Chemical Brothers

No Geography

2019 (Virgin)
big beat, house

I fratelli chimici rientrano in carreggiata quattro anni dopo la sbornia electro di "Born In The Echoes", un disco ben calibrato ma dominato dall'assenza di un effetto sorpresa, sempre più difficile da escogitare. Tuttavia, se il tempo scorre inesorabile anche per due pionieri come Ed Simons e Tom Rowlands, il consolidamento di spunti sonori, divenuti di volta in volta sempre più precisi e stuzzicanti, pone in evidenza una pretesa a monte quantomeno logica, scevra da richieste d'innovazione francamente inopportune nei riguardi di chi ha dato una scossa emblematica all'elettronica popular di fine secolo scorso, scagliando in aria gli ultimi fuochi d'artificio di una cultura rave ancora oggi ispiratrice per intere flotte di giovanissimi producer.

Al di là di tutto quello che ha significato il movimento big beat, i Chemical Brothers nel 2019 sembrano in palla come due ragazzini. "No Geography" è la prova provata che la classe ha la capacità di rimanere intatta, specialmente quando l'ambizione rimane nello scrigno di alcune preziosissime idee che i due musicisti hanno sempre gelosamente (e abilmente) custodito. Un segreto che viene replicato alla fine di un decennio che per l'elettronica ha segnato sicuramente un momento di grande riflessione, vedendo terminare alcune istanze e mode che parevano destinate a un futuro luminoso (vedi alla voce dubstep). Il linguaggio musicale, però, si rinnova perpetuamente, e in un'epoca segnata dall'intersezione spasmodica di più elementi e fruizioni spesso diversissime, stavolta pare quasi che Rowlands e Simons abbiano guardato intensamente al proprio passato con uno slancio moderno - tipico dell'innovatore - ma con un marcato piglio "clubber", a dire il vero un po' sparito dai loro radar nelle ultime e più recenti prove.

E in questa sorta di concept album che vuole cancellare i confini geografici e pertanto le barriere ideologiche e culturali (il riferimento alla Brexit e ai muri che separano Usa e Messico), i Chemical Brothers spingono l'acceleratore al massimo verso un ensemble di suoni che abbraccia al contempo italo disco, plunderphonics e le onnipresenti house e techno, abbandonando esplicitamente la tendenza più in auge al momento nell'industria musicale: l'hip-hop. E basta schiacciare il tasto play la prima volta per potersi accorgere dell'ampio ventaglio sonoro a disposizione delle nostre orecchie. L'iniziale "Eve Of Destruction" contiene un sample vocale della mitica "Weekend" di Class Action ("Maybe I'll find a friend to spend the weekend") e genera un climax sfrenato, l'immaginifico incipit di un party tenuto su qualche isola deserta, magari alternandosi ai controlli con il miglior Norman Cook. È però l'incursione quasi tribal-house della successiva "Bango" a rappresentare al meglio lo spirito funk dell'opera; la voce suadente di Aurora Aksens digitalizza perfettamente l'habitat sonoro messo a disposizione dal duo londinese, rendendo vibrante e percettibile qualsiasi variazione del sound, reso ancora più vivido dai colpi di Roland e dai saliscendi sintetici delle tastiere.

La title track strizza l'occhio all'Edm e alla dubstep in stile NERO, mitigando però tastiere in scia M83 e Royskopp. Parimenti, mentre "Got To Keep On" prosegue sulla falsariga dei due brani iniziali - ma con meno "tono muscolare" - "Gravity Drops" modula gli stati di coscienza del disco tratteggiando un momento di intima rassegnazione, mosso dall'accento ritmico di un basso in piena tradizione della sopracitata italo-house.
"We've Got To Try" si apre come un brano degli Avalanches o dei nostri indimenticati Jolly Music, fino a fiorire in quello che sarà sicuramente uno dei nuovi classici (almeno dal vivo) del repertorio dei Chemical Brothers; un'epopea romantica plunderphonics che ruota attorno all'acidissimo ritornello ed esplode nell'ennesima piroetta big beat della loro carriera.

Proseguendo esterrefatti il nostro giro su quella che potremmo definire una giostra rilucidata e riattivata, "Free Yourself" (primo singolo del lotto) mostra una deriva electro-house più "tradizionalista", così come in "MAH" (Mad As Hell) prende palesemente forma il loro brutale arsenale di suoni (ciò che accade al minuto 2:05 meriterebbe uno speciale a parte): una lezione perfetta sulla storia della musica elettronica che trascina in un tunnel che va dall'acid-techno alla musica house, il tutto senza perdere il senso della danza moderna, di quel folgore che da quarant'anni annebbia le malinconie e ci fa muovere verso sponde indefinite della vita. Praterie della memoria che si ravvivano, in un gioco di contrasti nuovamente avvincente.

02/05/2019

Tracklist

  1. Eve Of Destruction
  2. Bango
  3. No Geography
  4. Got To Keep On
  5. Gravity Drops
  6. The Universe Sent Me
  7. We've Got To Try
  8. Free Yourself
  9. MAH
  10. Catch Me I'm Falling

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