Ollie potrebbe non essere stato il miglior chitarrista del mondo, ma di sicuro era tra i primi due.
(John Halsey, batterista dei Patto)
Alla metà degli anni Sessanta, Londra è il centro nevralgico della musica mondiale: Beatles, Rolling Stones, Who, Kinks. Sono gli anni della British Invasion, ma anche quelli del blues revival di Alexis Korner e John Mayall. Tra questi nomi destinati all'Olimpo musicale inizia anche la saga dei misconosciuti Patto, attivi dal 1965 dapprima come Take Five e, in seguito, sotto la sigla Timebox. Sono una piccola band di scarso successo commerciale che viene notata principalmente per i suoi roboanti spettacoli dal vivo, che poco hanno da spartire con le performance dei gruppi inglesi coevi. Il loro chitarrista, il mancino Peter "Ollie" Halsall, si distingue infatti per il suo singolare modo di suonare la sei corde: rapidissimo, istrionico e totalmente imprevedibile. Nato come batterista e abituato pertanto a star dietro le scene, Ollie è un ragazzo schivo e insicuro fuori dal palco, ma pronto a diventare un travolgente intrattenitore appena imbraccia la sua Gibson. Per maturare il suo stile, Halsall decide inoltre di non comprare alcun vinile, così da respingere il potere esercitato all'epoca da due colossi come Jimi Hendrix e Jeff Beck. Al fine di ottenere un suono il più possibile caratteristico si ispira, d'altra parte, ad alcuni sassofonisti (Ornette Coleman, Eric Dolphy) e chitarristi (Django Reinhardt) del mondo jazz. È un espediente rivoluzionario, che non gli basterà, tuttavia, per essere oggi ricordato nelle più acclamate classifiche sui migliori chitarristi della storia del rock. Persino la rivista "Guitar Player" - ovvero la bibbia dei chitarrofili - lo cita di sfuggita in soli due numeri, quando Mike Keneally e Andy Partridge fanno il suo nome nel corso di un'intervista.
L'evoluzione dei Timebox segue una traiettoria molto simile a quelle delle altre formazioni britanniche del periodo: dopo aver pubblicato una serie di singoli piuttosto radiofonici (tra cui "Soul Sauce" e "Girl Don't Make Me Wait") diventano via via sempre più sperimentali e improvvisativi. Arrivati al punto di rottura, nel 1970 il tastierista Chris Holmes si licenzia e gli altri membri, in crisi di identità, ribattezzano la band prendendo il nome dal vocalist, Mike Patto (all'anagrafe Michael Thomas McCarthy). Quest'ultimo aveva iniziato la sua carriera nel 1965 con i Bo Street Runners, una band r&b in cui figurava anche Mick Fleetwood, lo storico batterista dei Fleetwood Mac. Il cantante aveva trovato pure il tempo di incidere un singolo con i Chicago Line Blues Band ("Shimmy Shimmy Ko Ko Bop") e uno solista ("Can't Stop Talkin' About My Baby") prima di approdare nei Timebox, il cui organico era composto dal bassista Clive Griffiths, il batterista John "Admiral" Halsey e il già citato polistrumentista Ollie Halsall.
Dopo appena un biennio e otto 45 giri, la Deram si sbarazza del gruppo. Nel 1970 il quartetto firma quindi per la Vertigo e pubblica tre album in altrettanti anni, tutti passati clamorosamente inosservati e dagli scarsissimi esiti commerciali, ma destinati a rimanere nella storia underground per la loro originalità jazz-prog, in cui la voce rauca e bluesy di Mike Patto viene arginata da una eccellente sezione ritmica e dalla fluidità della chitarra e delle tastiere del factotum Ollie Halsall.
