I cambiamenti climatici non porteranno solo aumenti di temperatura, disastri ecologici, estinzioni di animali o piante, ma avranno ripercussioni anche sull'equilibrio psicologico umano. La parola per descrivere l’ansia e il malessere che nascono da questi cambiamenti è stata ideata dal filosofo australiano Glenn Albrecht nel 2003. "Solastalgia" è quindi il nome per descrivere il disagio esistenziale, forse il senso di colpa, che alcuni uomini più sensibili portano come un insopportabile peso dentro sé stessi. La musica, in questo caso, diventa l'espediente catartico per poter sopportare tale angoscia.
Irisarri si è sempre occupato delle conseguenze delle azioni dell’uomo sul nostro pianeta, dalla tragica storia del lago Salton (“The Unintentional Sea”) alla denuncia delle scelte suicide e immorali degli ultimi anni (“The Shameless Years”), fino alla ricerca dei suoni dell'apocalisse prossima ventura (“Midnight Colours”). Per la prima volta Irisarri tralascia i grandi sconvolgimenti che esulano dal singolo individuo per cercare di esaminare i piccoli aspetti che, passo dopo passo, creano disagio e inquietudine in chi è capace di empatia per i destini del mondo e delle future generazioni. Il soggetto di “Solastalgia” è quindi primariamente l’uomo di fronte al disastro che egli stesso - in quanto membro di una società complessa - sta causando.
Il suono diventa ancor più monolitico e intenso, tanto da apparire come un inarrestabile flusso senza possibilità di regressione, come fosse un meccanismo ormai lanciato a velocità estrema che non può né fermarsi né rallentare. Come dire che le nostre azioni e la nostra incapacità di creare alternative al sistema della iperproduzione neoliberista - con l’inevitabile impatto sull'ambiente - hanno già delle conseguenze inarrestabili.
“Deacy Waves” parte subito con un'intensità che è tipica della poetica di Irisarri, con quel muro sonoro invalicabile che è capace di una forza espressiva disarmante. Le stratificazioni di chitarra e synth si aggrovigliano tra loro per ritrovare quel timbro che è il marchio di fabbrica del compositore americano.
Dopo tanto tormento interiore “Coastal Trapped Disturbance”, come nel più solenne dei requiem, riprende l’imponenza delle cattedrali sonore della precedente discografia con un inno a una natura perduta che urla il proprio dolore, diventando come la campana che preannuncia un funerale. Come spesso accade la grandezza di Irisarri viene raggiunta nei momenti più ambivalenti, dove intensità emotiva, speranza e disperazione sembrano tenersi per mano, dove nessuna prevale sull’altra per coesistere tragicamente. Il brano è accompagnato dal bellissimo video, girato in Islanda, di Sean Curtis Patrick.
"Kiss All The Pretty Skies Goodbye" è più sperimentale. con registrazioni ambientali e sovraincisioni di chitarra estremamente cupe. “Black Pitch” chiude con un vento di synth senza tregua che incede con sempre maggiore forza verso il nulla di un futuro incerto. Irisarri continua il suo viaggio nelle paure della contemporaneità, confermandosi un testimone attento e infaticabile dei nostri tempi, artista totale capace - con la sua musica - di pennellare immagini di straordinaria vividezza.
28/06/2019