Astronave e giradisco. Forse è tutto qui, in queste due parole, nei significati più estroversi, nella rotazione che da moto muta in suono, melodia, passo.
Lucio Corsi gioca con le parole come un bambino mentre fantastica sul piccolo mondo che c’è in casa. Ma sa che è alla fine è “necessario un incubo per risvegliarsi con sollievo” (“La gente che sogna”). E che “tutti volevano arrivare lì, nel mondo senza difetti, dove gli umani erano gli unici assenti, dove le statue camminavano per stare al passo coi tempi” (“Astronave Giradisco”). E allora tutto torna. Perché “La gente che sogna” è, all’inizio e alla fine della fiera, una bella chimera. Un castello in aria "arredato" mentre le dita accarezzano i poster di Bowie appesi per sempre in cameretta. E ancora uomini tristi “dentro casa, con il cuore a pezzi, nel buio di una miniera” (“Orme”).
Il cantastorie toscano ormai sa cosa vuol fare da grande e torna con un quarto disco tutto pancia e anima, mentre in copertina c’è una nuova ballerina, dipinta per lui ancora una volta da mamma Nicoletta.
Le “Orme” che il menestrello di Vetulonia contempla strofa per strofa sono soltanto una ferita su cui soffiarci sopra. Una metafora pensata immaginando Ivan Graziani ospite a cena dei Banco del Mutuo Soccorso. Corsi “mette lo smalto alle labbra e sulle dita il rossetto”. Oltretutto “il tempo funziona solo davanti allo specchio” (“Glam Party”).
“La gente che sogna” sfugge “dalle grinfie della sera”, pur aggrappandosi alla notte di un tempo perduto. Un tempo lontanissimo. Il tempo dei riff di Mick Ronson, che è guru in ogni accordo. “Hunky Dory” è infatti miraggio. L’opera a cui tendere.
Corsi mette in fila nove canzoni “dentro la radio”. Insomma, crea un album che nulla stravolge al cospetto dell’immediato passato, ma che ha il dono del sogno ostinato. L’irriconoscibile E.T. di “Astronave Giradisco” è appunto l’immagine che meglio si staglia lungo l’apparente stagno. Musicalmente siamo dalle parti di un Bowie in libera uscita sui colli fiorentini. Dunque “Il satellite d’amore di Lou Reed” vola alt(in)o, prima che “Magia nera” paghi qualche ovvietà di troppo rincorrendo “Suffragette City” senza troppo sfiorarla. La citazione (?) del conte Dracula di Carletto il principe dei mostri, ovvero Fujiko Fujio, cambia però le cose e chiama a raccolta gli amanti dei manga d’altri tempi. E tanto basta.
Glam, revival, l’uomo che cadde sulla Maremma: si può dire di tutto. “La gente che sogna” resta comunque sia un disco sfacciato, birbante, giocoso. Una ruota panoramica su cui è sempre bello risalire.
01/05/2023