Certo, non di solo gqom vive l'album: per quanto ne costituisca l'ossatura principale e venga studiato con quell'ampiezza di tono e visione che fu propria della fondamentale compilation del 2016, tra i quindici brani serpeggiano nuovi stimoli, altre pulsioni, il frutto di un decennio di scambi e incontri che hanno indubbiamente lasciato la loro impronta.
Difficile non scorgere i molteplici spunti amapiano (ariosa e intricata fusione di house, jazz e lounge sviluppatasi a Johannesburg ed esplosa attorno al 2019) che costellano i momenti più diretti della raccolta, così come la natura pop di brani in cui il contributo vocale porta a un innegabile appeal mainstream. La cupezza industriale insita nel gqom trova qui insomma nuovi sfoghi, un'appetibilità che porta i già fantasiosi pattern timbrici del producer a scontrarsi con chiaroscuri più incisivi, un senso di levità che dà ancora più risalto alla sua possente conduzione.
In questo importante omaggio alla straordinaria vitalità delle scene dance del suo paese, all'eccitante futuro che questo fervore lascia intravedere, Gwala si circonda quasi esclusivamente di nomi locali, star e amici che danno pieno risalto alla ricchezza dello scenario. Un affare domestico, in sostanza, che DJ Lag coordina con grande abilità. Che sia l'impianto più sfumato, chill di un brano come “Destiny”, disegnato per le qualità soul di Amanda Black, al tocco più corale di “iKhehla”, passando per i bassi profondissimi di “Shululu” e lo studiatissimo ralenti di “Keep Going”, di suo quasi una sponda verso certe morbidezze deep, la mano di DJ Lag si distingue per chiarezza produttiva e grande coordinazione d'insieme, riportando a sé un florilegio ben diversificato di contributi ed esperienze. Se la folla acclamante il suo nome nell'omonimo brano di chiusura sta a indicare qualcosa, è che il re, dal suo trono, non sarà facilmente spodestato.
(16/05/2022)