Il primo album (Patto, 1970) nonostante la buona produzione di Muff Winwood - nda fratello di Steve, dei Traffic - finisce per vendere appena 5000 copie, complice anche una scarsa promozione del disco della stessa label, che all'epoca è ancora poco conosciuta. Sulle note di presentazione, scritte della stessa band, si può leggere la loro curiosa auto-descrizione: "Il jazz fuso con il rock non è una novità, molte band lo fanno per mezzo degli ottoni, ma non i Patto. Loro sono in quattro e usano la sezione ritmica per modificare gli umori, le sfumature del tempo e cambiare le chiavi musicali". Malgrado la chiara adesione al progressive britannico - come si evince anche da queste liner notes - bisogna nondimeno tenere presente che, rispetto ad altre formazioni coeve (es. Colosseum), i Patto attingono in maggior misura dal vasto serbatoio della black music, un ascendente che ha fortemente caratterizzato il modo di affrontare la musica di questa “unica band di jazz-rock senza fiati” (per rispolverare la bella definizione della stampa inglese dell’epoca). L'armonia di cui parlano, del resto, sembra chiara una volta che si procede all'ascolto: la voce cartavetrata di Mike Patto si amalgama alla perfezione con la fluente chitarra di Ollie Halsall, mentre i frequenti cambi di tempo e i testi intrisi di cinismo sociale donano alle canzoni una patina ancora più caratteristica. La produzione dell’album cattura inoltre la band nel grezzo della sua creazione, permettendo all’ascoltatore di percepire ogni singola sfumatura di questa sensazionale alchimia.
La splendida aria di sortita "The Man" inizia nel blues in lenti-lamenti di Mike Patto e finisce per condurci inaspettatamente verso un trip sonoro a tempi dispari in cui è udibile anche il leggendario vibrafono di Ollie. Mike Patto sembra invece tramutarsi nello schizoid man raffigurato in copertina nel sonico hard-rock di “Hold Me Back“, con la fluente chitarra di Halsall che tesse tra riff, assoli e sovraincisioni una base perfetta al suo grido isterico. “Time To Die“ sposta di nuovo l'asse sul versante acustico e in uno stato d’animo generale più equilibrato, dove la chitarra e un delicato lavoro della sezione ritmica sottolineano ancora le enormi doti vocali di Mike.
Gli assoli di Halsall scuotono poi “Red Glow“, mentre “San Antone” battezzatosi come un brano fusion, deraglia in seguito in un'inaspettata parata boogie-rock. Torna la calma con la sopraffine “Government Man“, un altro momento di sottile jazz-pop, che è forse il migliore indicatore della predilezione del gruppo per la combinazione di accattivanti ritornelli e divagazioni progressive. “Money Bag” cattura infine la band in un momento di divertissement free-form, la cui bipolarità viene prorogata nel blues abrasivo di “Sittin’ Back Easy”, che passa dalla quiete alla tempesta in maniera talmente repentina da far quasi girare la testa.
In tracce come "Air Raid Shelter" la sua chitarra suona delle melodie così fantasiose, non il solito blues-standard che tutti stavano facendo, ovvero quella copia economica di Clapton. Ollie non suonava così. Era più come Albert Ayler o John Coltrane, una sorta di pianista fluido. Quando l'ho sentito una volta mi sono detto: "Oh, devo proprio suonare così!"
(Andy Partridge, Xtc)
Dopo il primo album omonimo, nel 1971 i Patto confermarono il loro caratteristico stile ibrido tra jazz, prog e r&b nella seconda prova discografica, con il fidato Muff Winwood ancora alla cabina di regia. Già dalla copertina Hold Your Fire è, di per sè, un piccolo e deperibile gioiello: ideata dal gruppo e realizzata da un giovane Roger Dean (noto al mondo prog per essere l'autore delle più belle copertine degli Yes), l’immagine si compone di tre figure su altrettante strisce mobili che vanno a formare una serie combinata di personaggi immaginari. Anche in questo caso - come per il primo album in cartoncino granulare - le quotazioni dei vinili originali raggiungono oggi cifre da capogiro.
Il “cessate il fuoco” enunciato dal titolo è in realtà un ingannevole monito: la title track imposta difatti il tono incendiario dell’intero album, con la caratteristica voce di Mike Patto à-la Roger Chapman e le chitarre in filigrana di Ollie Halsall, capace di destreggiarsi abilmente anche al pianoforte. Con una punta di sarcasmo, viene presa di mira l'ingenuità della cultura hippie anche nella docile ballata di protesta “You, You Point Your Finger”, uno dei momenti salienti del disco assieme a “How’s Your Father” dove, al topos della sua chitarra, Halsall aggiunge anche un disinibito pianoforte, mentre Patto con tono sommesso dà sfogo ai suoi malumori sociali ("we started to move in the wrong direction/ they didn't understand that we need protection"). In seguito, vi è spazio per il più flessuoso rock’n’roll nell’avvenente “See You At The Dance Tonight“, ispirata a un party all'ambasciata britannica in cui la band era stata invitata a suonare. Se in “Give It All Away” è invece il lato swing ad agitare la melodia fino all'apoteosi dello straordinario assolo di Halsall, “Air-Raid Shelter” secerne, d'altro canto, tutta la dinamicità del jazz che viene prepotentemente a galla grazie alla perfetta simbiosi ritmica tra Halsey e Griffiths, che paiono a tratti decollare da questo teso “rifugio anti-aereo”. Chiudono infine il disco due ballate all'insegna dell'euforia e della frustrazione; si tratta dell’adultero rock di “Tell Me Where You’ve Been” e dell’afrodisiaco heavy-jazz di “Magic Door“, in cui Halsall lascia la sua chitarra sul sedile posteriore in favore del pianoforte e del vibrafono.
