Nell’affollato panorama afrobeat britannico, il ventottenne Theon Cross si è costruito negli ultimi anni una credibilità come musicista versatile e originale nel suo apporto. Questo soprattutto grazie al suo strumento d’elezione, il bassotuba, inconsueto in ambito jazz almeno dai tempi del bebop, e al suo approccio meticcio che gli consente di miscelare all’ordinario lessico fiatistico influenze urbane, caraibiche, elettroniche. Sebbene la sua notorietà sia dovuta soprattutto alla militanza alla corte di Shabaka Hutchings e dei suoi Sons Of Kemet, Cross si è fatto notare anche con Ezra Collective, Nubya Garcia, SEED Ensemble, Makaya McCraven, Moses Boyd, Ill Considered - artisti di primo piano nel ricco continuum che dal nu jazz si muove verso territori più ideologicamente connotati in senso black.
Nel 2019, proprio con Boyd, Garcia e il fratello trombonista Nathaniel, Cross aveva inciso il suo primo album “Fyah”, focoso e preponderantemente acustico. A distanza di due anni, per la sua nuova creatura il musicista ha scelto uno stile più futuristico e minimale: in “Intra-I”, infatti, Theon Cross figura quasi sempre come unico strumentista, addetto sia ai fiati che all’elettronica. In quattro brani su dieci, lo accompagnano Mc emergenti della scena londinese. In uno, il conclusivo “Universal Alignment”, duetta col compare tubista Oren Marshall (Derek Bailey, Radiohead, Sons Of Kemet, John Zorn).
Il disco, c’era da aspettarselo, è tutto orientato all’esplorazione delle possibilità espressive della tuba, ma derubricarlo a semplice collezione di bozzetti sarebbe assai svilente. Al contrario, “Intra-I” è una delle uscite più entusiasmanti sulla piazza nel territorio al confine tra jazz e hip-hop, e presenta un assortimento di idee e contaminazioni tale da rendere ogni traccia una sorpresa a sé. L’iniziale “Intro”, in combutta con la poetessa Remi Graves, gioca su note distese, opprimenti e maestose; già la successiva “We Go Again” accende il ritmo e trasforma la tuba in un generatore di sub-bass perfetto per 2-step e derivati.
La varietà di artisti in featuring assicura l’ampiezza del ventaglio espressivo: con “Roots” si è catapultati in un hip-hop tagliente e ponderoso, in linea coll’accento marcato del rapper Shumba Masaai, originario dello Zimbabwe; “The Spiral”, di contro, si muove sinuosa fra il flow melodico del vocalist Afronaut Zu e il sax di Ahnansé (già apparso quest’anno con Nala Sinephro). Il numero più trascinante è forse “Play To Win”, spezzatissima tirata 8-bit in cui la tuba di Cross saltella energica tra le barre mutaforma del rapper Consensus, autore quattro anni fa dell’intrigante “ConCERNed” in collaborazione con niente meno che il CERN di Ginevra.
Non meno a fuoco gli episodi in cui Cross gestisce lo spazio sonoro interamente da solo, potendosi lanciare in esperimenti ambient-wonky (“Trust The Journey”), derive techno (“40tude”) e, soprattutto, nello spassoso ska-dub di “Forward Progression II”, a un passo da “Ghost Town” degli Specials.
Eclettico, combattivo, cool al punto giusto, Theon Cross dà prova con questo album di essere un musicista di grande creatività e chiarezza di vedute. Senz'altro un nome da tenere come bussola per orientarsi nel reticolo di collaborazioni che è oggi il jazz giovanile del Regno Unito.
25/12/2021