ANZWART - ANZWART EP (Black Stuff Records, 2021)
idm
Reduce dall’esperienza con numerose band, Gian Luca Belluzzo da Pordenone si è imbarcato nel suo nuovo progetto Anzwart guidato dall’urgenza di sperimentare nuovi suoni e spingersi in territori da lui ancora inesplorati. Quella che troviamo nelle quattro tracce di questo suo primo Ep, semplicemente intitolato “Anzwart Ep”, è elettronica gelida, dal mutevole passo Idm, che strizza l’occhio ai grandi classici del genere (Boards Of Canada su tutti), ma lascia intravedere nelle sue mutazioni e nella sua propensione alla narrazione tracce di ascolti differenti (il post-rock viene in mente più volte, così come la neo-psichedelia). “Berlin” sfreccia tra le luci glaciali dell’inverno nella capitale tedesca; il senso di movimento impresso da Anzwart al brano è tale che sembra di osservale la città dai vetri di un S-bahn in corsa. “Covid_20”, con il suo titolo programmatico, ma anche “Full Moon” hanno il passo più pesante e sfoggiano cupe atmosfere da deriva astrale. Si chiude con “Beyond The Tracks”, l’oggetto più sereno e legato al rock dell’Ep, che sfuma dunque alla maniera di un commiato cibernetico fluido e rassicurante. L’abilità immaginifica di Belluzzo è tale da farci sperare di vederlo presto alle prese con un lavoro più corposo e strutturato (Michele Corrado, 7/10)
ARYA - PEACE OF MIND (Atelier 71, 2021)
indie-pop
Fra nu soul, r&b e hip-hop, le calde sonorità di un esordio che presenta al mondo una nuova, sorprendente voce, dalle morbide inflessioni black. La italo-venezuelana Arya ha fatto esperienza come corista accanto a Ghemon e Venerus, in un ruolo che molto velocemente è divenuto troppo stretto per lei. Mentre la pandemia ha costretto in stand-by l’attività live, Arya ha assemblato “Peace Of Mind”, un Ep composto da sei tracce, più un paio di intermezzi, che raccoglie tutto il materiale sin qui registrato e diffuso (la ritmata “Blossoms” risale al 2019, l’avvolgente “A Distant Night” addirittura alla fine dell’anno precedente). Elegante e autorevole, forte di un flow di tutto rispetto, mostra senza timori i propri principali punti di riferimento, rintracciabili da qualche parte fra le regali inflessioni di Erykah Badu e Lauryn Hill. Occhio alla traccia conclusiva, la notturna ”Feeling In Disguise”, che schiude la porta verso raffinatissime derive jazzy oriented. Una cantante, e – aspetto non certo secondario – compositrice, in fase di crescita costante, ma già matura per il grande salto. Se la strada è questa, potrebbe diventare nei prossimi anni uno dei maggiori orgogli musicali di casa nostra (Claudio Lancia, 6,5/10)
SALVO ASERO - TIME AND FEAR (autoprod., 2020)
ambient-folk
Salvo Asero si ripropone con “Time And Fear”, una raccolta di brevi quadretti per sola chitarra, il cui riverbero produce però spesso una sorta di turbina armonica Ozric Tentacles-iana (“Tree Of Memory”, uno dei migliori esempi) che va considerata alla stregua di strumento aggiunto. Alcuni brani di spicco: “You The Clouds”, “Shadows”, “Alone Waiting”, “Little Cow In An Empty Church”, “Fade (Far Away)”, come pure la piccola elegia di “Don’t Forget The Stones” e l’ancor più scricciolo remix in fast-forward di “Like Ants”, quasi un twist. Dopo le “Spiritual Panelle” (2020) la personalità in divenire del chitarrista catanese approccia più radicalmente l’austerità della musica barocca emulando qua clavicembali tintinnanti e là organi risuonanti. Debole quando cerca troppo la melodia e sempre solido nell’atmosfera al punto da suonare ossessivamente uguale a sé stesso, ma è pure un po’ il metodo dell’opera, la sua prima personalmente curata, di pervenire a una magia d’enigma. Scatto di copertina: Jane Cave. Riedito nel 2021, assieme alle “Panelle”, dalla berlinese iapetus di Markus Reuter (Michele Saran, 6,5/10)
