Nonostante questa continua sinergia artistica con altre forme musicali, con il progetto Bon Iver ha tenuto salda la prua, coinvolgendo un numero sempre maggiore di amici e musicisti nel proprio meccanismo compositivo. “i,i” resta fedele alle interconnessioni tra elettronica e soul del precedente album, tentando di capitalizzarne le migliori suggestioni con un flusso pop lievemente più definito. Questo si traduce in un disco ancora una volta bifronte, diviso tra intuizioni di scrittura e d’arrangiamento di rara bellezza e qualche appunto distratto, vestito con sonorità ambiziose, che alfine rappresentano con dovizia la vacuità dei tempi correnti.
Non esiste miglior biglietto da visita, per “i,i”, del surreale pop di “iMi”, che oltre a beneficiare della presenza di James Blake, ostenta anche le sonorità più ardite del progetto. Un’epifania creativa che si rinnova con ancor più vigore nella geniale intuizione pop di “Hey, Ma”: una delle migliori composizioni di sempre, con Vernon che afferra tutto il potere lirico e strumentale del brano, facendolo esplodere a tratti, creando una dipendenza all’ascolto che non ha eguali. La tensione spirituale espressa in “22, A Million” è ancora intatta, ma alla solennità del precedente album si è ricongiunta la forza melodica dell’esordi: brani come “Faith”, “Naeem” fondono antico, moderno e contemporaneo, rinnovando le possibilità di un’evoluzione della musica pop come linguaggio universale, la stessa dottrina che spinge l'artista ad avvalersi della collaborazione di un'icona del pop come Bruce Hornsby in “U (Man Like)”.
Messi a nudo gli elementi base della musica pop americana (folk, soul ed elettronica), il musicista americano li scompone e li ricompone con una saggezza che è affine sia alle prerogative della musica sperimentale (“Yi”, “We”) sia al perfezionismo degli Steely Dan, sparpagliando cacofonie vocali/strumentali (“Holyfields”) e minimalismi austeri (“Jelmore”) all’interno di una rappresentazione allegorica di una realtà dove gli opposti non vanno necessariamente in conflitto, con la voce di Vernon a far da collante espressivo e descrittivo.
Le reminiscenze acustiche e dimesse di “Marion”, le giocose geometrie elettro-soul rimpolpate dal suono dei fiati di “Salem”, l’apparente futilità di “Sh’Diah” e le citazioni neoclassiche dell’incantevole chiosa di “RABi” sono parte di un’esaltante insieme di arte concettuale e musica popolare (ci sono spunti che vanno dalla musica anni 50 ad oggi), che concretizza fino in fondo lo sforzo creativo di Justin Vernon di evolvere gli iniziali input da solista in un progetto musicale collettivo (lo stesso moniker Bon Iver oggi corrisponde a una formazione di 5 elementi), consacrando “i,i” come l’album più completo di Justin Vernon.
(20/08/2019)