Sorry

Anywhere But Here

2022 (Domino)
indie-rock, alt-pop

A due anni dal buon esordio con “925”, la vita urbana londinese è di nuovo la grande protagonista delle liriche dei Sorry, progetto fondato da Asha Lorenz e Louis O’Breyen. “Anywhere But Here” mostra la City in una veste decadente e underground, focalizzandosi sulle speranze (negate) e le frustrazioni delle giovani generazioni, e segna una sostanziale differenza a livello di sound con il suo predecessore, dovuta in parte alla presenza di Adrian Utley dei Portishead nel ruolo di producer. Elaborato quasi solo in studio, il debut album risultava leggermente “pomposo” e più patinato di quello che la band si aspettasse e desiderasse realmente ottenere: grazie al ritorno della musica dal vivo, il gruppo ha potuto sviluppare ogni singola traccia del sophomore in relazione a ciò che voleva trasmettere al pubblico sul palco, sfruttando una prospettiva differente.

 

Cavalca l’onda post-punk “Let The Lights On”, puntando sull’accoppiata basso e batteria e su influenze tra fine Nineties e inizio Duemila, con strofe ibride power-pop/indie-rock che rimandano ai Rentals e ritornello in zona Garbage. Una traccia studiata appositamente come apertura energica e diversa dal resto dei brani dell'album, come osservato fin dalla successiva “Tell Me”. Caratterizzata da un inizio jazzato e un’ossatura che rievoca le atmosfere di “Dummy” dei Portishead, diventando man mano sempre più corrosiva e garage con una chitarra ruggente in stile Kills e The Dead Weather, la traccia è l’unione di due canzoni distinte, realizzate rispettivamente da Asha e Louis, nella quale riflettono su alcuni aspetti di una relazione.

Rimane in zona ancor più marcatamente portisheadiana la notturna e malinconica “Key To The City”, break-up song dal taglio cinematografico, mentre la scarna “Willow Tree” incorpora atmosfere tra jazz, acoustic-blues e indie-rock à-la The Heavy. Affonda le sue radici nella “Perfect Day” di Lou Reed e nella “True Love Will Find You In The End” di Daniel Johnston l’ironica e ottimista “There’s So Many People That Want To Be Loved”, all'insegna di un alt-pop condito da reminiscenze provenienti da “Hunky Dory”.
Proseguono su una linea affine, ma senza decollare mai, la lenta “I Miss The Fool”, che lascia un ampio spazio ad archi e chitarre, e le note sottili del sax suonato da Campbell Baum in “Step”, risultando i passaggi maggiormente sottotono nell’intero album, per poi rievocare l’alt-rock anni Novanta dei Nada Surf con “Closer”.
Il crescendo sintetico e deciso di “Baltimore” cede il passo all’oscura “Hem Of The Fray”, che strizza l’occhio alle Scimmie Artiche del periodo “AM”, fondendole con dettagli trip-hop e progressive trance in direzione Underworld, e all’agrodolce e minimale “Quit While You’re Ahead”, per poi concludere il percorso con le liriche stranianti di “Screaming In The Rain” e con la tremolante “Again”, omaggio all’amatissima “The Rip”.

 

Con “Anywhere But Here” i Sorry fanno centro e mettono un sacco di carne al fuoco per la seconda volta, eliminando il superfluo e smorzando la vena glam che era presente nel debutto, per scavare in una notte londinese disillusa e senza alba, e osservarne i contorni sfocati, illuminati dalle luci colorate dei neon e dalle atmosfere sofisticate del Bristol Sound che fu.

12/10/2022

Tracklist

  1. Let The Lights On
  2. Tell Me
  3. Key To The City
  4. Willow Tree
  5. There’s So Many People That Want To Be Loved
  6. I Miss The Fool
  7. Step
  8. Closer
  9. Baltimore
  10. Hem Of The Fray
  11. Quit While You’re Ahead
  12. Screaming In The Rain
  13. Again