L’unicità del trio di Hoboken è sempre stata quella di intercettare e interpretare gli umori e le tensioni della quotidianità e riportarli a una dimensione tangibile, relazionale, intima, condivisibile, cercando continuamente di plasmare la forma della canzone tra sonorità alternative rock e stilemi di generi Americana più tradizionali. Paladini indiscussi dell’indie pop-rock, nonché una delle band più longeve del genere – il loro esordio, “Ride The Tiger” uscito con Matador è datato 1986 – gli Yo La Tengo tengono sempre alta la tensione espressiva e la qualità compositiva realizzando piccoli quadri di vita urbana al di fuori dell’euforia delle metropoli, vicini come sono, a New York, ma lontani il giusto per poter vivere e dare forma a un’altra dimensione spazio-temporale, esattamente come ha fatto un regista indipendente dell'area New York/New Jersey col quale hanno collaborato, Hal Hartley.
Diciassette album e una manciata di colonne sonore come “Old Joy” (2006) di Kelly Reichardt, raccolte in “They Shoot We Score” (Egon, 2008), con “This Stupid World” gli Yo La Tengo si riaffacciano sul mondo dopo “There’s A Riot Going On” (Matador, 2018), realizzando un album in totale autonomia, senza alcun supporto esterno, in piena filosofia indie.
Fin dall’opener “Sinatra Drive Breakdown” a dominare sono i (meravigliosi) contrasti tra sussurri e sferzate di chitarra, noise e figure esili della batteria, che a loro volta lasciano lo spazio delle frequenze basse alle corde di James McNew. Al passo successivo ci troviamo di fronte a un gioiello di songwriting, il brano “Fallout”, manifesto della musica della band di Hoboken, il cui ritornello si snoda tra cori quasi impercettibili, groove surf e riff tipici di quel suono indie-rock anni 80-90 tanto familiare a Dinosaur Jr. e Sebadoh:
Turn back unwind
Before the whole thing stops
Before the hammer drops
Fall out of time
I don't know how it's gonna be
Close your eyеs, fall out of time with me
Fall out of time, fall out of timеCosì Georgia Hubley alla batteria e Ira Kaplan alla chitarra, coppia nell’arte e nella vita tra le più intense della scena indie – come Mimi Parker e Alan Sparhawk nei Low, o Kim Gordon e Thurston Moore nei Sonic Youth – bilanciano timbri vocali e cori tra foga noise-pop e ballate Americana (“Aselestine”), divertissement indie-rock tra Ted Leo e Pavement (“Tonight’s Episode”, “Until It Happens”) e perfette equazioni ‘Yo La Tengo’ (“Apology Letter”):
Fall out of time, fall out of timе
If I were to smile at youNell’ultima sezione del disco aumentano i decibel, l’elettricità e l’emozionalità sotto la buona stella dei Velvet Underground e degli Spacemen 3, tra cavalcate dal sapore noise-psych rock e voci sussurrate che da “Brain Capers” portano al muro di feedback e al coro proemiale di “This Stupid World”, all’insegna della percussività e della reiterazione.
Would you smile at me?
And I can't bear to look to see
If this apology letter's returned unread
Chiude in maniera sontuosa, poetica ed evocativa “Miles Away”, altra perla rarefatta tra beat dal sapore elettronico, sonorità shoegaze e la voce lieve di Hubley, in cui dolore e malinconia si sciolgono in una litania che perde infine la parola:
You feel alone
Friends are all gone
Keep wiping the dust from your eyes
So many signs
I must be blind
How few of them I see
Na-na-na, na-na-na-na-na-na-na-na“This Stupid World” è un mondo stilistico ed emotivo che sfonda la quarta parete e fa vibrare l’ascoltatore, tornando alla compiutezza e pienezza di un punto fermo della maturità come “Fade” (Matador, 2013) e regalandoci la migliore prova della band negli ultimi anni.
(02/03/2023)