In questa cornice, tutt'altro che confortante, nascono le dieci tracce che compongono "Things Take Time, Take Time", non a caso il disco più intimo e introspettivo nella carriera della Barnett. Non esattamente un lavoro spoglio, ma di sicuro meno arrangiato di "Tell Me How You Really Feel" e molto meno elettrico di "Sometimes I Sit And Think". Interamente suonato e prodotto in coppia con Stella Mozgawa, la batterista delle Warpaint, "Things Take Time, Take Time" conferma l'atteggiamento slacker vagamente annoiato di Courtney, amplificato dal ritrovarsi costretta a osservare per giorni il mondo dalla finestra, situazione che non intacca la logorroica ironia che da sempre contraddistingue i suoi testi, in realtà in questa occasione meno prolissi del solito.
Con un'andatura ciondolante da tardo pomeriggio assolato, la Barnett ripone in un angolo ruvidità grunge e perfezionismi da studio di registrazione per puntare dritta verso l'essenzialità. Il problema è che stavolta la qualità delle canzoni non si posiziona al medesimo livello dei precedenti capitoli della sua discografia. Fra i momenti che spiccano, vanno segnalate le belle rotondità del primo singolo "Rae Street" e la brillante "Write A List Of Things To Look Forward To", oltre alla closing section di "Turning Green", nella quale si diletta in un'intrigante escursione chitarristica, senza mai esagerare.
Volato al quinto posto delle chart australiane, l'album non è però riuscito ad agganciare la fascia alta delle classifiche in Inghilterra e Stati Uniti: forse non era esattamente il disco che oggi il mondo si aspettava da lei.
(25/11/2021)