Nicolás Jaar ha sempre tratto spunti dall'imprevisto. Il progetto Darkside, che vede l'acclamato dj, compositore e sperimentatore cileno-americano fondere le proprie esperienze artistiche con quelle del polistrumentista newyorkese Dave Harrington, nacque come estemporaneo tentativo di concepire musica elettronica senza confini, lasciando largo spazio all’improvvisazione e alla contaminazione tra i generi. Negli otto anni trascorsi dall’ottimo “Psychic” del 2013, primo manifesto ufficiale su lunga traccia del duo, è più volte balenata la sensazione (anche con dichiarazioni ufficiali) che quest’interessante collaborazione si fosse persa nelle sabbie del tempo e che quelle distese sonore circolari gustate nel Lp d’esordio potessero fungere contemporaneamente da prologo e da epilogo.
A smentire tutti giunge la pubblicazione di “Spiral”, il nuovo album composto da nove capitoli (sei dei quali realizzati nel 2018 e tenuti nel cassetto finora) dove Jaar e Harrington perfezionano i paesaggi crepuscolari delle loro prime registrazioni abbracciando, nel contempo, un’avventurosa tavolozza elettronica sistemata su arrangiamenti sempre più raffinati. Jaar lascia temporaneamente da parte quella morbosa precisione tecnica nell’offrire groove dal cristallino odore dancefloor che contraddistinse “Space Is Only Noise” (2011), per proseguire principalmente sul percorso visionario e nichilista che ha caratterizzato i più recenti lavori “Cenizas” e “Telas”, entrambi editi nel corso del 2020.
La psichedelia notturna dimora alla radice di ogni traccia, ma dove “Psychic” aggiungeva fragranze chic e contemporanee ai tipici stilemi della no wave e del cowpunk, “Spiral” gioca con i tropi del kraut-rock e del settore più acido del progressive e sebbene le influenze e gli stili di scrittura adoperati siano decisamente variegati, l'album è avvolto da una tetra e costante inflessione, con numerose inserzioni di effetti provenienti dalla natura: un chiaro messaggio che il duo intende trasmettere circa il tragico stato nel quale versa la salute del nostro Pianeta.
In "Lawmaker", un groove incisivo pone le basi per smanianti riff di chitarra, che non risulterebbero fuori luogo all’interno di un disco dei Can, mentre nella miscela tra ambient e post-rock dell’eccellente "The Question Is To See It All" e nella title track si palesa la moderna digitalizzazione delle melodie e delle sensibilità tipiche del folk bohémien degli anni 60. Ancorché sia certamente un cliché, molti dei passi salienti di “Spiral” rievocano, di fatto, le oscure e cosmiche prospettive disegnate dai Pink Floyd d’epoca barrettiana.
Con un testo che sembra la sinossi di un film di Alejandro Jodorowsky, "The Limit" esplode in uno dei tagli più propulsivi dell’intera scaletta, dov'è adottata la stessa vivace cadenza proposta da Jaar nel progetto distribuito con il moniker Against All Logic, laddove sequenze d’elettronica ribollente risultano sia eteree che dissonanti. In "Only Young" sono gli accordi di organo, sorprendentemente solari, a creare la scena per un’artefatta melodia che ben si adatterebbe nella scaletta di un disco degli Zombies o di Harry Nilsson.
Molte cose sono cambiate per Jaar e Harrington ed entrambi gli artisti, ormai trentenni, hanno accumulato un profondo assortimento d’esperienze musicali che ne hanno certamente plasmato e, per certi versi, modificato l’iniziale approccio. Questa maturità meditabonda, introspettiva e intellettuale traspare in “Spiral”, un album che con nonchalance si sposta fra trame e schemi. Le flessuose chitarre acustiche che cadono sui gong e sui canti gregoriani dell'opener "Narrow Road" sono la chiara testimonianza che i Darkside sono disposti a rompere un paradigma che già conosceva pochi limiti, spingendo ancor più lontano il proprio orizzonte di sperimentazione e crossover elettronico e nobilitando, nel contempo, il suono distintivo di questo progetto artistico che già dagli albori era apparso decisamente insolito e affascinante.
26/07/2021