Che
Leon Vynehall fosse musicista poco allineato non lo scopriamo certo adesso. Lungo un decennio abbondante di pubblicazioni rilasciate in rapida successione, la materia elettronica in suo possesso è stata sottoposta a continue mutazioni, tracciando un percorso anche instabile ma avvincente e profondamente personale. Se house e techno gli hanno aperto le porte delle piste più esclusive del pianeta, le incursioni lungo i confini di ambient, jazz e neoclassica garantiscono il supporto degli ascoltatori più esigenti.
Atterrare al Fabric era solo questione di tempo; il compito, semmai, era quello di non ripetersi inutilmente dopo aver già consegnato un “
Dj-Kicks” di tutto rispetto. Con “Fabric Presents”, Leon mette a punto un viaggio sonoro accuratamente studiato per alternare accumulo e rilascio di tensione. Lungi però dall’insistere su 4/4 e cassa dritta, grossa parte del mix affonda le radici in un’altra fazione parallela della vita da club: la
dub.
Qualche nome noto, tantissimi altri virtualmente sconosciuti fuori dai circoli per addetti ai lavori: lungo un’ora e diciassette minuti di mix – ma su
Bandcamp potete trovare tutti i pezzi in versione originale – il
selecter del momento vola di fantasia e ci trascina dentro una spigolosa orgia sensoriale. Una serie infinita di voci, percussioni e
sample creano una diversificata giungla sotto il grande ombrello dell’Idm:
footwork,
breakbeat,
trap,
post-club,
dubstep e
gqom, quasi un’espansione della tavolozza che componeva l’eccitante “
Rare, Forever” dell’anno scorso.
Difatti la mano è quella; impiegare “Star Power” di Newworldaquarium e “Virgin Traff 22” di Low Jack per sfumare dentro “Good Dick” di Lady Blacktronika dimostra non solo orecchio ma anche un certo senso dell’umorismo. La successiva “Never”, a cura di Mute, completa il segmento con forti accenti queer-house.
Con “Allaballa”, pezzo autografo di Or:la, la tensione è subito alta e vagamente minacciosa, ma Leon la lascia sfociare nella spettrale tripletta di “Uberfahrt”, “D’Americana” e “Wah Bass”, pura dub urbana innestata di ambient alla
Rhythm’N’Sound: l’atmosfera monta di pathos ma il
beat è quasi inesistente, un flauto solitario porta avanti striature di melodia, la pista da ballo è troppo distante ma la mente si riempie di pensieri.
“Fabric Presents”, insomma, esplora e si diverte. Vedasi anche il modo in cui Leon incastra “Produzione” di
Piero Umiliani tra l’acid-techno di GAUNT e l’imperscrutabile
bass di Commodo, creando un magma inestricabile di ritmi scivolosi, bassi frementi ed
exotica subacquea.
Menzione di riguardo anche per altri pezzi originali, donati appositamente alla causa da
Ana Roxanne e
Skee Mask: pastorale e new age la prima, nervosamente robotica la seconda, quasi fosse un estratto di
Kingdom. Lo stesso protagonista di questo mix mette a segno la sfrigolante “Sugar Slip (The Lick)”, uno dei brani elettronici più avvincenti dell’anno in corso.
Sarà forse scontato ripeterlo, quindi, ma la mano di Leon Vynehall continua a impastare con passione dentro un secchio multiuso, tracciando viaggi d’avventura sempre nuovi e avvincenti. Il suo orecchio non ha limiti di genere e il buon gusto abbonda: tra battiti tribali, scorie digitali, smanettate di cassa e umbratili riflessioni caraibiche, “Fabric Live” è un perfetto melting pot, capace di rispecchiare la filiforme città che lo ospita.
27/03/2022