STUDIO MURENA - STUDIO MURENA (Costello’s, 2021)
jazz-hop
Messo a segno il tentacolare “Crunchy Bites” (2018), un catalogo di ben 26 pezzi d’invenzioni nu jazz, il quintetto lombardo dei Studio Murena assolda un rapper, il conterraneo Lorenzo “Carma” Carminati, per confezionare un seguito, l’omonimo “Studio Murena”. Manifesto del suo vibrante crossover di fusion acrobatica, stereotipi drum’n’bass e rap vertiginosamente narrativo e dialettico sta nel ritratto idealizzato di “Long John Silver”. Da qui scorrono, anche se non sempre col medesimo nerbo, le varie “Vuoto testamento”, sincopata, spettrale ed escoriata dall’elettronica, “Arpa e tamburo”, dai sovratoni esotici e quasi paradisiaci, ed “Eclissi”, con una jam per sax ed elettronica svanita. Le eccelse competenze di Matteo Castiglioni (piano e synth), Amedeo Nan (chitarra elettrica), Giovanni Ferrazzi (elettronica), Maurizio Gazzola (basso), Marco Falcon (batteria), più il sax di Riccardo Sala, tutti figli di conservatorio, ma soprattutto la loro liquida fantasia, permettono una regressione controllata a una forma-canzone di certo sofisticata, pure drammatica, non così semplice. Stabiliscono quando Carma balza in primo piano come Mc, oppure quando le sue parole a mitraglia si fanno strumento (ritmico) aggiunto. Qualche tentazioncina pop, forse evitabile, ma - in compenso - anche distinti passaggi strumentali d’interplay fuori dall’ordinario: l’ambience per rhodes e simil-marimba alla Mahavishnu in “Setiperdituodanno”, una spettacolare toccata tastiere-batteria in apertura a “Utonian”, e due dirompenti intro e outro. Preceduto da un “EP1” (2020) che faceva da sample. Distribuito da The Orchard. Elegante artwork di Federico Protti (Michele Saran, 6,5/10)
FRANCESCO MALAGUTI - FAUST UND NETFLIX (Miraloop, 2020)
new age
Il compositore elettronico bolognese Francesco Malaguti transita verso l’opera totale con “Faust Und Netflix”, un’altra rilettura mitologica filtrata dalla contemporaneità (le serie televisive). Il sinfonismo titanico e vocale-corale va per la maggiore nella prima parte, nel preludio “Tale Of Gretchen”, poi in “Eritis Sicut Deus” e “Gretchen’s Anima”, ma anche nella più quieta e rinascimentale-barocca “Mal comune mezzo gaudio”, tutte manovrate da tastiere elettroniche che arrivano a mimare i registri orchestrali, dal clavicembalo più intimo fino agli ottoni più imponenti. Prime perturbazioni in forma di bombardamenti digitali si hanno nei respiri oscuri che conducono “Faust And The Shadow” e “Mephistopheles”. Il ritmo si acuisce via via verso la chiusa e fa da metafora della tregenda: “Fernweh”, un Vangelis scosso da frenesia drum’n’bass, “Alterity”, i marasmi elettronici di “Last Sacrifice” e soprattutto l’impeto sincopato in “Schadenfreude”, su continuum di dissonanze drammatiche. Malaguti interseca la pompa wave degli In The Nursery, lo spiritualismo panetnico di Stephan Micus e, a sprazzi, quello cosmico di Constance Demby. Davvero notevole la ventata d’importanza. Salato il conto da saldare: frammentazione (sembra che l’ascolto ricominci sempre daccapo, ma che delizia i due “Impromptu” per sola chitarra), la confusionaria ingenuità (o l’ingenua confusione) e i cliché sdati dell’elettronica analogica (un po’ un controsenso estetico se l’intento è quello dell’attualità). Preceduto da “Odissea 1984” (2020), buon cartonetto preparatorio (Michele Saran, 6,5/10)
SPZ - NOI / GLI ALTRI (Undamento, 2021)