Dopo due lunghi tour di supporto a Joe Cocker e ai Ten Years After, nel 1972 i Patto passano alla Island pubblicando in ottobre il più duro Roll 'Em Smoke 'Em Put Another Line Out, dove trovano spazio due brani come la funkeggiante "Singing The Blues On Reds" e, soprattutto, l'anarchia proto-grunge di “Loud Green Song”, scalfita da quello che stando a Nick Saloman dei Bevis Frond è il più bell’assolo di tutta la storia del rock (“i Pistols in jam con Hendrix sotto anfetamina“). È una canzone che ben esemplifica lo stile chitarristico di Ollie, il cui vibrato sembra presagire certe sonorità che emergeranno soltanto nelle scene metal di almeno dieci anni più tardi.
Risale a questo periodo l'unica registrazione live della band al "Black Swan" di Sheffield (Warts And All, 1999), proprio mentre John Halsey sfiora la popolarità come batterista di Lou Reed in "Transformer". D'altra parte, la ricetta per il successo i Patto non riescono proprio a trovarla: rispetto agli altri gruppi del progressive inglese, i loro testi realistici e apertamente politici non incontrano il gusto del pubblico. Ancora senza remunerazioni commerciali, nel 1974 la band decide quindi di sciogliersi, lasciando in sospeso le registrazioni del quarto Lp, edito postumo con il titolo di Monkey’s Bum (1995), in cui Ollie viene sostituito dal sax di Mel Collins quando abbandona lo studio a metà delle sessioni per registrare due brani strumentali sotto lo pseudonimo di Rusty Strings ("Can't Help Lovin' That Man / Medium Twist"). I Patto si riuniscono un'ultima volta per tre spettacoli sold out nel luglio del 1975, organizzati solo per raccogliere fondi per la famiglia dell'ex-roadie Eric Swain, rapinato e ucciso in Pakistan.
Negli anni Settanta Ollie Halsall sostituisce Allan Holdsworth nei Tempest di Jon Hiseman per "Living In Fear" (1974). Per un paio di settimane succede persino che Halsall e Holdsworth si ritrovino a suonare assieme le loro Gibson sullo stesso palco, come testimonia lo spettacolare "Live In London '74", che circola tra i collezionisti sotto forma di bootleg. In questo periodo, Ollie si fa in aggiunta notare in numerose apparizioni dal vivo o su disco con artisti del calibro di Kevin Ayers, John Cale, Lady June, Julie Felix, Michael d'Albuquerque, Vivian Stanshall, John Otway e Robert Fripp. Proprio il Re Cremisi detiene ancora oggi il materiale inedito di Ollie registrato nel 1972 assieme ai Blue Traffs (di cui fa parte anche il sassofonista Gary Windo), che avrebbe dovuto essere pubblicato per la E.G. Records. Ollie era talmente elettrizzato all'idea di lavorare con Fripp che in quel periodo marchia con un pennarello indelebile la sua chitarra con la scritta "Blue Traff". Non sono però gli unici nastri a essere tutt'ora rimasti sepolti in soffitta; si vocifera infatti che anche il defunto Alvin Lee possedesse delle registrazioni effettuate quando i Patto si trovavano in tour con i Ten Years After.
