La musica elettronica evolve in continuazione, non solo dal punto di vista del suono ma anche dei sub-generi che la caratterizzano: non è sempre agevole per i suoi protagonisti restare al passo con i tempi, disancorarsi da cliché ormai in via di superamento. Rob Ellis in “Reality Tunnels”, dandosi peraltro un tono accademico (appoggiandosi sulle teorie che Robert Anton Wilson espresse in un volume del 1983), che conferiscono al disco una sorta di aura da concept, riepiloga alcune delle strade che ha perseguito nel corso della propria carriera. Filtrando stili e mood attraverso quelle lenti che lo hanno reso uno dei producer di riferimento non soltanto della nativa Bristol, ma dell’intera scena europea, anche per merito del lavoro svolto attraverso Tectonic, la label di sua proprietà.
I suoni sono potenti sin dall’iniziale “Entangled Principles” nella quale la calde voce di Emika si distende su tappeti atmosferici che, alternati a una cassa decisa, conducono per mano l’ascoltatore fino a una vera e propria deflagrazione jungle. L’escursione di Pinch affronta uno spettro sonoro che va dal dub minaccioso e luciferino di “All Man Got” (Trim ci mette una voce che fa molto Tricky) e “Party” (col flow dalle cadenze hip-hop di Killa P), alle aperture ambient dagli umori ecclesiali di “Back To Beyond”.
In mezzo vanno per la maggiore le tracce studiate per esaltare i dancefloor più affollati (se ne riparlerà fra qualche mese…), fra le quali svettano i ritmi sincopati di “Accelerated Culture” e il magistrale affondo techno-jungle di “Non-Terrestrial Forms”, nervosa, sinistra, a tratti persino imprevedibile: una lezione da vero maestro.
Ellis è ricordato per essere stato il producer che ha messo le voci su basi dubstep, un genere prevalentemente strumentale. Oggi sfrutta a piene mani il mestiere acquisito negli anni per miscelarlo con visioni, non dico futuristiche, ma quantomeno ben radicate nel presente, senza apportare più grandi stravolgimenti ma ponendo la propria riconoscibile impronta. Ci son voluti tredici anni per dare un seguito al suo esordio, ma nel frattempo tante collaborazioni prestigiose (Adrian Sherwood, Shakleton, Mumdance) e svariati Ep hanno tracciato un solco importante. Con un solo cruccio: aver pubblicato quel manifesto personale, “Underwater Dancehall”, proprio la stessa settimana di “Untrue”, il capolavoro di Burial da tutti riconosciuto come disco fondamentale dell'universo dubstep. O magari, a legger meglio la questione, potrebbe esser stata la sua fortuna, riuscendo inconsapevolmente a sfruttarne la virtuosa onda lunga.
09/09/2020