Eric Chenaux

Say Laura

2022 (Constellation)
abstract jazz, songwriter

Dopo averne seguito per quasi due decenni le continue mutazioni e sperimentazioni, si può senza timore affermare che l’evoluzione del songwriter canadese non conosce limiti e ruoli. La curiosità intellettuale di Eric Chenaux è quasi un monito per i musicisti delle nuove generazioni. La costante ricerca della giusta intonazione espressiva e di una sempre più personale sintesi di elementi folk, jazz, arpeggi acustici e dissonanze non ha eguali in uno scenario pur ricco di artisti dotati di ingegno e personalità.

Lo spessore creativo di “Say Laura” appartiene a un’altra dimensione del suono. Chenaux domina lo strumento archetipo della musica rock, la chitarra, scarnificandone la natura seducente e virile per destabilizzanti progressioni d’accordi e arpeggi che, a dispetto della loro cacofonia, generano nuove forme di bellezza lirica e armonica.
A supporto della spigolosa e scheletrica struttura delle composizioni, il fido Ryan Driver fornisce testi e contrappunti strumentali la cui genesi affonda nelle lande dell’elettronica, con al centro il Wurlitzer 200 A, tra brontolii e sussurri che fluttuano tra le note fino a prendere corpo.

Suoni di drum machine, abilmente filtrati, danno impulso alle ipnotiche e cadenzate trame ritmiche: i nove minuti di “Hello, How? And Hey” ne adottano uno dei più essenziali e incisivi, perfetto accompagnamento per le molteplici e imprevedibili divagazioni armoniche il cui lirismo si nutre della vibrante eleganza di John Martyn e della poetica straziante e intensa di Chet Baker e Nina Simone, fino a sfiorare l’aliena ebbrezza elettronica di Arthur Russell, un brano che è centro nodale del disco ma anche del percorso finora intrapreso dal musicista.
Questo cifrario espressivo regge tutto l’album, senza mai rinunciare a un linguaggio musicale interiore e poco avvezzo alla mondanità. Chenaux ha sempre meno da condividere con il cantautorato contemporaneo, anche quello intelligentemente alternativo. Le sfuocate melodie, le improvvisazioni ricche di distorsioni e le colte citazioni jazz e avantgarde non sono depistaggi estetici che mirano a coprirne l’inconsistenza.

Basterebbe poco per trasformare le sei composizioni di “Say Laura” nel più sensuale e suadente album alt-folk dell’anno, ma i numi tutelari del musicista sono quei temerari che non ebbero timore nel varcare i confini di genere: Mark Hollis, Sun Ra, Syd Barrett, ma anche Sparklehorse e This Heat. Le più ariose e avvolgenti melodie della title track sono senza dubbio l’esternazione più romantica e tracimante dell’album, puntellata da spigolosi suoni di tastiere e scorci quasi pop.
Resta però l’essenzialità la vera matrice identificativa del progetto. Il seme del folk che alimenta la crepuscolare psichedelia di “There They Were” è antico, quasi consunto, eppur appassionato e toccante, a dispetto degli abbondanti dieci minuti e della natura diafana del canto.

Il contrasto tra le rarefazioni chitarristiche di Chenaux e le astratte pulsioni elettroniche di Ryan Driver trovano infine la loro espressione più aulica e criptica nella sfuggente malinconia di “Hold The Line”, una lunga composizione che conferma la perfetta interazione tra l’estrema rifinitura delle note e un’intensità emotiva fuori da una dimensione temporale certa.
Obliquo, minimale, sottilmente psichedelico, scarno, soffuso, spettrale: aggettivi che calzerebbero a pennello per “Say Laura” e che al contrario appaiono canonici e prevedibili. L’intenso out-folk del musicista canadese è passato oltre: la monodimensionalità e la vulnerabilità della musica di Eric Chenaux non sono più un limite, ma un punto di partenza per un vortice di emozioni e sensazioni auditive, sfaccettate, stimolanti, irrequiete eppur ammalianti.

26/02/2022

Tracklist

  1. Hello, How? And Hey
  2. Your New Rhythm
  3. Say Laura
  4. There They Were
  5. Hold The Line
  6. Say Laura [abridged]


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