A cinque anni di distanza dal precedente “Smith”, ecco il terzo lavoro in studio per il progetto condiviso fra Enrico Gabrielli, Roberto Dell’Era e Lino Gitto, una nuova imprevedibile centrifuga di spunti psych-pop, strutture prog, qualche lieve striatura glam, armonizzazioni sixties, il tutto arrangiato con gusto inequivocabilmente anni Settanta. Fulcro del disco sono due tracce piuttosto lunghe e strutturate, che si posizionano intorno ai dodici minuti di durata. Si tratta dell’iniziale “Break The Seal”, una sorta di strano ibrido fra Soft Machine ed Emerson, Lake & Palmer, ma architettato con elegante gusto pop, e di “Vinegar Way”, un’improvvisazione ricca di riferimenti pinkfoydiani e divagazioni jazzy, condivisa con Luke Oldfield, il figlio di Mike, risalente alle session di registrazione del primo album dei Winstons.
Intorno a questo nucleo centrale si posizionano due brevi sperimentazioni strumentali, “Somewhere In The Mediterranean” e la conclusiva “Hugging Himself In The Dark Of The Park”, più cinque sfiziose canzoni (nel senso di formato più "radiofonico") che dal punto di vista stilistico oscillano dal poliziottesco (piuttosto Calibro 35) di “Check It Out” alle irrinunciabili aspirazioni beatlesiane espresse in “Abie” e “Winstonland”, dall’impianto dance-funk di “Never Never Never” (che poi è stato anche il singolo che ha anticipato l'intero album) al gioiellino acustico “Song For Mark”, sentito omaggio composto per ricordare l’amico Mark Lanegan, che Roberto Dell’Era ed Enrico Gabrielli ebbero modo di frequentare quando entrambi erano a fianco di Manuel Agnelli negli Afterhours.
19/01/2025