Quando venne pubblicato "Forever Whatever", il primo album degli October Drift, erano i primi giorni di aprile 2020. Triste l'idea che una band tanto talentuosa dovesse restare bloccata in casa (come tutti noi durante il lockdown) proprio mentre avrebbe potuto gridare al mondo la bellezza che trasudava da quel pugno di canzoni, risultato di anni di gavetta e di attività semicarbonara. All'epoca scrissi a Kyran Roy, voce e volto del quartetto inglese, incrociato scrollando le pagine dei social, con l'obiettivo di mostrargli vicinanza in un momento tanto complicato. Mi rispose nel giro di pochi minuti: non aveva moltissimo da fare, se non pregare di uscire presto da quella tremenda situazione, ingannando il tempo dedicandosi ad abbozzare embrioni di canzoni che sarebbero poi finite nell'opera seconda, "I Don't Belong Anywhere", diffusa due anni e mezzo più tardi, nell'ottobre del 2022.
Oggi, gli October Drift sono una realtà consolidata e, pur non avendo raggiunto il successo di massa, sono riusciti a ritagliarsi un buon seguito nel circuito indipendente, tagliando con "Blame The Young" il non banale traguardo del terzo album. Dentro ci sono undici inediti che di fatto non portano particolari novità nel mix stilistico della band, insistendo sul solco tracciato nelle precedenti occasioni. Una volta lo avremmo etichettato come alt-rock, con l'aggiunta di evidenti interferenze nu-gaze (occhio, ad esempio, a cosa accade sullo sfondo durante lo svolgimento di brani come "Nothings Makes Me Feel" e "Heal"). I ragazzi si confermano molto bravi nel confezionare potenziali inni da stadio ("Demons" e "Don't Care" si impongono fra i più efficaci), alternati a un paio di ballate che osservano una rigorosa struttura in crescendo (è il caso di "Wallflower" ed "Everybody Breaks").
Tutto decisamente riuscito, con una compattezza d'insieme davvero rara, mantenendo inalterate quelle che oggettivamente risultano le più chiare influenze del quartetto. Nel songwriting della formazione albionica continuo a scorgere tanto dei National, ma con molta più energia e chitarre, così come dei primi Editors e degli U2 più epici, più una portentosa dose di effettistica che alza non di rado il coefficiente di nu-gaze e post-grunge (ma anche il post-punk è presente in maniera forte nel Dna degli October Drift). La voce di Kyran resta caratterizzante e i ragazzi sul palco riservano delle belle scariche di adrenalina, senza mai trascurare l'adeguata attenzione per gli aspetti melodici. Tre album omogenei e di buon livello rappresentano un gran bel risultato, tutt'altro che scontato.
07/10/2024