Fondata sulla lezione di Raymond Murray Schafer, la pratica sonora di Francesco Giannico si è gradualmente distanziata dalla centralità del soundscape, rinunciando a un uso spesso meramente documentaristico delle registrazioni ambientali. L’esperienza derivante dall’attività condotta con l’Archivio Italiano dei Paesaggi Sonori è così man mano confluita in una modalità compositiva ibrida, fondata sull’utilizzo trasversale di tecniche e coordinate stilistiche diversificate, attraverso cui lasciare emergere in modo netto il lato più emozionale della sua musica.
Tale processo, già ampiamente rilevabile nei recenti “Destroyed By Madness” e “Misplaced”, trova pieno compimento nell’ultimo “L'immagine di me, lontano”, un flusso elettroacustico plasmato e rifinito pazientemente nel corso di un anno e mezzo per dare vita a una possibile autobiografia nutrita da ricordi distanti nel tempo. Ombre nette, cromie affilate e luminescenze vibranti sono gli elementi che danno forma a un viaggio a ritroso in cui ogni risonanza utilizzata viene lavorata e stratificata fino ad assumere forma vagamente straniante, ma ancora riconoscibile, eco di sensazioni nebbiose che riaffiorano. Questi stessi tratti sono condensati nelle foto di copertina scattate da Stefano Gentile - patron della Silentes per cui il disco esce – creando un’assonanza audio/visiva capace di incrementare il portato cinematografico del lavoro.
L’attacco non concede mediazioni, “Cambiare ancora” spalanca uno scenario inquieto, fatto di reiterazioni ossessive e frequenze penetranti amplificate dalle sequenze acide del video correlato. Gli stridori che permeano la successiva “Anxiety” – tra le tracce migliori del lotto - non smorzano i toni, malgrado l’emergere in filigrana di placide trame pianistiche, ribadendo quanto sia la penombra accompagnata da distorsioni e sonorità oblique l’ambiente scelto da Giannico. L’influenza del periodo pandemico è evidente e si riversa ulteriormente nella grana spessa dell’elettronica che interseca le strutture post-rock di “Tendi la mano” e della malinconica “Rincorro ancora”.
L’ampiezza di sfumature ricercate ricorrendo a fiati e archi, a corde e tasti, genera un ventaglio di soluzioni sorprendente per l’incisività con cui si presenta, per dare origine a un caleidoscopio che incarna i differenti stati d’animo di un essere umano alla riscoperta di se stesso attraverso la memoria. Un diario intimo dai tratti universali, una convincente prova di maturità per un artista pronto a (ri)mettersi costantemente in gioco.
03/11/2023