Autore: Brett Anderson
Titolo: Coal Black Mornings
Editore: Little Brown
Pagine: 209
Dalla nascita alla firma sul suo primo contratto discografico: è questo il periodo entro il quale Brett Anderson ha messo per iscritto il proprio punto di vista. Nessun racconto degli anni ruggenti degli Suede, quindi, e nessuna dichiarazione su cosa sia successo tra lui e Bernard Butler nel corso delle registrazioni di “Dog Man Star”. Se il lettore sperava che l’autobiografia trattasse anche di queste tematiche, resterà probabilmente deluso. Ma il consiglio è comunque quello di leggere queste 209 pagine (più l’introduzione), non solo per i numerosi retroscena, descritti con ampiezza di particolari, sulla nascita e sulle difficoltà vissute dagli Suede, ma anche e soprattutto per capire come ciò che viene prodotto da un musicista sia figlio non solo della sua indole e del suo talento, ma anche delle lezioni imparate dalla vita vissuta.
L'efficace esposizione narrativa della quotidianità vissuta dal giovane Anderson fa sì che, quando si passa al racconto di come sono nate le prime canzoni della band, sia facile collegare i diversi elementi e passaggi descritti: dall’infanzia e dall’adolescenza, caratterizzate da evidenti difficoltà economiche della famiglia, alla vita da studente universitario poco diligente, tra Manchester e Londra; e poi, le personalità diverse tra loro, ma entrambe forti e marcate, dei genitori, il rapporto con la sorella, la rigida educazione scolastica tipica dell’Inghilterra degli anni Settanta, le prime amicizie importanti: tutto gioca un ruolo, prima ancora che nel tipo di musica che Anderson realizzerà, anche nello sviluppo della sua stessa passione e del suo gusto artistico.
Per più di metà libro, ci si chiede dove Brett voglia andare a parare raccontandoci tutti questi particolari, e poi, quando si approda finalmente alla nascita degli Suede e il racconto si focalizza sulla loro evoluzione, tutti i pezzi del mosaico acquisiscono improvvisamente senso.
Non occorre, comunque, aspettare questo momento per godersi la lettura di un’opera ben scritta e godibile fin dal primo momento, grazie agli spaccati di vita quotidiana che gettano uno sguardo curioso non solo sugli aspetti autobiografici ma anche sull’epoca di riferimento. Consapevole di tutto ciò, quando è alle prese con il decennio 90, Anderson afferma esplicitamente di raccontare determinati aspetti proprio per far capire che il sentire comune su quel decennio è dettato molto più da stereotipi che da fatti reali.
Un ruolo rilevante gioca anche nel libro il racconto delle amicizie maturate da Brett nelle varie fasi della sua vita, a cominciare dall’importante relazione con Justine Frieschmann: senza di lei, non sarebbero mai nemmeno nati gli Suede, ma se lei non fosse uscita dalla band al termine della relazione, la musica degli Suede, forse, sarebbe rimasta prigioniera di schemi che ne avrebbero ostacolato la naturale evoluzione.
Le mattine nere come il carbone del titolo rappresentano proprio il diverso modo di vivere situazioni in apparenza simili in base agli anni che passano, alle cose che succedono e alle persone che si incontrano. Sono nere come il carbone le mattine dell’infanzia, nelle quali è difficile aver voglia di vivere perché ci si sveglia in un luogo cupo e depresso; lo sono anche quelle della post-adolescenza, quando si rimane svegli tutta la notte e si va a dormire dopo essersi divertiti e sentiti invincibili; lo sono, infine, anche quelle che seguono una notte insonne, non per il divertimento, bensì per il tormento legato alla fine di una relazione importante. Sono tutte parti importanti della stessa vita, decisive non solo per gli aspetti personali, ma anche per quelli artistici di uno dei personaggi più importanti del pop britannico degli ultimi anni, di nome Brett Anderson.