Ironia della sorte, per alcuni dei suoi lavori più noti Halsall non riceve inoltre alcun riconoscimento ufficiale: un fatto che non stupisce, se si pensa che il chitarrista era noto per essere il classico tipo umile e silenzioso che svegliava di notte i compagni non a causa del ridacchiare delle groupie, ma perché studiava le sue scale. Se tanto si è fantasticato sulla sua presunta parte di chitarra nella donovaniana "Hurdy Gurdy Man", rimane viceversa assodata alla fine degli anni Settanta la sua presenza nei Rutles (la parodia dei Beatles) assieme a John Halsey. Mentre il suo ex-compagno interpreta il ruolo di Ringo Starr, Ollie suona chitarra, tastiere e basso, cantando anche le parti vocali ispirate a Paul McCartney, che vengono tuttavia accelerate e attribuite a Eric Idle. L'unica volta in cui Ollie effettivamente entra nelle classifiche è quindi come membro non accreditato dei Rutles. Come amara nota in calce, nel finto documentario "All You Need Is Cash" (1978) il suo ruolo è addirittura quello - ahimè, così calzante - dello sfortunatissimo Leppo, il quinto Rutle disperso per sempre in quel di Amburgo. In compenso, Ollie diviene una piccola celebrità in Spagna assieme all'inseparabile Kevin Ayers e alla futura compagna Claudia Puyò. Negli anni Ottanta, suggellerà la sua fama con i Cinemaspop e i Radio Futura, firmando in aggiunta alcune colonne sonore: pare persino che la sua "Hace Mucho Calor Para Un Ingles", composta per il film "Sal Gorda" (1984), sia stato uno dei primi rap incisi in lingua spagnola.
Alla fine del 1975, reduci da una lunga sfilza di collaborazioni (Centipede, Grimms, Spooky Tooth, Steve York's Camelo Pardalis), Mike Patto e Ollie Halsall decidono di riprovarci con i Boxer, la cui musica si allontana tuttavia anni luce da quella proposta dai Patto, caratterizzandosi per un hard-rock molto più canonico e lineare, sulla scia di quello presentato allora dai ben più fortunati Bad Company. La loro nuova band - formata inizialmente con il batterista Tony Newman (May Blitz, David Bowie) e il bassista Keith Ellis (Van Der Graaf Generator, Juicy Lucy) - sigla un contratto di cinque dischi con la Virgin ma, a dispetto delle buone premesse, anche quest'operazione patisce una cattiva sorte a causa del temperamento anarchico dei due ex-Patto. Il primo album (Below The Belt, 1975) viene infatti ritirato per la sua controversa copertina, raffigurante una donna nuda coperta soltanto da un guantone da box; il secondo non vede neanche la luce nei negozi di dischi prima del 1979 (Bloodletting), mentre il terzo (Absolutely, 1977) risente invece dell’assenza di Halsall, malgrado i Boxer avessero ormai assunto l'aspetto di un super-gruppo: con Mike Patto suonano infatti Tim Bogert (Vanilla Fudge), Adrian Fisher (Sparks), Chris Stainton (Joe Cocker) e Eddie Tuduri (Wha-Koo). Nella sua straordinaria compattezza, Absolutely avrebbe tutti gli ingredienti giusti per sfondare, ma sulla sua strada trova un ostacolo insormontabile: negli stessi mesi del 1977 esplode infatti il punk e la loro musica suona improvvisamente anacronistica.
Nel frattempo, Ollie Halsall si riunisce al batterista John Halsey per registrare alcune canzoni, poi pubblicate postume nel disco Abbots Langley (2007). Si tratta di un lavoro pregno di leggerezza e umorismo, come dimostrano i tre jingle di "Marietta's Pizza" e la goliardica "Bum Love", brano che trova spazio anche nell'ambiziosa raccolta "Miniatures" (1980) di Morgan Fisher. Nonostante la pianificazione di un nuovo gruppo con Halsey, il progetto non si materializza e Ollie decide di proseguire la sua carriera come turnista ed entrare definitivamente nella band di Kevin Ayers. Va sottolineato come tra i due nasca subito un'amicizia molto profonda: l'ex-Patto diviene infatti l'unica persona di cui Kevin Ayers si fida, dentro e fuori dal palco. Entrambi possiedono un senso dell'umorismo fuori dal comune, tanto che è proprio Kevin a coniare allora per Ollie il soprannome di "Hassle", ironizzando sulla sua abilità di creare sempre dei problemi.
Un giorno, Ollie mi disse: "Non riesco a capire perché non ottengo nessun lavoro - non sono un cattivo chitarrista". Dovetti spiegargli che senza chitarra, patente o telefono, sarebbe stato tutto un po' in salita. Il fatto che non avesse pagato il mutuo o le bollette per un anno, e avesse paura di tirare su le tende o di rispondere alla porta, non era una condizione esattamente favorevole.
