Per fare un sequel, il segreto è non cercare mai di copiare l’originale. Un cinefilo come John Darnielle lo sa benissimo. Ed è per questo che, al momento di dare un seguito a uno dei capitoli più amati della discografia dei Mountain Goats, ha deciso di attenersi scrupolosamente alla regola: se “All Hail West Texas” era il vertice della fase lo-fi del gruppo, “Jenny From Thebes” ambisce a mostrare un orizzonte sonoro più largo che mai. “Come una pellicola da 70 millimetri”, per usare le parole di Darnielle. Dal Super 8 all’IMAX.
I vecchi personaggi tornano in scena, ma stavolta le luci sono quelle di un palco di Broadway: perché per Darnielle questo non è un concept-album, ma una vera e propria opera rock. Bando alla nostalgia per il fruscio del registratore, largo a un profluvio di chitarre, fiati, archi e cori. Alla consolle c’è Trina Shoemaker, già vincitrice di un Grammy per la produzione di “The Globe Sessions” di Sheryl Crow, mentre a fianco della band c’è Alicia Bognanno dei Bully, come già nel precedente “Bleed Out”. Il classicismo rock dell’ultimo disco si veste così dei colori di “Getting Into Knives”, condendo il tutto con l’amore di Darnielle per il musical. Certo, lo slancio - dopo più di vent'anni - non può essere lo stesso del capitolo iniziale. Ma non c’è nemmeno quell’eccesso di grandeur a cui l’etichetta “rock opera” potrebbe far pensare (al massimo una certa dose di enfasi tardo-springsteeniana, oltre a qualche inevitabile concessione al fan service).
Il passo brioso di “Clean Slate” suona come una sorta di dichiarazione programmatica, con un gioco a incastri di archi e fiati che profuma sorprendentemente di Belle And Sebastian. Il titolo dell’album non lascia dubbi su chi sia la protagonista della storia: tutto ruota intorno alla Jenny della canzone omonima di “All Hail West Texas”, uno dei personaggi simbolo del repertorio dei Mountain Goats. Eppure, come spiega Darnielle, fino ad oggi si trattava di un personaggio definito soprattutto dalla sua assenza: di lei avevamo qualche istantanea (una Kawasaki gialla e nera, un ranch da qualche parte nel Texas) e un grido di libertà che faceva pensare alla “Jenny dei pirati” brechtiana (“The pirate’s life for me!”). Era già ricomparsa un paio di volte nei dischi dei Mountain Goats (nota n. 1 per gli iniziati: i brani in questione sono “Straight Six” da “Jam Eater Blues” e “Night Light” da “Transcendental Youth”), lasciando sempre l’idea che le cose non fossero andate esattamente per il meglio. Ma ora è lei a finire sotto i riflettori.
Il piano sequenza di “Clean Slate” ci riporta direttamente nella “ranch-style house” di Jenny, trasformata dalla protagonista in una sorta di rifugio per tutti i diseredati che si affacciano più o meno illegalmente ai confini del Texas (nota n. 2 per gli iniziati: la casa è la stessa di “Color In Your Cheeks”). “This world is sad and broken, gotta fix a crack or two”, canta Darnielle scivolando sulla leggerezza solo apparente del brano: è questa la vocazione di Jenny, sfidare le regole per offrire una possibilità a chi sembra non averne più nessuna.
Jenny ha un tatuaggio che riproduce l’immagine della copertina del disco: la Giustizia che indica la strada a un guerriero. È lo scudo di Polinice, descritto da Eschilo ne “I sette contro Tebe”. “Fresh Tattoo” racconta il giorno in cui Jenny si è fatta quel tatuaggio, il giorno in cui il suo fato si è messo ineluttabilmente in movimento. Parte come una ballata pianistica, poi la batteria di Jon Wurster comincia a fremere fino a condurla alle tinte vivaci del climax finale. La voce di Darnielle si intreccia con quella di Matt Nathanson, il cantautore che ha tenuto a battesimo la prima esibizione in assoluto dei Mountain Goats, ed è come la chiusura di un altro cerchio.
La Tebe del titolo dell’album allude a quel senso tragico che innerva le canzoni dei Mountain Goats: sulla casa-rifugio di Jenny, proprio come sulla Tebe di Eschilo, grava una minaccia a cui è impossibile sottrarsi, il destino di un luogo che non è fatto per resistere all’urto del mondo. “There’s no place to hide from the prophecy”, proclama “Only One Way” tra un fiorire di battimani e di cori. “You’re gonna have to watch for thе signs/ You’re gonna have to learn how to rеad”.
La tragedia si compie sullo scalpitare delle chitarre punk-rock di “Murder At The 18th St. Garage”: c’è un pavimento insanguinato da pulire, c’è un corpo da far sparire senza lasciare tracce. L’azione si consuma fuori scena, restano le conseguenze con cui fare i conti. Colpevole o no, Jenny deve darsi alla fuga: “My exit will be clean/ When I vanish from the scene”, annuncia Darnielle aggiungendo un nuovo capitolo alla serie delle sue canzoni a base di “Going To” (“Going To Dallas”). È una danza tra le punteggiature del piano elettrico, in cui le armonie vocali ritrovano la luminosità dei vecchi tempi: “Burn a hole in something for me/ Turn around and let me go free”.
Il flash-forward scorre verso il futuro, verso la vita clandestina che attende Jenny la fuggitiva (nota n. 3 per gli iniziati: le cartoline di “Source Decay” le spediva proprio Jenny dal suo esilio). In “From The Nebraska Plant” sembra di vedere la Omaha in bianco e nero dove si nasconde Saul Goodman, con un’ombra di rimpianto cullata dalle note del piano. E l’immagine della moto di “Jenny”, della sua leggendaria “custom Kawasaki chrome yellow and black”, abbandonata tra i rottami di una discarica, è una di quelle che smuovono di più le viscere in tutto l’album: “Let the scavengers proclaim/ How much it was worth”.
Il lieto fine di “Great Pirates”, con le sue morbidezze di stampo seventies, è solo la proiezione di un sogno: nella realtà, le storie non finiscono mai con gli eroi che navigano indomiti verso l’alba. Eppure, il nome di Jenny – ladra, combattente e pirata, dovunque sia andata a finire – riaccende sempre qualcosa nella memoria di quelli che l’hanno conosciuta. L’idea che nella vita possa esserci da qualche parte un porto sicuro, un luogo pronto ad accoglierti anche quando tutto sembra perduto. In fondo, è proprio quello che le canzoni dei Mountain Goats hanno sempre aspirato a essere.
01/11/2023