È sin dai loro albori che punk e post-punk hanno nel loro codice genetico la possibilità di una deriva dance. Non c'è dunque revival che la possa evitare. E per fortuna, viene da pensare in numerosi casi. Basti pesare ai B-52's e ai groove dei Gang Of Four, tanto quanto ai Rapture e agli Lcd Soundsystem.
Nelle loro sortite più recenti, sia gli alfieri della nuova ondata post-punk Fontaines D.C. che i capostipiti Idles, imbarcandosi questi ultimi proprio in una collaborazione con i succitati Lcd, hanno lasciato trapelare una certa fascinazione per ritmi più spudoratamente ballabili. Sono però gli Yard Act, con il loro secondo Lp "Where's My Utopia?", a rompere definitivamente gli indugi e scivolare ancheggiando verso la pista da ballo.
L'abbraccio ai ritmi ballabili da parte della sezione ritmica composta da Ryan Needham (basso) e Jay Russell (batteria) e l'ammorbidimento della chitarra di Sam Shipstone non leniscono però la rabbia sociale della band inglese. I testi cantati, borbottati o recitati da James Smith bruciano di ironia e nichilismo, come sempre e bersagliano lo star-system, il mondo del lavoro e qualunque altra piaga gli capiti a tiro.
Le forme della mutazione dance degli Yard Act sono molteplici. Un'inclinazione baggy nel caso di "When The Laughter Stops" (con Katy J Pearson alla voce) e "Grifter's Grief", impulsi house memori di Frankie Knuckles, archi disco e accenti funk nella travolgente "The Undertow".
Interessante anche la notte jazzata dipinta nella lunga e suggestiva "Blackpool Illumination", mentre i brani che rimangono a metà del guado tra vecchio post-punk e nuove vesti da ballo non riescono a graffiare come vorrebbero ("An Illusion", "Fizzy Fish"). Nulla, però, che possa scalfire davvero la conferma solida e affascinante della formazione di Leeds.
03/03/2024