(John Halsey)
Con la partenza di Halsall dai Boxer, il manager Nigel Thomas gli confisca tutti gli amplificatori e le chitarre - inclusa la sua iconica Gibson SG Custom bianca - per coprire le perdite finanziarie. Halsall rimane senza soldi e registra con delle apparecchiature prese in prestito le canzoni che finiranno in Caves (uscito postumo nel 1999), in cui si destreggia abilmente tra voce, chitarra, pianoforte, sintetizzatore, batteria, basso e sassofono in una superba prova di versatilità tecnica. A questo punto, con Ollie squattrinato e la formazione ormai in frantumi, nel 1979 avviene la prima di una lunga serie di tragedie destinate a segnare inesorabilmente le sorti della band: Mike Patto muore dopo una lunga battaglia contro la leucemia linfatica cronica, a soli 36 anni. Il suo amico Jim Capaldi, batterista dei Traffic, scriverà "Bright Fighter" dedicandola proprio a lui. Più che una canzone, però, ci voleva quasi un rito purificatorio; la morte del cantante è difatti soltanto la punta dell'iceberg dell'ineludibile maledizione che ha colpito i Patto.
Alla fine degli anni Ottanta Clive Griffiths e John Halsey vengono coinvolti in un grave incidente d’auto durante il tour con Joe Brown. Le conseguenze saranno disastrose per entrambi; Halsey ne esce zoppo e trascorre la maggior parte del decennio successivo vendendo pesce prima di aprire il "Castle Inn Pub" a Cambridge, locale che gestisce ancora oggi con la moglie. Griffiths dopo l'impatto entra in coma e si sveglia due mesi più tardi con degli irreparabili danni fisici e neurologici: in parte paralizzato, non si ricorderà neanche di essere stato in una band. Di ritorno a Madrid da un tour inglese, Ollie Halsall muore invece nel 1992, stroncato da un’overdose accidentale di eroina nel suo appartamento in Calle de la Amargura ("via dell'amarezza"). Sebbene non disdegnasse di rifugiare i suoi dispiaceri nell'alcol, Ollie si era paradossalmente avvicinato alla droga solo per aiutare uno dei componenti dei Radio Futura a disintossicarsi. Quando muore, lo shock è enorme per tutti ma in special modo per Kevin Ayers, che non si riprenderà mai dal quel dolore. Al momento della sua scomparsa, avvenuta nel 2013, l'ex-Soft Machine verrà perciò sepolto proprio vicino al suo storico amico a Deià, sull'isola di Maiorca, un paese che per anni era stato il loro nascondiglio dal mondo esterno. Sulla lapide in pietra di Ollie, l'artista Michael Kane vi incastona una presa jack e due manopole per il volume: durante quell'operazione, come se la sfortuna non si fosse già accanita abbastanza, l'epigrafe si rompe persino in due. Nel corso degli anni, nonostante il loro eccezionale talento i Patto finiscono anch'essi nel cimitero della musica rock, diventando un piccolo culto per (pochissimi) intenditori.
Un ringraziamento speciale al The Ollie Halsall Archive di Barry Monks, Marziano Fontana, Andrea Cavallo e Zanna Gregmar.
TIMEBOX | |
The Original Moose On The Loose(compilation, Cosmos, 1975) | |
The Deram Anthology (compilation, Deram, 1998) | |
PATTO | |
Patto(Vertigo, 1970) | |
Hold Your Fire(Vertigo, 1971) | |
Roll 'Em Smoke 'Em Put Another Line Out(Island, 1972) | |
Monkey's Bum(Audio Archives, 1995) | |
Sense Of Absurd (compilation, Vertigo, 1995) | |
Warts And All(live, Admiral, 1999) | |
BOXER | |
Below The Belt(Virgin, 1975) | |
Absolutely(Epic, 1977) | |
Bloodletting(Virgin, 1979) | |
OLLIE HALSALL | |
Caves(Market Square, 1999) | |
Abbots Langley(Market Square, 2007 - con John Halsey) | |
The Happening Combo (Market Square, 2017 - con Kevin Ayers e Lady June) |
The Ollie Halsall Archive | |
Patto Fan Site |