indie-pop
Cantautore e producer romano, a inizio 2021 SPZ pubblica il suo primo album, “Noi / Gli altri”, che segue l’Ep d’esordio “Quattro”, risalente al giugno del 2019. Otto tracce in tutto, alcune delle quali già centellinate nelle settimane precedenti, attraverso le quali Andrea Spaziani – questo il suo nome all’anagrafe – presenta al mondo la personale estetica musicale, costruita miscelando indie-rock e atmosfere dal vago sapore psichedelico, il tutto architettato con gusto e sensibilità contemporanei. Ne esce un particolare ibrido, catalogabile nel variopinto alveo del moderno it-pop, collocabile da qualche parte all’intersezione fra l’atteggiamento giocoso-onirico di Lucio Corsi e la modalità slacker à la Mac De Marco, fra l’attitudine indie di Colombre e la morbida psichedelia anni 70 di Kevin Parker. Nella seconda parte del disco emergono ulteriori influenze, derivanti (azzardiamo) dagli ascolti dei Verdena modalità “camera da letto color pastello”, quelli riconducibili al periodo “Wow”, tanto per intenderci. Buona sintesi, costruita con i suoni giusti per far breccia nel cuore delle nuove generazioni (Claudio Lancia, 6,5/10)
EMANUELE FILIPPI - MUSICA FRAGILE (Artesuono, 2020)
cool-jazz
Emanuele Filippi, raffinato pianista jazz friulano, debutta con un “Polyphonies” (2018) con cui precisa anche i suoi appassionati legami con la musica classica (barocca). Già più intransigente e meno giovanile suona il secondo “Musica fragile”, con solo componimenti originali senza più alcun tributo oleografico. Il titolo è certamente un bel caso di nomen omen quando trova la giusta corrispondenza con il contenuto: la musica è proprio fragile, con tutto quel che ne può conseguire in termini emotivi (intima, quieta, a volte incantata). Il suo pianoforte sorregge questa piccola e silenziosa carovana (“Parla lei e sogni tu”, “By This River”, “Spring”, fino a “The Painter”, un nudo duetto piano-tromba), oppure si assenta per dar vita a bozzetti ancor più instabili e impalpabili (“Chiaroscuro”). Il brano più lungo e forte, “Alto Mediterraneo”, è invece uno sciabordio dell’ensemble (distinta prova di Roberto Giaquinto alla batteria) molto composito dal punto di vista armonico e del pattern di suono. Concepito in quel di New York, registrato nella madrepatria (entroterra udinese) e prodotto da Glauco Venier, una garanzia. Il quintetto di Filippi (piano, tromba, sax, chitarra, batteria) estromette il contrabbasso per esprimere al meglio il suo piglio così densamente notturno ma ci sono momenti appannati che girano a vuoto o annoiano, e alcuni tentativi di danza in qualche modo incorporea, il tango in “Amarcord Days”, la samba in “Long Before Words”, che non giungono alla compiutezza. Il piglio mutante e mutevole si stringe fino al piccolo bozzetto per solo piano, “For Freedom”, con cui si saggia la sua competenza Michel Petrucciani-iana. “Parla lei e sogni tu” è un’improvvisazione larvatamente basata su “Parla lei” di Maurizio Benedetti (“Notturni diversi”, 2006). Patrocinato dal programma “Per chi crea” del Ministero per i beni e le attività culturali e SIAE (Michele Saran, 6/10)
LOU MORNERO - GRILLI (Cabezon, 2021)
songwriter
