi deve metterci la faccia (oltre a Francesco e Rachele c'è sempre Claudio Brasini alla chitarra elettrica): cinque musicisti che si stanno facendo spazio anche con interessanti progetti solisti, come è accaduto di recente sia a Ettore Bianconi (fratello di Francesco) che a Diego Palazzo, esploratori di personali percorsi in un universo contaminato di elettronica nei rispettivi "Tetra" e "Prima".

Rispetto al monumentale (è proprio il caso di dirlo) kolossal sinfonico che fu il tour di "Fantasma", dal vivo è ancora più evidente l'esigenza di discontinuità dei Baustelle, i quali non puntano più a commuovere la platea, ma a farla ballare. Ed è in questo saliscendi artistico che il loro percorso si innalza rispetto a tanti altri protagonisti della musica italiana contemporanea.
Non solo la consolidata capacità di miscelare tanto "alto" e "basso" quanto sacro e profano, ma ancor più il coraggio di alternare dischi impregnati di colto pop orchestrale ad altri volutamente più sbarazzini - restando sempre assolutamente autorevoli - è una dote che pochissimi altri oggi possono vantare.

I ritmi si confermano elevati nella parte finale del set, quando dopo "La moda del lento" arrivano altri pezzi da 90, "La canzone del riformatorio" e "La guerra è finita", con quei ritornelli densi di enfasi divenuti nel tempo uno dei principali segni di riconoscimento del sound del gruppo. Nei bis spazio a un inedito ("Veronica", che interpretiamo come premonizione di deluxe edition per "L'amore e la violenza"), una breve divertente stornellata romana, e la tanto richiesta "Le rane", anche in questo caso unico estratto da un lavoro attualmente fuori tema: "I mistici dell'Occidente".
Poi, luci accese, abbracci finali, applausi, pubblico in piedi e tutti a casa; ma molti saranno di nuovo qui, fra un mese e mezzo, per la seconda data romana, aggiunta a grande richiesta. Nel mezzo altri bagni di folla da affrontare in giro per l'Italia e tante nuove serate nelle quali nessuno avrà la pretesa di riscrivere la storia: è solo scintillante musica pop, e ci piace.