Il milanese Lou Mornero dopo l'esperienza con i Male Di Grace con Andrea Mottadelli perviene a una prima maturità artistica attraverso il corto “Grilli”, ma le sue liriche (d’amore e non) e la sua chitarra vengono quasi ottenebrati dalla produzione a cura dello stesso Mottadelli. Qualche volta il risultato spumeggia, come in “La casa vuota” e lo scattante e tarantolato “Due”, stomp-bottleneck fatati con picchi hard-rock e shoegaze, o come pure quando tocca il blues, quello vizioso e aggressivo, rimpinzato di suoni svampiti e persino sci-fi di “Piccolo tormento”, o la serenata con armonie barbershop e chitarre twang anni 50 (e una piccola fantasia di tastiere giocattolo) di “Happy Birthday Songwriter”. C’è anche un rhythm’n’blues vecchio stile, “Ouverture”, robusto ma più umile. Ci sono voluti quattro anni, a partire da un primo Ep omonimo (2017) ancora anonimo, per arrivare a questo tentativo niente male di caleidoscopio-canzone in cui gli strati d’arrangiamento si coalizzano per mimare, a volte caricaturare o anche solo esaltare in microcosmi aurali un costrutto di base che, di contro, tende ad abbarbicarsi su registri diafani. Quando si dice strana coppia (Michele Saran, 6/10)
ELASI - CAMPI ELASI EP (Neverending Mina, 2020)
songwriter
La giovane Elisa Carrara (Alessandria, classe ‘93), chitarra classica in conservatorio e attitudine di producer elettronica, diventa Elasi per alcuni singoli, “Vivo di vividi dubbi” (2019), “Si salvi chi può” (2019) e “Continenti” (2020), ma soprattutto un Ep di debutto, “Campi Elasi” che contiene il suo anthem poliglotto d’emancipazione personale-artistica, “Souvenir”, a rilascio di tensione (una scarica techno), e una “Valanghe” con quel tanto di genuino high energy vecchia scuola che evita di netto i cliché di trap e reaggeton. “Voli pindarici” si nutre persino della carica disco-dance anni 70. Al di sotto stanno il ritornello gnaulante Kylie Minogue-iano di “Esplodi-godi” e la distorsione goa-trance a far capolino in “Supererrore”. Quand’anche le canzoni suonino inadeguate a frangere il loro guscio di lustrini pop, bisogna dar atto alla produzione di Stefano “Mastermaind” Breda e Stefano “Stabber” Tartaglini di fornire precisione chirurgica e professionalità hi-fi, e una goccia di divertimento eccentrico. Carrara performer, languida e hip-hop, è indiscutibilmente brava: voci scomposte, sovrapposte, moltiplicate. La Carrara compositrice avrebbe invece una propensione per gli strumenti dal mondo (la balalaika di Domenico Cambareri, il balaphon di Moustapha Dembelè, il dukuk di Mekhak Torosian, la tabla di Kamod Raj, lo zhongruan di Sulwyn Lok, le percussioni brasileire di Beal Couy) non evidenziata a dovere. Giovanni Versari in regia (Michele Saran, 6/10)
QUALUNQUE - FARMACI EP (Costello’s, 2020)
songwriter
La trasformazione da dimesso rocker emotivo a cantautore non meno sentimentale del lombardo Luca “Qualunque” Milani parte da “Mafalda il meteo e tutto il resto”, passa per un Ep, “Il primo lunedì dell’anno” (2017), e trova una prima ancora timida realizzazione in un secondo Ep, “Farmaci”. Per essere un artista in piena transizione esistenziale e stilistica la nuova vestina sembra essergli congeniale. La ricetta comunque è sempre quella: ballate rilassate con una loro urgenza di gridare al mondo il proprio malessere. La forma si assesta sul soul-pop: autodiretto, sincero e lacrimevole ma pure appesantito da una certa sovraesposizione canora (canta troppo) e uno sguardo ombelicale (canta troppo di sé). Si veda l’iniziale dichiarazione esistenziale in forma d’inno “Verdeacqua”. In questo “nuovo ma vecchio” Milani si nota in controluce qualche arrangiamento, sfiora il gospel in “Diversivo”, approccia appena il sampling in “Mozzicone” in un andazzo da “Canzone del sole” Battisti-style, adotta un organo placido in “Mafalda” (di nuovo Mafalda) per quello che è il miglior avvicendamento strofa-ritornello dell’Ep e finora della carriera. Distribuito con un videogame di sua realizzazione (Michele Saran, 5/10)
Emanuele Filippi |
Lou Mornero |
Elasi |
Qualunque |